Le gare dopo la sosta riservano sempre delle insidie, ma la sfida contro il Genoa fa eccezione. La Juve la fa sua con il minimo scarto ed è solo il punteggio risicato a rappresentare un pericolo nel finale, quando i rossoblu, dopo una partita sonnacchiosa, cercano di farsi vedere in avanti alla ricerca del pareggio. Szczesny in realtà non deve mai compiere interventi degni di nota e la rete siglata da Douglas Costa è così più che sufficiente ad assicurare i tre punti alla banda di Allegri.
DOUGLAS COSTA PARTE A RAZZO
La Juve parte forte, mandando subito al tiro Pjanic e Khedira, che alzano troppo la mira dal limite dell’area, quindi è Perin a togliere dalla porta una velenosa punizione del bosniaco. Sono passati appena sette minuti e i bianconeri hanno già tre palle gol all’attivo. I problemi, in una partita del genere, possono nascere dal non riuscire a concretizzare la netta supremazia, finendo così per regalare fiducia agli avversari. Un rischio che la Juve cancella al 16′: Douglas Costa porta palla al limite dell’area, vince un contrasto e apre per Mandzukic, fiondandosi poi in area. Il passaggio di ritorno del croato è un invito a nozze e l’esterno brasiliano chiude la triangolazione superando Perin con un tocco ravvicinato.
RITMI BASSI, JUVE IN CONTROLLO
Trovato il gol i bianconeri provano a mettere in ghiaccio la partita con il destro di controbalzo di Pjanic bloccato da Perin, con il colpo di testa di Khedira fuori misura, e con la sventola di Mandzukic da venti metri, troppo centrale. Il ritmo si abbassa con il passare dei minuti e i bianconeri controllano il gioco, tenendo il Genoa a distanza di sicurezza da Szczesny, ma perdendo anche un po’ di efficacia in avanti e non riuscendo a rimpinguare il vantaggio.
GARA A SENSO UNICO
Ballardini prova a dare una scossa ai suoi iniziando la ripresa con Galabinov al posto di Rigoni, ma è sempre la Juve a comandare la partita. Douglas Costa è tra i più ispirati e dopo un suo spunto sulla destra il pallone arriva ad Alex Sandro, che mette fuori di poco il diagonale rasoterra. Quando il Genoa si affaccia in avanti rischia spesso di venire bucato in contropiede ed è solo la mira sbagliata a impedire a Pjanic di firmare il raddoppio, dopo la ripartenza condotta da Douglas Costa e Higuain. Dal quarto d’ora in avanti la Juve accelera e dopo il traversone basso di Lichtsteiner, che non raggiunge Higuain davanti alla porta solo per il provvidenziale intervento di Izzo, è Khedira a provare il destro, trovando ancora Perin ben piazzato.
A venti minuti dal termine Allegri inizia con i cambi, mandando in campo Sturaro al posto di Khedira e, cinque minuti dopo, sostituendo Alex Sandro con Asamoah. Il Genoa nel finale tenta il tutto per tutto e dopo l’ingresso di Lapadula al posto di Pandev arriva con più frequenza dalle parti di Szczesny, non riuscendo a però produrre null’altro che una mischia in area risolta da Chiellini. Allegri aggiunge centimetri in difesa richiamando Lichtsteiner per Barzagli e la Juve porta a casa il match senza rischiare nulla, nonostante gli sforzi dei rossoblu.
JUVENTUS-GENOA 1-0
RETI: Douglas Costa 16′ pt
JUVENTUS
Szczesny; Lichtsteiner (38′ st Barzagli), Benatia, Chiellini, Alex Sandro (31′ st Asamoah); Khedira (25′ st Sturaro), Pjanic, Matuidi; Douglas Costa, Higuain, Mandzukic
A disposizione: Pinsoglio, Loria, De Sciglio, Bentancur, Bernardeschi
Allenatore: Allegri
GENOA
Perin; Izzo, Spolli, Rossettini; Rosi, Rigoni (1′ st Galabinov), Omeonga, Bertolacci, Laxalt; Pandev (33′ st Lapadula), Taarabt (23′ st Lazovic)
A disposizione: Lamanna, Zima, Gentiletti, Landre, Biraschi, Cofie, Veloso, Pellegri, Brlek
Allenatore: Ballardini
ARBITRO: Di Bello
ASSISTENTI: Posado, De Meo
QUARTO UFFICIALE: Chiffi
VAR: Mariani, Saia
AMMONITI: 25′ pt Spolli, 44′ pt Rosi, 22′ st Alex Sandro, 27′ st Pandev, 39′ st Perin, 40′ st Galabinov
Juve-Genoa 1-0: che barba, che noia. Ma siamo lì!
Tanta attesa dopo l’inutile sosta della scorsa settimana che è servita evidentemente più a mettere benzina nelle gambe negli ultimi giorni anziché a ricaricare le pile, visti i ritmi mostrati oggi dalla Vecchia Signora contro il Genoa di mister Ballardini, squadra arrivata all’Allianz Stadium per portare via un punto, operazione fallita.
Operazione riuscita, invece, per la Juventus anche se comunque non si può essere contenti di quanto visto stasera: ritmi bassi, poche trame di gioco, tanti errori tecnici in mezzo al campo con Pjanic appesantito, Khedira macchinoso, Matuidi confusionario, ma di fatto non si è corso mai un vero rischio, se non per qualche rimpallo nella parte finale del match.
Difficile a caldo commentare oltre una partita del genere, è vero che si poteva chiudere prima, ma è anche vero che il problema non può essere solo ed esclusivamente l’aspetto fisico: stasera non si è vista neanche una simulazione di manovra, si è vissuto sugli strappi di Douglas Costa, non a caso il match-winner su assist di Mandzukic, lui solita pedina preziosa a tutto campo, poi poco lucido in zona offensiva.
Ancora a secco Higuain, forse colui che soffre di più di questa poca fluidità, e non potrebbe essere altrimenti, i suoi ripiegamenti a 40 metri dalla porta servono anche a tentar di far girare meglio il gioco, seppur con scarso successo almeno stasera.
Da prendere, in definitiva, i tre punti e poco altro, ma per stasera va bene così: il Napoli resta lì, si resta in attesa del passo falso della creatura di Sarri.
Fabio Giambo.
Senza Dybala è un 433 più classico (ma Higuain fatica)
Il ritorno al 433 senza Dybala ci consegna forse la Juventus meno asimmetrica da quando Allegri ha deciso di virare (definitivamente?) sulla mediana a 3. Anzi, un 433 piuttosto accademico e senza formule strane nel tentativo di inserire il talento argentino sulla trequarti senza sfiancarlo eccessivamente sull’esterno.
Inoltre, rispetto alla sfida di Cagliari dove la posizione troppo alta degli interni aveva lasciato da solo Pjanic in mezzo e fatto soffrire la Juve nelle ripartenze avversarie, Khedira e Matuidi sono stati molto più prudenti negli inserimenti, che tra l’altro mai avvenivano contemporaneamente. Senza Barzagli e con un terzino di ruolo come Lichtsetiner, la Juve intendeva quindi cercare maggiormente le catene laterali.
Il Genoa – orfano di Veloso e con Bertolacci a sostituirlo davanti alla difesa – ha manifestato la solita elevata sterilità in avanti, pure contro una delle Juventus più rinunciatarie e opache della stagione. Rispetto ai propri standard, nella prima frazione ha addirittura provato abbozzi di pressione più alta che però si sono tradotti in una Juve che ha ribaltato più velocemente il campo. Ne è un esempio il tiro di Khedira dal limite a inizio gara, con l’azione nata da un passaggio dalle retrovie per Matuidi trovato liberissimo in mezzo.
Contrariamente a quello che si poteva pensare, però, non è stata una gara sufficiente da sbloccare. Nonostante il Genoa palla al piede sia tra le peggiori squadre del campionato, è riuscita a mantenere un baricentro molto alto nella ripresa, con la Juve che – lasciando parecchia libertà al mediano (Bertolacci) – si accontentava di negare la profondità a Taarabt e Pandev, costringendoli nella migliore delle ipotesi a ricevere spalle alla porta.
Con l’ingresso di Galabinov (tenuto inconcepibilmente in panchina), Ballardini ha provato a dare più peso all’attacco inserendo un giocatore in grado di tener palla e far risalire meglio i compagni, ma poche volte il Genoa ha dato le sensazioni di poter arrivare al tiro. Giusto qualche cross nel finale e qualche brivido nei calci piazzati.
Nonostante quindi una ripresa piuttosto orripilante in cui neanche si è provato una sorta di possesso conservativo, i bianconeri rimangono in scia del Napoli. Allegri, preoccupato sempre dalla prima partita dopo la sosta, lo aveva detto che la priorità era la vittoria e che la condizione fisica arriverà col tempo.
Dal punto di vista tattico, però, anche Juve-Genoa ci lascia con una riflessione. Per quanto il 433 sembrasse la disposizione giusta per favorire ulteriormente Higuain, da quando si è cambiato modulo la pericolosità sottoporta del Pipita è ai minimi termini. Il punto è che però (e se vogliamo è un paradosso) sono aumentati i suoi compiti in zona di rifinitura: senza un raccordo centrale, è proprio Higuain che è costretto ad abbassarsi per non rendere sguarnita la trequarti bianconera.
Nonostante un Costa sempre più decisivo, quindi, rimangono ancora aspetti tattici da affinare. A prescindere dalla condizione fisica.
Jacopo Azzolini
Juve-Genoa 1-0: cose a caso e un gol che ci dice qualcosa
Tre punti, e Allegri può dire che l’aveva fatto intendere. Per il come. Per il calo. Per la sofferenza perché un solo tiro nello specchio può girare il commento postumo della partita e imporre un improvviso tornante al campionato.
Con la testa, perché Allegri la indica con le dita durante la conferenza prepartita. Toglie di mezzo la tecnica, le gambe, perfino l’astuzia. I cambi operati dicono molto, se non tutto. E la si vince 1-0, che potevano essere tre, ma anche a Marassi contro la Sampdoria dopo il primo tempo potevano essere almeno due.
Il tifoso non ci sta. Non tutti, per carità. Poi da mercoledì gli passa. Senza dover neppure scavare troppo nel profondo egli sa che Chievo-Juve, e quelle dopo, saranno tutte pagine diverse. Anche diverse tra loro. Allegri è così, e le cose sovente le dice prima, a volte troppo prima, come quando chiese pubblicamente alla squadra di azzerare la casella dei gol subiti e servirono proprio i tre gol di Zapata e compagnia per iniziare a rendere concreta la profezia.
Perché ogni anno si sarebbe pronti ad abbattere il pilastro più difficile da ammettere, per chi sogna un calcio che non è il nostro e un campionato che non è il nostro. E, badate bene, numeri e risultati alla mano, il vero cruccio guardando il Napoli è che forse il concetto pian piano sta passando anche in zona Sarri. Quel pilastro è 1 solo gol subito nelle ultime 12 partite. Non è bellissimo da dire, ma chi ha attraversato più di due o tre generazioni di Juve sa coglierne il senso e l’orgoglio, tanto più dentro una partita fitta di cose apparentemente a caso.
Da Khedira con le mansioni di Dybala, elefante nella presunta cristalleria fino a Matuidi, riarmato e rianimato dalla confusione generale quando fare il terzo mancino di centrocampo dovrebbe essere la cosa più semplice del mondo. O Chiellini, che fa mezz’ora abbondante in dissennata apnea, re del pim-pum-pam che neanche Brio e Favero, eppure lo juventino ha amato anche loro.
In codice calcistico: Juventus imbarazzata nelle uscite dall’ultima linea, almeno frizzante fino al gol, ripetitiva nel cercare Higuain nel lavoro spalle alla porta e ripetitivo lui a provare lo sfondamento di uno o due epici gol datati però oltre un anno. Insomma, non è il miglior 4-3-3 possibile, perché perse le misure anche per le cose a caso di Pjanic che non riesce per una volta a dare aria alla manovra (e chi ne paga di più le spese è Douglas, da isolarsi e spedirsi laggiù in fascia più velocemente possibile). Almeno però la squadra ha portato il bosniaco al tiro per 4 o 5 volte, ed è una strada idealmente da continuare a perseguire.
Quella dietro a Higuain è infatti oggi la zona morta bianconera, la zona di tutti e quindi nessuno, la più difficile terra di conquista contro ogni squadra del campionato italiano fatta eccezione forse proprio per il Napoli: quando ci entra Douglas Costa, e lo fa una volta, arriva il gol; quando ci entra Pjanic succede qualcosa. Quando. Che poi, intendiamoci, la Champions sarà ancora un’altra storia. Vero, Alex Sandro? VERO??
Luca Momblano.