La Champions è incredibile. Giusto che il tifo juventino, ubriaco di scudetti che hanno ampiamente ripagato le umiliazioni post-calciopoli, abbia come ossessione e sogno la Coppa più grande e difficile.
La Champions ridefinisce standard ed evoluzione del calcio mondiale. Eppure è complicato far assurgere a modello di “spiegazione” del calcio di vertice una Coppa che si decide in sfide da 180 minuti ad alta percentuale di errori o gemme tecniche, che da soli decidono sfide sempre in bilico dagli ottavi in su.
Trovare la Verità assoluta del calcio stagionale, in gare che possono essere decise da una ciccata di Démbélé, dai centimetri di Sterling, dalla linea laterale in Real-Ajax, da un singolo calcio di Messi o Schone o da assenze e legni è complicato, ma il calcio “travalica” sempre gli episodi.
Il ciclo del dominio spagnolo, di Cristiano e Messi, è andato oltre gli episodi: il pareggio di Ramos al 93° in finale contro l’Atleti, la foga di Benatia a Madrid, sono “episodi” che il Real ebbe la forza di trovare.
In questa stagione, nonostante gli episodi abbiano cercato di “frenare” la verità, questa è emersa comunque: nella rimonta Ajax al Bernabeu, in quella del Liverpool ad Anfield, rimonte più giuste, veritiere ed emblematiche di quella Juve contro l’Atletico, illusoria e ascrivibile soprattutto a Cristiano.
La verità che emerge è l’INTENSITA’ PSICO-FISICA.
Non del calcio offensivo o difensivo (Liverpool ed Ajax sono in grado di fare ottime fasi difensive) o nell’uso del pallone (l’Ajax gioca fitte trame di passaggi corti con tanta densità, il Liverpool verticalizza con giocatori distanti) o dei talenti vs collettivo (il gioco dell’Ajax e di Klopp, al netto delle assenze di ieri, è stato “accelerato” dai talenti in squadra).
La vincitrice di questa CL è l’intensità: ritmo, velocità, costanza di corsa e movimento con e senza palla, pressing, ri-aggressione, pressione col pallone, ripartenze, costanza nella produzione offensiva. Le squadre che sono andate avanti non danno tregua, a sé stesse e ai rivali. L’intensità senza sosta induce l’avversario ad errori. Anche squadre smaliziate (Atletico contro l’intensità una tantum della Juve, Real e Juve contro l’Ajax o Barca di Valverde contro il Liverpool), di fronte ad un’aggressività così incessante finiscono per commettere errori grossolani.
Nella Champions dell’intensità audace trionfano (per ora) non a caso, il gioco Heavy Metal di Klopp, che fa del ritmo la sua cifra e la richiesta precisa alle sue squadre (da un decennio) e il mix tra ragazzi e trentenni sfrontati dell’Ajax.
L’intensità fisica si allena, l’intensità difensiva si allena (in questo sono maestri anche Atletico e Juve) ma l’intensità nel gioco e nella proposta offensiva richiede idee chiare, abitudine alla velocità di esecuzione e alla costanza nel proporre gioco senza soluzione di continuità.
L’intensità mentale invece non può essere solo allenata, richiede anche un contesto di competitività. Questo è il gap visto quest’anno, tra la Juve e l’Europa che ha vinto, non solo nella proposta di gioco, non più nel valore dei singoli (abbiamo il più decisivo di sempre!), ma nella differenza della costanza di intensità psico-fisica, da noi durata solo (come spesso accaduto) 90 sporadici minuti,
La Juve, come Barca, PSG, Bayern, dominano il proprio campionato. Se il Barca ha almeno 2-4 rivali impegnative, PSG, Bayern e Juve hanno solo 1-2 rivali che le “stressano”: Lione, Monaco, Dortmund, Napoli, (Atalanta). Il resto della stagione, 30-35 gare lungo 9 mesi, sono un lento, discontinuo e “comodo” assedio a fortini più o meno resistenti, che prima o poi, inevitabilmente cadono.
Non è un caso se, scudetto già archiviato, Juve e PSG non hanno retto all’intensità psico-fisica di un rivale forte, ma domabile (Ajax per la Juve) o inferiore (ManUnited). Non è un caso se Bayern (così come Napoli prima e Barca ieri) sono stati spazzati dal ritmo Liverpool, ancora in corsa col City in Premier.
L’intensità psico-fisica è il canone in più della Premier League, che inizia la sua era, dopo il dominio Liga (alieni, allenatori, squadroni, tattica, grandi proposte di gioco con Real, Barca, Atleti, Siviglia e Valencia). In Premier la fisicità e il ritmo negli ultimi 10 anni sono stati matrici di un gioco povero tatticamente, in cui l’energia veniva dispersa. Dopo anni di “lezioni” continentali (Wenger, Capello, Ancelotti, Mou, Pellegrini, Ranieri, Pochettino, Conte, Pep, Klopp, Sarri, Emery) ora la Premier ne riporta 3 ai quarti, 2 in semifinale e 1 già in finale, oltre a poter monopolizzare la finale di EL.
I due allenatori associati alla Juventus verrebbero proprio dalla Premier: Guardiola e Conte, allenatori non solo di campo, di sistema, di schemi e principi limpidi, ma soprattutto di grande richieste in termini di intensità psico-fisica. La sfida sarà, nel caso, applicarla al contesto ormai “soft” di Serie A.
Sandro Scarpa