Cari Azionisti,
le vittorie di questi ultimi 10 anni sono state accompagnate da uno straordinario sviluppo della Società in termini di ricavi, affermazione del brand nel panorama globale, infrastrutturale (Stadium e Village), progettualità sportiva (Women e U23) e di organico. Sono convinto che la Juventus abbia, oggi, le caratteristiche adatte per affrontare le sfide future. È giusto sottolineare, tuttavia, che nel momento di massima tensione verso lo sviluppo, con imponenti mezzi finanziari messi a disposizione della Società, il calcio e la Juventus in particolare, hanno subito un durissimo colpo a causa della pandemia Covid-19. I danni causati sono stati ingenti. Intere linee di ricavo sono scomparse da un momento all’altro, mentre la base dei costi è rimasta immutata. Si stima che la carenza di liquidità complessiva del sistema ammonti a €8,5 miliardi.
Gli stadi vuoti per quasi due anni sono il simbolo di quanto è successo e la loro riapertura non deve distrarre dai limiti che il calcio ha palesato crudamente, mettendo a nudo tutte le proprie debolezze strutturali.
Il calcio, abituato nell’ultimo ventennio a crescere in doppia cifra in modo totalmente inelastico rispetto a tutte le crisi che hanno, nello stesso periodo, colpito l’economia e la società, ha sviluppato al proprio interno un’eccessiva fiducia che si è tradotta in un’eccessiva confidenza con il rischio. La crisi ha, inoltre, interrotto la costante crescita del valore complessivo delle transazioni per l’acquisizione e cessione delle prestazioni dei calciatori (circa -50% nel 2021 vs 2019), che per molti club erano diventate una componente rilevante del modello di business per mitigare il rischio sportivo, che nella nostra industria coincide al rischio economico-finanziario.
La complessiva instabilità e quindi debolezza del comparto calcistico non possono però, e non devono, essere attribuite esclusivamente alla pandemia.
Le grandi istituzioni del calcio, che agli albori svolgevano la funzione di terze parti indipendenti e garanti dell’applicazione corretta delle regole, hanno progressivamente aggiunto al ruolo di regolatori quello di organizzatori, broker, distributori del prodotto calcio e infine percettori e distributori dei proventi.
La programmazione sana e credibile di una Società non può basarsi su obsolete impalcature di sistema, pena il ridimensionamento collettivo del comparto, cioè quanto di meno auspicabile per il calcio, lo sport più popolare del mondo.
Da anni, inoltre, si parla della generazione Z, dei suoi valori, delle sue esigenze. Il mondo dopo il Covid-19 appartiene a questa nuova generazione che oscilla ormai tra i 12 e i 21 anni d’età. Il calcio deve rimanere centrale nel suo tempo libero, nel suo mix di interessi. Le opportunità fornite dalla rivoluzione digitale possono certamente contribuire ad avvicinare questi giovani. In questo senso, il dibattito e le critiche sulla fruizione delle partite “live” con mezzi diversi dalla tv tradizionale sono anacronistici e destinati a scomparire. Nel mondo digitalizzato l’utente ha un potere di scelta enorme, che non può essere ignorato e, pertanto, egli sceglierà in base alle proprie inclinazioni e ai valori che lo rappresentano.
Non è questa la sede opportuna per tornare sulle cause della nascita della Super League, ma è opportuno darvi conto del fatto che questa nuova competizione, che si propone di offrire al mondo il miglior spettacolo calcistico, ha nelle sue regolamentazioni tre valori essenziali per la stabilità dell’industria calcistica: (i) un nuovo framework condiviso per il controllo dei costi, che contribuisca, contrariamente a quanto affermato anche in sedi autorevoli, all’equilibrio competitivo delle competizioni; (ii) un forte impegno alla solidarietà e alla mutualità; (iii) la centralità delle prestazioni dei club nelle competizioni europee e del contributo di questi allo sviluppo dei talenti come elementi fondanti di un nuovo concetto di “meritocrazia” sportiva (concetto che non può basarsi esclusivamente sulle performance domestiche in ossequio a equilibri geopolitici e commerciali che dovrebbero rimanere estranei all’essenza dello sport).
In sintesi: un nuovo paradigma meritocratico ed un ritorno ai fondamentali: controllo dei costi e trasparenza, con tre categorie di stakeholder al centro del progetto: (i) tifosi, che dettano la domanda del prodotto; (ii) calciatori, i protagonisti degli spettacoli – sia per le competizioni dei club che delle nazionali; (iii) investitori, che assumono tutto il rischio imprenditoriale dell’industria calcistica. Un nuovo paradigma che il calcio non può continuare a trascurare e sulla base dei quali il dialogo politico dovrà riprendere.
Niente deve essere dato per scontato, tutto può essere migliorato, ripensato. Come disse Edoardo Agnelli ormai quasi un secolo fa: “Dobbiamo impegnarci a far bene, ma ricordandoci che una cosa fatta bene può essere sempre fatta meglio”.
Il calcio è lo sport più popolare del mondo, i colori bianconeri come quelli di tantissimi altri club, partecipano a questo spettacolo da sempre. È preciso dovere di chi rappresenta la Società, garantire il massimo della professionalità, dell’impegno e dell’integrità perché la Juventus tenga fede alla propria storia.
La Juventus ci sarà e il sostegno della mia famiglia, da ormai quasi un secolo, sono la testimonianza più tangibile e la migliore garanzia per continuare a ricoprire un ruolo di vertice nel grande spettacolo del calcio: condividendo la stessa passione con centinaia di milioni di tifosi in tutto il mondo.
Fino alla fine
Andrea Agnelli
La lettera agli azionisti: il guanto di sfida di Andrea Agnelli
E’ stata resa nota la Relazione Finanziaria Annuale relativa al bilancio chiuso al 30/6/2021 (sottoposto all’approvazione dei Soci nella prossima assemblea del 29 ottobre) che si apre, come di consueto, con la Lettera agli Azionisti del Presidente Andrea Agnelli.
Il primo riferimento è a dieci anni di “straordinario sviluppo”, che spesso noi tifosi dimentichiamo, soprattutto nelle ultime due stagioni: oltre ai successi (che certo non sono mancati, anzi), viene ricordato il grande lavoro svolto in altri ambiti: la costruzione dello stadio e del J-Village, il nuovo brand, l’allargamento delle squadre, con la U23 e le Women, una progettualità da grande club moderno in grado di affrontare “le grandi sfide future”.
Agnelli fa poi ovviamente riferimento alla pandemia – 8,5 miliardi di liquidità in meno nel sistema e “intere linee di ricavo…scomparse” – ma non si ferma a questo, non è compiacente, ed anzi è molto severo verso un settore, quello del calcio, che aveva mostrato negli ultimi vent’anni una crescita che pareva anelastica “rispetto a tutte le crisi che hanno, nello stesso periodo, colpito l’economia e la società”, mostrando “un’eccessiva fiducia che si è tradotta in un’eccessiva confidenza con il rischio”.
Il Presidente bianconero si sofferma anche su un tema molto discusso, quello del cosiddetto “players trading”, cioè il mercato di trasferimento dei giocatori, con i relativi ricavi (le famigerate plusvalenze): nel riportare del dimezzamento delle transazioni fra il 2019 ed il 2021, Agnelli definisce questa linea di ricavi “una componente rilevante del modello di business per mitigare il rischio sportivo, che nella nostra industria coincide al rischio economico-finanziario”, di fatto confermando come molti Club, inclusa la Juventus, abbiano dovuto ricorrervi per trovare un difficile equilibrio dal punto di vista economico-finanziario.
Nell’inquadrare il momento del settore, Agnelli torna su un punto sul quale da anni insiste, quello dei giovani (dai 12 ai 21 anni) e del modo con cui questi fruiscono del prodotto calcio: qui il numero uno della Juventus prende posizione su un tema di attualità (l’attribuzione dei diritti ad una piattaforma solo streaming come è DAZN): “il dibattito e le critiche sulla fruizione delle partite “live” con mezzi diversi dalla tv tradizionale sono anacronistici e destinati a scomparire” – afferma – quasi invitandoci a guardare oltre i problemi attuali – che esistono – e a guardare più avanti.
Non poteva mancare, infine, una menzione per la Super League; basti dire che Agnelli ne parla al presente, ricordando che in essa ci sono “valori essenziali per la stabilità dell’industria calcistica” verso quelli che sono definiti i tre soggetti principali del progetto: tifosi (che “dettano la domanda”), calciatori (ovviamente protagonisti) e investitori (che “assumono un rischio imprenditoriale”, elemento questo spesso trascurato ma che, da investitore, Agnelli non poteva dimenticare).
Una lettera equilibrata, che non nasconde le difficoltà, ed il fatto che i soci abbiano dovuto far fronte con “imponenti mezzi finanziari” (i due aumenti di capitale per complessivi 700 milioni), ma che conferma una visione moderna e proiettata al futuro per il Club bianconero.
Il motto del Club, “Fino alla Fine”, campeggia come ultima frase della Lettera e mai come quest’anno è importante dare fiducia, oltre che a coloro che sono impegnati sul campo in un difficile avvio di stagione, anche a chi ha accompagnato il Club bianconero in questi straordinari dieci anni.