La Juventus è sesta dopo 17 giornate.
Ha perso una partita ogni 3 giocate e ne ha vinte meno della metà. Per trovare un’altra squadra bianconera che abbia raccolto meno di 28 punti a parità di partite bisogna tornare indietro di 23 anni fino alla stagione 1998/99, quella in cui Marcello Lippi annunciò con largo anticipo a dirigenza e senatori che non sarebbe rimasto dopo la fine di quella stagione. A novembre, una Juve prima in classifica perse a Udine sia il primato che Alex Del Piero; si sfasciò pezzo dopo pezzo e, nonostante uno Zidane all’apice della carriera (Pallone d’Oro 1998) e un Henry acquistato a gennaio, non riuscì più a risollevarsi fino a spingere Lippi alle dimissioni.
Era una situazione molto diversa da questa: lì si era dinanzi ad un ciclo al termine (almeno quello dell’allenatore), mentre adesso, dopo due tentativi di aprirne uno nuovo con Sarri e Pirlo, la Juventus è tornata al passato scegliendo di iniziare a costruire “da zero” con Allegri, cavallo di ritorno.
È inutile girarci intorno: finora, lasciando da parte la Champions dove abbiamo fatto 15 punti (il massimo che si potesse chiedere, oggettivamente, con quegli avversari) e conquistato il primo posto nel girone, quindi bene, in Campionato abbiamo reso al di sotto delle aspettative sia come qualità complessiva del gioco, sia in termini di meri risultati sportivi, da sempre la chiave di lettura preferita dell’allenatore toscano.
Diciamo che non si è visto finora un vero upgrade nei confronti di Andrea Pirlo, allenatore esordiente esonerato a giugno dopo aver vinto due trofei e raggiunto la qualificazione in Champions League con fatica (ma anche arrivando ad un punto dal secondo posto).
Ciò che pare stia facendo la differenza tra il rendimento della passata stagione e quello di questa è l’assenza di Cristiano Ronaldo, piuttosto che la mano di un allenatore esperto e vincente (che finora non si è vista). In altre parole, molti dei discorsi sentiti finora sono “Con Ronaldo saremmo almeno quarti”. Che però è quello che hai fatto l’anno scorso con Pirlo, quindi non si capisce bene il confine tra demeriti di Pirlo ed eventuali meriti di Allegri.
#ALLEGRIN – Io non lo avrei richiamato, partirei da qui. Non mi nascondo. Avrei preferito piuttosto continuare il percorso intrapreso l’anno scorso (magari si cresceva col tempo) oppure cambiare ancora sì, ma restando coerenti alla strada intrapresa. Quando sbagli tutte le scelte sbagliate dalla Juve, però, il margine di errore si restringe. Andrea Agnelli, probabilmente colto da quest’ansia di risbagliare, ha fatto all-in (anche economicamente) su Max, salutando Fabio Paratici e affidandosi all’usato sicuro, anche forse per evitare che finisse all’Inter di Marotta. Già uno Scudetto vinto da Conte e Marotta deve aver fatto rodere il culo a più di qualcuno, a Torino: immaginiamoci lo avessero bissato con Allegri e Marotta…
Potrebbe essere una motivazione. Perché per il resto, davvero non capisco cosa abbia spinto a pensare che questi fossero una squadra e un contesto adatti ad Allegri nel breve termine. Certo, il contratto quadriennale dimostra la volontà non solo di aver compreso la situazione in cui ci siamo cacciati, ma anche la voglia di uscirne nel medio periodo, con questo allenatore. Però che questa non fosse una rosa adatta ad Allegri, lo si poteva intuire. Non lo erano soprattutto il centrocampo e l’attacco, per il quale storicamente Allegri ha bisogno di un centravanti che segna (e che sia fatto di carne ed ossa, e non di “spazi”). Non lo era l’età media, con troppi giovani da lanciare e valorizzare, non proprio la specialità della casa. Non lo era la situazione economica, tale da forzare a fare con quel che passa il convento piuttosto che gettare tutto a terra e ricostruire (e lo so, spesso Max è stato costretto ad arrangiarsi: ma un conto è farlo con 5-6 campioni in squadra, un altro dovendo crearne da zero).
A prescindere da quali siano state le motivazioni, ad ogni modo, è stato scelto Allegri e da lui e con lui bisogna ripartire. Vi dico perciò la mia su alcuni problemi che secondo me stiamo incontrando finora e dove abbiamo ancora dei margini di crescita (già, perché non serve a niente piangere ogni volta sulla rosa e usare la parola “impossibile” ogni due frasi: il compito dell’allenatore è cercare risposte ai problemi, non solo accertarli manco fosse un notaio).
POCHI GOL FATTI – Uno dei principali problemi, al di là dell’assenza di Ronaldo (che pesa, inutile negarlo: non si regala a nessuno un campione così), è la scarsa produzione offensiva.
Al momento abbiamo il tredicesimo miglior attacco del campionato. Segniamo meno del Bologna e dell’Empoli e non è giustificabile in alcun modo, Ronaldo o non Ronaldo. Tiriamo in porta meno di Inter, Roma, Napoli, Atalanta e Milan, siamo quindicesimi per assist realizzati (a dimostrazione che viviamo più che altro di giocate individuali), siamo dodicesimi per numero di cross effettuati, noni per corner battuti, il tutto nonostante siamo quarti dietro Atalanta, Napoli ed Inter per minuti di possesso palla nella metà campo avversaria: ci restiamo tanto tempo, ma non finalizziamo, non giochiamo di squadra (assist) e tiriamo poco.
Ci torno dopo su questi (e altri) dati. Mi premeva prima precisare una cosa.
Ieri Pavel Nedved, vice-presidente della Juventus, ha sostenuto nel prepartita che, se i nostri calciatori avessero segnato con le stesse medie “storiche” solite, a questo punto avremmo sopperito meglio all’assenza dei gol di Ronaldo e avremmo addirittura avuto la possibilità di attaccare il primo posto.
Con tutto il rispetto per Pavel, i numeri dicono altro.
Come si evince dalla tabella, facendo un confronto numerico con lo storico alla 17a giornata della passata stagione, i calciatori “offensivi” (o presunti tali) della Juventus hanno segnato addirittura un gol in più, con una media gol/90′ superiore, seppur di uno zero virgola. I gol di Ronaldo, 15 l’anno scorso dopo 17 giornate, non si sono redistribuiti come probabilmente immaginavano alla Juventus, ma l’unico giocatore che ha davvero sottoperformato a livello realizzativo è Federico Chiesa, compensato da Dybala che ha più che raddoppiato i suoi gol. Il buon Moise Kean, che pure ha la migliore media gol/90′ della squadra, non era certo il sostituto di Ronaldo e non può essere ritenuto responsabile della mancata produzione di gol, specie visto il minutaggio così basso rispetto ai compagni.
Insomma, no, non è vero che i nostri calciatori stanno complessivamente sottoperformando rispetto ai loro storici. È vero che sprechiamo spesso occasioni dove si sarebbe potuto (e quindi dovuto) segnare, ma a farlo è chi già non era un cecchino di suo e difficilmente lo sarà mai.
Si parla spesso di Vlahovic come rinforzo invernale. A parte dire l’ovvio, ovvero che sarebbe un colpaccio e che sarebbe decisivo in parecchi contesti, incluso il nostro, e quindi magari e ben venga, occorre prima capire come fare per consegnare al serbo (o chi per lui, o agli attuali se non dovesse arrivare nessuno) una squadra più pericolosa.
La passata stagione eravamo terzi per xG creati con 1,95 gol previsti a partita e 77 gol segnati in Campionato a fronte dei 74 previsti. Quest’anno gli xG per partita sono crollati a 1,48 (settimi) con 25,2 gol previsti a fronte dei 23 segnati e con una proiezione di gol previsti stagionale di 56, piuttosto imbarazzante. Risulta evidente che più che dinanzi a errori “di mira”, il problema principale sia proprio il calo di pericolosità delle occasioni create, che soprattutto in assenza di un fenomeno come Ronaldo (in grado di trasformare in gol anche tiri difficilissimi e crearseli pure da solo), sono troppo poche per un attacco privo di bomber conclamati.
Passando a statistiche più “tradizionali”, è osservabile un calo quantitativo del numero di tiri effettuati (14,6 a partita contro i 15,4 dell’anno scorso; 4,6 tiri in porta contro i 5,4 dell’anno scorso), ma non “così” significativo. Tiriamo, ma sono quasi sempre “brutti” tiri.
Un dato interessante in questo senso è il rapporto di conversione tra i tiri effettuati ed i gol segnati. L’anno scorso segnavamo 0,12 gol per tiro effettuato (sesti in Serie A per efficienza); quest’anno 0,08 (17mi in Serie A). Stessa cosa se si considerano solo i tiri in porta: l’anno scorso realizzavamo 0,33 gol per ogni tiro in porta (settimi in Serie A per conversione); quest’anno siamo scesi a 0,24 gol per tiro in porta (siamo penultimi in A).
SERVE UN ATTACCANTE? – I numeri non ci danno però la risposta al dubbio principale: dobbiamo cambiare gli attaccanti rinforzandoci sul mercato, o è piuttosto la qualità dei tiri che hanno a disposizione Morata & Co. che è calata troppo rispetto all’anno scorso ed è molto più difficile per loro buttarla dentro?
Probabilmente, entrambe le cose. Ronaldo da solo era talmente impattante che era in grado di produrre 0,85 xG per partita con la sua sola presenza: era un mostro sia nel crearsi occasioni, che nel convertirle e non lo scopriamo certo ora. È probabilmente vero che con un bomber “puro” al posto di Morata, avremmo realizzato di più. Ma l’attaccante spagnolo crea solamente 0,31 xG per partita, il minimo in carriera (l’anno scorso era 0,49) e tira solamente 2,5 volte a partita: troppo poco per farne il capro espiatorio. Quest’anno è spesso costretto a giocare spalle alla porta per far risalire la squadra (e non è la sua specialità), riceve spesso lontano dalla porta e per crearsi delle occasioni è costretto a partire molto lontano dalla porta perdendo così lucidità dopo lunghe sgroppate. Gli manca, inoltre, un vero attaccante come compagno di reparto in grado di liberargli spazi o creargli occasioni indirette: Dybala ormai gioca lontano dalla porta e di certo non occupa l’area come faceva il Portoghese.
Insomma, attaccanti migliori di Morata in giro ce ne sono, ma le condizioni in cui è costretto ad operare quest’anno sono tra le peggiori possibili per un attaccante e, a meno di fuoriclasse assoluti, chiunque faticherebbe al suo posto.
C’è un altro dato che, seppur limitato ad un numero troppo ristretto di partite, evidenzia come sia quantomeno possibile creare occasioni da gol senza Ronaldo: nelle 5 partite di Campionato saltate da CR7 la scorsa stagione, abbiamo creato 1,96 xG, ovvero le stesse (un centesimo in più) di quando era in campo.
Ok, 5 gare sono poche, ma che la qualità delle occasioni di quest’anno sia bassa lo certifica anche il dato degli assist. L’anno scorso, tre giocatori come Cuadrado, Morata e Chiesa avevano collezionato 41 assist stagionali: quest’anno sono fermi a 5. In 17 partite di campionato, i gol “assistiti” della Juventus sono stati solamente 13. 16 squadre in Serie A hanno fatto meglio di noi. Quasi la metà dei gol realizzati finora, sono frutto di azioni individuali. Non è un ritmo sostenibile alla lunga distanza ed è qualcosa su cui metterci una pezza, il più in fretta possibile. Va bene delegare ai giocatori d’attacco il compito di creare le occasioni da gol, ma così siamo ad un estremismo che metterebbe in difficoltà chiunque.
RISCHIARE DI PIU’ – Prima mi chiedevo come fosse possibile far fronte ad un’assenza come quella di Ronaldo, senza crollare nella maniera in cui siamo crollati noi quest’anno.
Una risposta sarebbe potuta essere quella di puntare non tanto a sostituirne i gol, impossibile, ma a migliorarne il lavoro in fase di non possesso, decisamente condizionato (in negativo) dalla sua presenza in campo. Mi sarei aspettato un miglioramento importante della qualità e dell’intensità della pressione della prima linea (degli attaccanti), sia ultra offensiva, sia intermedia, sia nella propria metà campo. I numeri, però, non testimoniano miglioramenti.
La Juventus è infatti solamente 11ma per numero di volte (2281) in cui ha fatto pressing su un giocatore avversario che riceveva, controllava o rilasciava la palla ed è addirittura 13ma per numero di volte (515) in cui ha pressato nella trequarti avversaria. Rinunciamo al rischio di andare a recuperare la palla alta, preferendo quasi sempre coprire le linee con un atteggiamento conservativo, anziché cercare un possibile profitto. Corriamo meno rischi, ma creiamo anche meno occasioni potenzialmente pericolose.
Questo stesso atteggiamento si riflette anche in fase di possesso, quando scegliamo spesso di attaccare in 4 e lasciare 6 uomini dietro la linea della palla: così facendo, non prendiamo quasi mai contropiede, ma non mettiamo nemmeno quasi mai in difficoltà gli avversari prima che riescano a schierare la difesa. Recuperiamo tanti palloni davanti alla nostra area, ma così facendo facciamo poi un’enorme fatica a portare palla in attacco dovendo la manovra partire sempre molto bassa. La regola è sempre quella: massimo rischio, massima resa; minore rischio, minore resa. Un migliore bilanciamento potrebbe aiutare.
Anche i dati sul baricentro medio sono indicativi in questo senso, soprattutto quelli con gli avversari in possesso di palla. La Juve è mediamente bassissima. Considerati i 52 metri circa come la mediana del campo, 16 volte su 17 ci siamo abbassati dietro la linea della metà campo in fase di non possesso. Si va dai minimi registrati contro Napoli (37 metri, praticamente chiusi nella nostra trequarti), Milan (38) e Lazio (40), alla recente gara col Genoa (58 mt, altissimi). Nelle prime 14 partite, il baricentro senza palla è stato di 43 metri; nelle ultime 3, lo abbiamo alzato 51 metri. Se si sarà trattato di un cambiamento reale o di una circostanza dovuta alle avversarie oggettivamente scarse (Venezia, Genoa e Salernitana), lo vedremo nelle prossime partite.
Certo, servirebbe, anche in caso di cambiamento, che fosse convinto, sistematico e organizzato. Ormai quasi tutte le squadre, anche le medio-piccole, hanno dei meccanismi di possesso e uscita palla troppo consolidati per andare in difficoltà con 2-3 uomini che portano un pressing disorganico o individuale. Nel nostro pressing non c’è quasi mai un trigger, la squadra non si alza all’unisono con un segnale e non ci sono quasi mai cambi di riferimenti (se l’avversario legge e prepara una contromossa, fine del pressing). Si tratta di situazioni che andrebbero studiate ad hoc e applicate con determinazione e non solo a folate, per essere davvero efficaci. In questo, c’è ancora tantissimo margine di miglioramento.
CONTROMISURE – C’è margine anche nell’essere, come dire, un po’ più imprevedibili nella costruzione del gioco. Allegri insiste spesso con una costruzione intermedia centrale 3+1 con svuotamento del centrocampo e verticalizzazione immediata su Morata, o con il sovraccarico del lato destro in possesso (soprattutto con Dybala) con conseguente uscita sul lato sinistro. Ma anche questo è “leggibile” dagli avversari, un po’ come accadeva lo scorso anno con Pirlo. Se fai sempre la stessa cosa e non hai contromosse, prima o poi gli avversari si adeguano.
Nel secondo tempo di Venezia-Juve, Zanetti, che difendeva col 4-3-3, si è corretto mettendosi con un quasi 4-4-2 con posizioni più statiche, ha bloccato la mezz’ala destra (Cernigoj) che si muoveva molto lasciando il terzino destro in parità numerica o addirittura in inferiorità, e ha annullato con una mossa troppo semplice l’uscita a sinistra del gioco della Juventus spegnando la luce dei bianconeri.
Dinanzi a queste misure degli avversari, dovremmo essere in grado di proporre qualcosa di diverso che al momento non siamo (ancora?) in grado di elaborare.
VALORIZZAZIONE – C’è poi il grande capitolo della valorizzazione dei talenti della squadra. Era stata una delle missioni che si era auto attribuito Allegri nella conferenza stampa di presentazione: creare valore allenando una squadra “divertente” formata da un mix di giovani da lanciare e veterani. Non ci giro attorno: non stiamo andando benissimo, su questo fronte. Dopo le difficoltà iniziali, de Ligt è tornato mediamente su buoni livelli (ma già Raiola prepara il terreno per possibili cessioni), Kulusevski è più vicino alla cessione che all’esplosione, di Arthur in campo non s’è quasi mai vista traccia, Chiesa era il primo mattone sul quale costruire la rinascita e ha faticato più del previsto a trovare posizione e rendimento adeguato alle aspettative e lo stesso Locatelli, per fortuna acquisto azzeccato e giocatore di livello, pare predicare nel deserto ed è ultimamente finito a giocare più vicino a Bonucci e a de Ligt che alla trequarti avversaria. “Non sono giocatori adatti, o del livello adatto per Allegri”, direte voi. Posso essere d’accordo, ma la scelta della dirigenza è ricaduta su di lui, uno dei suoi compiti era questo e, per sintetizzarla con una formula cara all’Italbasket, “Siamo questi” e su questi bisogna lavorare per non buttare una stagione senza costruire nulla. A prescindere da quelle che saranno le scelte tattiche da intraprendere (a me va bene anche che resti fedele al suo credo e non faccia nulla di quello che invece auspico: l’allenatore è lui ed è giusto viva e muoia delle sue idee), sulla capacità di far rendere i singoli giocatori di questa rosa si baserà molto del giudizio sul suo operato.
#ALLEGRIOUT – C’è insomma ancora tanto lavoro da fare e siamo probabilmente indietro rispetto a ciò che era lecito aspettarsi a questo punto. Nonostante ciò, nonostante la legittima delusione e la paura per la possibile non qualificazione in Champions League (nel momento in cui scrivo i punti di distacco dal quarto posto sono 8), sono convinto non solo che Allegri debba terminare la stagione alla guida della Juventus, ma che debba restarci a prescindere almeno 2-3 anni. Per diversi motivi.
Il primo motivo, quello più importante, è che la Juventus – e nello specifico Andrea Agnelli – è convinto della sua bravura. È probabilmente anche convinto che sarebbe dovuto restare sulla panchina due anni fa e, visto il trattamento riservato ai suoi due successori, che avrebbe fatto meglio. Non sta succedendo, ma leggo una lunga serie di possibili attenuanti da chi lo stima e apprezza: sarebbe colpa dei predecessori che avrebbero fatto perdere ai calciatori tutte le certezze acquisite nei 5 anni di Allegri. Sono d’accordo? Non necessariamente, ma se ci crede chi ce lo ha messo sulla panchina bianconera per la seconda volta, allora è un’attenuante da tenere in considerazione. Ancora: non ha una rosa qualitativamente all’altezza per arrivare nei primi 4. Ci credo? No, per me ha una rosa competitiva. Ma non importa il mio pensiero, c’è la possibilità che possa sbagliarmi io (a volte succede) (scherzo!) e che possa effettivamente essere così. Se qualcuno mi dice “valutiamolo con una rosa migliore”, rispondo “Ok”. Sento ancora dire: senza Ronaldo, è già un miracolo che non siamo a metà classifica. Ci credo? Di nuovo: no. Ancora: “Serve tempo per dare un’identità alla squadra”. Mmm… non ne sono convinto. Ma siccome abbiamo cambiato già troppi allenatori negli ultimi anni, e soprattutto siccome già una volta Agnelli si è pentito di aver cacciato Allegri, riprendendoselo, è bene che a sto giro ci si tolga ogni dubbio prima di prendere decisioni controvoglia, o non convinte.
C’è da dare a Max del tempo? Diamoglielo e accettiamo che le cose possano anche andare male, ogni tanto. C’è da dargli una seconda possibilità? Diamogliela, così lui potrà provare a riscattarsi e noi potremo toglierci il dubbio.
Il vero problema del primo esonero di Max, infatti, non è stato per me tecnico-tattico, quanto piuttosto il fatto che ci si sia lasciati senza essere convinti della scelta, e questo ha creato strascichi, resistenze nello spogliatoio e nostalgie tra una grande fetta di tifosi e probabilmente anche in parte della dirigenza, quella ancora rimasta.
Non potrà esserci un Allegri-ter, né ci potrà più essere spazio per i rimpianti. Diamogli perciò tutto il supporto e il tempo necessario per provare a riprendersi la Juve e a dimostrare di essere in grado di creare un nuovo ciclo da zero, anche se finora i giudizi sono più negativi che positivi. Compriamogli i calciatori che chiede, compatibilmente col bilancio, e stiamolo a sentire. Lo abbiamo scelto come protagonista di questa rinascita? Andiamo all-in (tanto economicamente l’abbiamo già fatto). Solo così potremo davvero giudicarlo con serenità e solo così potremo toglierci quei dubbi che in molti, ancora oggi, hanno sul suo operato o le sue capacità.
Antonio Corsa.