La gestione del primato, lo scudetto dell’indifferenza

ZERO tiri nella ripresa per la Juve, come con la Samp. Cosa accade? Polveri bagnate, crisi Higuain, Dybala out, attacco da rivedere, calo fisico? Niente di tutto ciò. Semplicemente ci avviciniamo alla leggenda, quel sesto scudetto a cui nessun club è mai arrivato nell’Europa che conta in un secolo. La Juve comincia a serrare i ranghi, rischiare zero, gestire risorse e chiudersi a testuggine. “Non era la più importante delle due” dirà Allegri, pragmatico e anti-estetico. Chi pensa si potesse chiudere la Serie A ieri e ruotare in Coppa Italia non ricorda che mercoledì è gara secca, ieri solo una delle ultime 9 gare.

UNO – Un’anno esatto dall’infortunio di Marchisio. Crociato. 6 mesi per recuperare. Poi 3-4 gare positive, soprattutto rispetto ai sostituti dell’epoca (Lemina o Hernanes). Ma, a distanza di 12 mesi, Marchisio non è lui. Ieri anima vagante tenuta a galla da applicazione e sagacia nel fare schermo e tenere la posizione, ma mai uscite pulite, sgroppate, mai qualcosa che aiutasse a rifiatare, risalire e innescare Pjanic o Higuain. Ne parliamo l’anno prossimo?

DUE al paradosso di un calcio blindato, come giocare a Beirut o in Siria. A fine gara Chiellini dirà “in 12 anni questa è stata la trasferta a Napoli più tranquilla, grazie alle forze dell’ordine“. Vero, 1200 agenti, hotel blindato, cordone di sicurezza oltre il quale si assiepavano in centinaia a urlare epiteti e minacce. Ridicolo, al contrario, anche esaltare la “straordinaria civiltà e correttezza del pubblico di Napoli“, in una gara militarizzata e senza tifosi ospiti o l’inaspettata “indifferenza nei confronti di Higuain” con 90 minuti di fischi assordanti. Cosa avrebbero dovuto fare i tifosi Napoli? Cosa ci si aspettava di così increscioso? Napoli ha già accolto Roma, Milan o Real tranquillamente. Bisogna essere onesti e coerenti, non demonizzare la Juve per fomentare odio, non esaltare per comportamenti normalissimi, non omettere critiche di fronte ai -pochi- atteggiamenti vergognosi, come striscioni offensivi per Ricky e Ale o invocazioni di “forni crematori per i juventini”, con risatine di sottofondo.

TREconfronti col Napoli quest’anno, 2 vittorie e 1 pari, il gap più schiacciante nel 2° tempo dell’andata di Coppa Italia, con una Juve devastante col 4231 che ha affettato il Napoli fisicamente, tatticamente e tecnicamente. La presunta superiorità del belgioco Sarrista a guardare i numeri si limita quindi solo a quello sciagurato 2-1 dell’anno scorso con Hernanes diga difensiva.

QUATTROai rosicamenti post-gara dei soliti noti. Ziliani vede Higuain al 6° mese di gravidanza, Pistocchi ci spiega che così il Barcellona ce ne farà 6, Auriemma ci paragona al Pescara (spernacchiato dallo stesso club che tra Oddo e Zeman non sa manco cosa sia il catenaccio), Alvino ci accomuna ad Empoli e Crotone e Varriale spiega agli amici che ha rivisto Napoli-Palermo. Giusto, Pescara, Palermo, proprio quelle che hanno tolto al Napoli 4 punti che la separano dall’accesso diretto in Champions.

CINQUE – alla promessa non mantenuta di Lemina,  alla ricerca di collocazione (play, interno, ala?) e di consacrazione. Al S. Paolo Lemina aveva illuso l’anno scorso, tra i pochi a salvarsi anche col gol della vana speranza, ieri diligente in non possesso, perdendosi Hamsik assieme a Marchisio e Bonucci, ma mai incisivo in ripartenza o gestione della palla. I suoi break restano fini a sé stessi e il tiraccio in curva dopo una bella fuga di Higuain è il simbolo di un giocatore che difficilmente può stare nei 25 della rosa Juve.

SEI – punti di vantaggio sulla Roma a 8 dal termine. 4 in casa e 4 fuori. Ancora lunga con la trasferta a Roma (alla terzultima) che va sterilizzata senza fare passi falsi a Bergamo e nel derby. Prima del big match anche la Roma avrà il derby e la trasferta con un Milan ancora in corsa per l’Europa. Superare indenni il S. Paolo dopo la sosta e con Alves, Cuadrado, Dybala e lo stesso Mandzukic non in condizione era obiettivo primario. E SempreGrazieNapoli per quella vittoria proprio all’Olimpico.

SETTE – a Pjanic che da trequarti anomalo ha fatto pochissimo ma distillato nella gemma dell’assist a Khedira. Nella ripresa invece sull’1-1 il bosniaco si rimette al centro della Juve che ritrova uscite accettabili e quantomeno la velleità di controllare in modo più ordinato il gioco.

OTTO – a Chiellini. Bistrattato, bollato come rotto, insultato ad ogni stop o passaggio non ortodosso. Eppure se va magnificata la capacità della prima della classe di saper soffrire, difendersi come una provinciale, “abbassarsi” a gestire e fare catenaccio pur di arrivare all’obiettivo, Chiellini è il numero uno. Se ti difendi tutta la gara il top da avere è Chiellini, 12 spazzate, 3 intercetti, 2 contrasti vinti. 17 volte in 60 minuti di gioco effettivo il Napoli va a sbattere su Giorgione. Val bene due passaggi sbagliati..

NOVE – a Khedira che segna, cuce, tampona, lotta e ragiona. Il migliore non solo per la galoppata del gol in cui apre il centrocampo del Napoli in due, ma anche per i 3 contrasti vinti i 4 recuperi palla. Il più lucido dei 5 della linea di centrocampo nel portare il pressing, nell’attendere i rivali senza farsi attrarre dalla palla e l’unico che provi, con Pjanic, a far risalire la squadra con intelligenza. Imprescindibile.

DIECIa quei tifosi bianconeri campani che sono riusciti a salutare la squadra all’uscita dell’hotel in direzione stadio, a quei bianconeri che lottano e resistono, tra sfottò ironici o vere e proprie vessazioni in un contesto dove il calcio travalica lo sport e la passione e diventa appartenenza, orgoglio e riscatto sociale e tutti gli avversari, soprattutto quelli “in casa” diventano nemici e traditori. La Juve ha resistito anche per voi. Mercoledì si fa il bis!

Ho visto cose che voi Juventini… – “Il Barcellona ce ne farà sette”

 

Quante storie! Un pareggio dopo una partita rinunciataria e vengono giù gli strali degli esteti del calcio e degli oltranzisti del “siamo una spanna superiori a tutti e dovremmo dominare su ogni campo”.

 In realtà sarebbe bastato guardare la formazione iniziale per capire che sarebbe venuta fuori una partita difensiva, in cui avremmo badato poco allo spettacolo e all’offesa, ma solo a portare a casa pelle e punto. Naturale, senza il cambio di passo e la tecnica di Cuadrado e Dybala, con l’unico “palleggiatore” Pjanic spostato dietro le punte (in un ruolo in cui riceveva spesso palla alle spalle e non poteva “cucire” trame di gioco) e con gli inoffensivi Lemina e Mandzukic ai lati (solo teoricamente) dell’isolatissimo Pipita.

Di fronte avevamo un avversario pompato al massimo dall’ambiente e votato alla partita della vita. Dalla nostra l’esigenza di riservare energie e calciatori chiave in vista di mercoledì (match molto più determinante per la stagione, dato che ci si gioca l’accesso a una finale) e soprattutto della doppia sfida con il Barcellona, a soli nove giorni di distanza dal primo round. Eppure si è concesso solo il gol e un palo, entrambi su disattenzioni nostre, e pochi tiri dal limite (oltre a uno sterile possesso palla) ad una squadra che, a detta di tutti, gioca il più bel calcio d’Italia e ha messo sotto per 45′, in casa sua, anche il Real Madrid.

Cosa avremmo dovuto fare, di diverso? Scendere sullo stesso piano giocando anche noi la partita della vita? Oppure provare, perchè “siamo la Juve e dobbiamo comandare”, a tenere la linea difensiva più alta, esponendoci alla rapidità del trio offensivo partenopeo?

Suvvia, a volte bisogna accettare di gestire, ottenendo il massimo possibile con il minimo sforzo. Ci sono i dati negativi, certo, come alcune prestazioni di singoli. Ma mai come oggi dovremmo essere in fase “Allegrimania”.

Perché spesso ce lo dimentichiamo, ma è per aver preteso di dominare contro tutti in Serie A anche partite in cui “non ne avevamo”, che siamo arrivati spesso scarichi alle finali di Champions e non ci siamo potuti giocare una finale di Europa League in casa. Non sto pensando a Cardiff, ovviamente, ma alle due “finali” contro i blaugrana. Dovessimo giocarle come ieri, darò ragione ai detrattori, diversamente gli consiglio, per divertirsi, di guardare gli Harlem Globetrotters.

Giuseppe Gariffo