La classe arbitrale va in Mani-Comio

Mani-comio è un termine nato dalla penna di Roberto Beccantini, storica e autorevole firma del giornalismo sportivo italiano.
Con questa espressione voleva indicare il tunnel di follia e senza uscita verso cui i simpaticoni della IFAB hanno spinto negli anni l’interpretazione del fallo di mano che ricorda molto da vicino le traversie che dovevano affrontare Asterix e Obelix per farsi rilasciare il lasciapassare A38 presso “la casa che rende folli”.

Dopo l’ultimo Milan-Juve siamo tutti più o  meno stati investiti dal solito polverone per il rigore concesso per fallo di mano Benatia. Come sempre si sono tutti affrettati a dare giudizi e sono uscite le teorie più strampalate e opposte, tuttavia quello che ci chiediamo è: si può tirare fuori qualcosa di buono da questa circostanza?
Proviamoci cercando di mettere da parte le opinioni personali e ripassando le direttive a norma di regolamento sul fallo di mano e sulle sanzioni disciplinari ad esso collegate.

 

Cosa dice il regolamento.
Secondo il regolamento del gioco del calcio edizione 2018, la regola 12 “Falli e scorrettezze” al punto 1 “Calcio di punizione diretto” (pag 90) definisce il fallo di mano come un atto intenzionale, quindi per essere sanzionabile il giocatore deve colpire con mano o braccio il pallone volontariamente, vale a dire che se il contatto è involontario teoricamente l’infrazione non si configura.

Come fa l’arbitro a capire le intenzioni dei calciatori non potendo leggere il pensiero?  Si affida ad alcuni criteri di valutazione come ad esempio:
– Il movimento della mano o del braccio: va verso il pallone? O al contrario è il pallone ad andare verso la mano? il pallone rimpalla sull’arto dopo aver colpito un’altra parte del corpo? La posizione del braccio è consona al movimento del corpo?
– La distanza tra avversario e pallone.

In realtà è una cosa più lunga a dirsi che a farsi: è una valutazione che ogni arbitro fa istintivamente in pochissimi decimi di secondo e la fa dal suo punto di osservazione, live. Ecco perché spesso immagini rallentate o ancora di più fotogrammi possono ingannare.

 

Sanzioni disciplinari
Mettiamo il caso che un arbitro giudichi punibile un intervento con la mano (o braccio), quand’è che deve aggiungere alla punizione diretta anche una sanzione disciplinare?

Sempre secondo il regolamento se un giocatore “tocca intenzionalmente il pallone con le mani per interferire con o interrompere una promettente azione di attacco” allora il calciatore deve essere ammonito.
In questo caso si introduce il concetto di SPA “Stopping a promising attack”. Indipendentemente dalla posizione del campo in cui avviene l’infrazione se il giocatore interrompe una SPA oltre alla punizione dovrà ricevere anche il cartellino giallo.

Esiste però un’altra possibilità:
“Se un calciatore nega alla squadra avversaria la segnatura di una rete o un’evidente opportunità di segnare una rete con un fallo di mano, il calciatore dovrà essere espulso, a prescindere dal punto in cui avviene l’infrazione.”
In questo caso la situazione non si configura più come “promettente azione d’attacco” ma come “evidente opportunità di segnare una rete” DOGSO (Deny an Obvious Goal Scoring Opportunity) o “negare la segnatura di una rete”
Quindi se nella propria area il difendente che non sia il portiere dovesse con un tocco di mano negare un gol (esempio parata sulla linea di porta) o anche solo negare la possibilità di segnare, oltre al calcio di rigore l’arbitro dovrà anche espellere il giocatore.

In questo ultimo caso non si applica l’abolizione della “tripla sanzione (rigore+espulsione+squalfica) perché sottintende che il tentativo di giocare il pallone sia effettuato con una parte del corpo utilizzabile: le mani e le braccia non lo sono.

Come può l’arbitro capire in pochi secondi se si tratta di SPA, DOGSO o nessuna delle due ipotesi?
Sempre con dei criteri che lo aiutano nella decisione:
– Distanza tra il punto in cui viene commessa l’infrazione e la porta;
– La direzione dell’azione di gioco;
– La probabilità che il pallone rimanga in controllo dell’attaccante;
– La posizione e il numero dei difendenti.

Prendendo l’esempio del rigore assegnato al Milan domenica sera nell’ordine Mazzoleni in 9 secondi (il tempo preciso speso davanti al monitor) doveva vedere e valutare le seguenti situazioni:
1) Tocco di mano sì o no (che gli era totalmente sfuggito);
2) Valutare se secondo lui il tocco di Benatia era volontario o meno, quindi rigore o non rigore;
3) Cercare di capire come si sarebbe potuta sviluppare l’azione con l’obbiettivo di comprendere se si trattava di SPA, DOGSO o nessuna delle due quindi decidere rispettivamente se dare il secondo giallo a Benatia, espellerlo direttamente o assegnare il rigore e basta.

In 9 secondi! Una follia.
Questa è la valutazione che ogni arbitro deve fare ogni domenica, in quasi ogni partita (nella sola ultima giornata di campionato ci sono stati tre casi del genere in tre diverse partite, la settimana prima due tocchi di mano/braccio in Juve-Cagliari ecc).

Le conclusioni a cui possiamo giungere a questo punto sono 3:
1) Il VAR è indispensabile e ogni fallo di mano andrebbe rivisto;
2) Decidere ogni volta per gli arbitri è qualcosa che somiglia molto più a quello che faceva Tom Cruise in Minority Report, provando a intuire dove sarebbe finito il pallone se non ci fosse stato il tocco di mano, chi ci sarebbe arrivato prima ecc…
3) Alla fine la scelta tra tocco di mano volontario/involontario (quindi punizione o no, rigore o no) e SPA/DOGSO/nessuna delle due è una decisione che spetta solo al giudice di gara sulla base delle sue sensazioni e della sua discrezione.

Mentre i tifosi stanno a scannarsi sui social e i giornalisti tra cui molti con scarsa conoscenza del regolamento vanno a fare filosofia in tv, l’arbitro resta l’unico che, fino a quando l’IFAB coi suoi tempi non deciderà di limitarne la discrezionalità, dovrà adoperarsi in qualsiasi modo per uscire vivo da questo mani-comio.

Willy Signori