«La notte è più buia subito prima dell’alba e io vi garantisco che l’alba sta per sorgere».
Lo dice Harvey Dent ne “Il Cavaliere Oscuro” e sì, questa notte oscura lo è abbastanza.
È ciclico questo dover cadere per poi rialzarsi, ogni stagione (dallo Stadium in poi) ha un momento simile: cazzotti ben assestati (Sassuolo 15/16, Firenze 13/14, la prima sconfitta allo Stadium 12/13), colpi bassi (Genova 14/15), lavoro ai fianchi (la serie di pareggi 11/12).
Poi però nemmeno il tempo di iniziare il conteggio ed eccoci di nuovo in piedi sul ring per infliggere il KO. Momenti simili, circostanze diverse.
Il passato è passato, quest’anno il primo vero momento di difficoltà della stagione è dato da un insieme di circostanze sublimatesi nella notte (ancorché pomeriggio) di San Siro. Di tutte queste però, di Higuain in panca, del centrocampo precario, della difesa immobile sui calci d’angolo, ce n’è una che è più oscura, per non uscir di metafora, delle altre. E cioè l’assenza di cattiveria, unita a un’attitudine che porta la Juventus quasi a limitarsi, a voler tenere a bada la partita, ad ammaestrarla.
È una calma che forse nasconde insicurezza, il boato di San Siro la sommerge. È un caos calmo, è essere piccoli (e no, non c’entra la visuale dal terzo anello), perché se l’intenzione è quella di gestire e avere tutto sotto controllo, l’effetto è farsi travolgere dalle cose.
E invece mai come quest’anno ci sarebbero i mezzi per fregarsene di tutto questo e osare, scrivere il copione di proprio pugno. Trasformare queste eccessive aspettative in scelte, volare alto invece che tenere questi maledettissimi piedi saldati in terra. Perché poi capita di piantarli troppo, ciccare un pallone, regalarlo e prendere gol.
Perché il coraggio, se sostenuto dalle idee, non sarà mai prepotenza. Passando dalle parole ai fatti: andiamoci a prendere quello che è nostro, esploriamo la novità. Che sia un giovane croato di vent’anni buttato nella mischia non soltanto gli ultimi 10 minuti. Che sia un giovane argentino messo al suo posto e non sacrificato in nome di chissà quale equilibrio. Che sia un colombiano innamorato con la sua imprevedibilità o semplicemente due brasiliani sulle fasce contemporaneamente. Che sia un piccolo principe bosniaco più vicino alla porta, che sia un attaccante argentino più forte di tutti sempre in campo, al diavolo il turn-over, al diavolo proprio contro di loro.
La novità, non per forza nei numeri, anche soltanto nella voglia di stupire e stupirsi. Sì, anche voi che scendete in campo: vi si raccomanda sempre di ricordare la maglia che indossate.
Vero, ma fate finta di indossarla come un bambino che gioca per strada: divertitevi e divertite.
E chissà che forse dimenticherete i vari “avete già vinto il campionato”, “si gioca per il secondo posto”, “dovete vincere la Champions League”.
Svuotate la mente, come dice il Bushido: con l’assenza di pensiero (che non è improvvisazione) si padroneggiano la tecnica e la disciplina.
Perché tenere i piedi ben saldati a terra significa spesso avere delle zavorre ai piedi; invece volare non sempre significa essere superficiali, ma leggeri.
Solo così si può passare dal buio più buio della notte alle luci dell’alba: d’altronde il sole non sorgerebbe se fosse pesante, non brillerebbe se avesse paura.
Di Marco Bonomo
Epurazione della rosa bianconera: istruzioni per l’uso
La partita contro l’Inter ha acceso quel campanello d’allarme che qualcuno aveva già sentito suonare dopo il pareggio interno contro il Siviglia: così non va. Non è questa la vera Juventus, la squadra che dovrebbe dominare in Italia in Europa, qualcosa negli ultimi tempi sta iniziando a rompersi. Come fermare quest’emorragia prima che sia troppo tardi? Seguendo il ragionamento di chi ama “solo la maglia”, senza favoritismi di sorta per questo o quel dirigente o calciatore, vediamo cosa dovrebbe essere cambiato al più presto.
Innanzitutto l’allenatore: Massimiliano Allegri ha dimostrato di non saper gestire i tanti campioni in rosa, già lo scorso anno ha sfiduciato e sfruttato in maniera inadeguata giocatori “europei” come Morata. Cuadrado e Alex Sandro, con lui la squadra gira a una velocità e a una qualità inferiore rispetto a quella garantita dalla semplice somma dei talenti in campo. Si ostina inoltre a far giocare la squadra con il 3-5-2, modulo superato che non offre più certezze e non viene utilizzato dalle grandi squadre europee, tutte schierate col 4-3-3 o col 4-2-3-1. Non può essere lui a guidare la Juve verso la conquista della terza Champions League.
Passando alla squadra, è indispensabile innanzitutto fare piazza pulita di quei giocatori il cui livello non è all’altezza delle big europee. Una compagine che vuole vincere tutto ha bisogno di una panchina di livello altissimo che non faccia rimpiangere i titolari, come quelle di Real Madrid, Bayern Monaco o Manchester City. Via quindi i vari Sturaro, Hernanes, Lemina e Neto, mai al livello dei compagni quando chiamati in causa; al loro posto andranno acquistati ricambi di valore pari o superiore agli attuali titolari.
Tra i rami secchi da tagliare ci sono sicuramente anche quei calciatori troppo avanti con l’età che non hanno più la possibilità di dare un contributo fattivo alla causa bianconera. Alla Juve serve gente giovane con la voglia di spaccare il mondo e bruciare l’erba, non giocatori appagati ormai non più disposti a dare tutto per la maglia. Tanti saluti dunque a Evra e Dani Alves, un tempo ottimi ma ormai al canto del cigno, e anche a Barzagli, che come testimoniato dalla gara con l’Inter è il lontano parente di quello visto nelle scorse stagioni. Bene tenere Buffon, purché si individui al più presto un suo sostituto da integrare in rosa nell’immediato, magari alternandolo già al buon vecchio Gigi.
Un altro problema della Juve sono i giocatori spesso soggetti a problemi fisici, flagello che lo scorso anno ha influito pesantemente sia sulle scelte di campo che su quelle di mercato. Fuori il sempre rotto Benatia, non a caso già infortunato, così come il compagno di reparto Chiellini (peraltro non più giovanissimo), il sempre rotto Khedira e, a malincuore, anche Marchisio, che difficilmente tornerà un calciatore vero dopo il gravissimo infortunio, non il primo e probabilmente non l’ultimo.
L’aspetto che ultimamente Marotta e Paratici hanno trascurato riguarda i giocatori italiani: la Juve ha sempre vinto con un nucleo importante di italiani, che oggi però non è presente in rosa. La Signora non ha bisogno di stranieri mediocri e strapagati che non mostreranno mai lo stesso attaccamento alla maglia di un ragazzo nostrano, e può far benissimo a meno di gente come Mandzukic, riprendendosi il più giovane Zaza dal prestito e risparmiando anche sull’ingaggio, Asamoah e Pjaca, un’incognita troppo costosa in confronto a un Berardi già rodato in Serie A e in Europa.
Tanti giocatori della rosa bianconera inoltre sono sopravvalutati, pompati dalla stampa e gli altri media come successo con Pogba (ceduto comunque a troppo poco). Il più overrated è sicuramente Bonucci, ottimo con la palla al piede ma troppo superficiale nelle giocate e assolutamente insufficiente nell’uno contro uno e negli altri fondamentali difensivi, per nulla degno di raccogliere l’eredità di grandi marcatori come Ferrara e Cannavaro. Tra i sopravvalutati anche Alex Sandro (troppi 26 milioni per un terzino che non sa difendere) e a rigor di logica anche Higuain: se Luis Suarez, che lo scorso anno ha segnato più di lui e servito più assist ed è in generale più forte, è costato 87 milioni al Barcellona, perché la Juve dovrebbe sborsarne 90 per un giocatore che, tra l’altro, non ha mai vinto niente a livello internazionale?
La Juve ha inoltre bisogno dei già citati giocatori “europei”, gente con esperienza internazionale che coniughi qualità, quantità e ovviamente rapidità, perché il calcio europeo viaggia a una velocità diversa dal nostro ed è indispensabile adattarvisi se si vuole conquistare la coppa dalle grandi orecchie. Fuori quindi Dybala, a segno appena una volta (gol facile facile…) in Europa e inconsistente nelle altre gare, Lichtsteiner, Rugani e Pjanic, “forte con i deboli e debole con i forti”.
Niente da fare anche per Cuadrado: la Juventus non è una succursale delle grandi d’Europa, casi simili a quello di Morata e dello stesso colombiano lo scorso anno non devono più succedere, basta prestiti di ogni tipo.
Epurazione completata, ora la domanda sorge spontanea: chi gioca?