Anche Cardiff è andata. Allegri, come da abitudine, se l’è giocata con l’undici che gli dava più sicurezze, puntando sugli uomini più che sui moduli. Quindi BBC. Un mantra, un pilastro, il pilastro per eccellenza di questo ciclo bianconero destinato probabilmente a chiudersi senza titoli internazionali.
La finale di Cardiff riaprirà per ovvie ragioni il dibattito sulla statura di questi tre campioni. Da parte mia, ritengo fosse impossibile chiedere a loro tre di più di quanto non abbiano dato, come uomini e come calciatori. Sono fra i difensori più forti al mondo e hanno sviluppato sinergie straordinarie, forgiando un sistema difensivo memorabile la cui eccezionalità è stata riconosciuta da tutti i commentatori internazionali.
Hanno dato tantissimo alla Juve; hanno anche ricevuto in cambio tanto. Trofei e status. Sono due anni che Allegri modifica gli equilibri della squadra pur di tenere in campo il trio difensivo, giudicato insostituibile persino quando la formazione della finale sembrava già scritta a marzo (senza Barzagli). Compito non facile, perché la BBC è mutata in questi anni. Ha perso l’aggressività che Conte chiedeva a tutto campo, è diventata implacabile nella protezione dell’area di rigore.
Che questa difesa leggendaria chiuda (?) con zero Champions è il riflesso di un postulato che farà arrabbiare Luca Momblano, ma che nel calcio contemporaneo non viene quasi mai messo in discussione. L’adagio, banale quanto veritiero, che in partita secca la migliore difesa non prevale sul miglior attacco.
Le ultime quattro finali di Champions stanno lì a dimostrarlo, amara quanto evidente allegoria. Il pattern è sempre lo stesso. Non c’è stata nessuna BBC, nessun Simeone o Godin a togliere lo scettro dalle mani di chi aveva gli attaccanti più forti. Noi lo sapevamo già bene, ora lo sappiamo benissimo. Perdenti contro un tridente da leggenda, perdenti contro il miglior finalizzatore dei nostri tempi.
Nota a margine di questo excursus diacronico, Cardiff mette a tacere un ritornello insopportabile del dopo Berlino: “se c’era Chiellini…”. Bene, nel 2017 abbiamo avuto a disposizione forse il miglior Chiellini di sempre in Champions League – altro che la versione pasticciona del 2015 – e non ha spostato di un millimetro l’inerzia della partita.
Come può allora questa finale aiutarci a immaginare la Juve dell’anno prossimo e di quello dopo ancora?
Innanzitutto ci ha ribadito che per fare una fase di non possesso efficace non servono necessariamente molti uomini difensivi, né i difensori più forti in assoluto. Il Real visto in finale lo dimostra: gli è bastato compattarsi nei momenti di sofferenza e giocare di fisico nella zona centrale. Il buon primo tempo della Juve ha fatto il solletico a Navas, impensierito solo da una botta di Pjanic da fuori area. Ramos e Varane non saranno all’altezza della BBC come marcatori, ma hanno dalla loro l’esuberanza fisica e il senso dell’anticipo: armi che sono bastate a mettere la museruola ai nostri attaccanti.
In secondo luogo, ci ha detto che l’ibrido ha fallito la prova del 9. A Cardiff si sono materializzate le contraddizioni nel nostro schieramento che il Monaco non era riuscito a mettere a nudo.
Nel primo tempo abbiamo attaccato, ma anche subìto il gol (e altre situazioni) in campo aperto, perché le marcature preventive funzionano meno contro gente che sa nasconderti il pallone. Nel secondo tempo ci siamo fatti schiacciare senza più risalire col pallone e ci siamo accorti di quanto Higuain e Dybala siano inoffensivi quando hanno cinquanta metri di campo davanti. E non è corretto prendersela con loro, sovrastati atleticamente (Higuain) o brutalizzati nel traffico (Dybala), in ogni caso mai accompagnati degnamente verso la porta.
Una squadra che schiera la BBC può vincere ad altissimi livelli tenendo il controllo del pallone? Una squadra che non ha contropiedisti può giocare partite di difesa bassa e allungarsi in contropiede? Sono domande che ci facciamo da tempo e che la finale ha fatto riaffiorare prepotentemente, dopo la “sbornia” nel principato di Monaco. Non sono comunque domande retoriche.
Con il ricambio generazionale alle porte, dobbiamo decidere cosa vogliamo diventare per aprire il prossimo ciclo. Puntare sulla compattezza difensiva, rinnovando la strada tracciata dalla BBC, oppure mettere il talento offensivo al centro del progetto e provare a valorizzare la tecnica che abbiamo in rosa? O ancora, perseverare nella ricerca di una “terza via”, magari recuperando quel 442 corto e ipercompatto che ha esaltato gli argentini contro il Barcellona?
La mia sensazione è che la Juve quest’anno abbia consolidato la propria posizione nell’élite europea, ma che prima di salire l’ultimo gradino debba fare un passo laterale. La squadra arrivata a Cardiff ha raggiunto il suo apice o ci sono margini per migliorarla con dei semplici ritocchi? A Marotta e Paratici l’ardua sentenza.
Davide Rovati.