Il punto è che bisogna raccontare la realtà e non piegarla alle proprie esigenze. Se proprio non si riesce a celare la rabbia che ha procurato l’ennesima vittoria della Juve, stavolta imprevista, sofferta, perfino fortunata eppure alla fine cercata e ottenuta con determinazione, bisogna dirlo a chiare lettere, non capovolgendo quanto accaduto realmente per sottrarsi alle proprie responsabilità.
Gli esempi sono pressoché settimanali, stavolta possiamo riferirci alla partita di Bergamo.
La sempre splendida Atalanta gioca meglio per un’ora, crea e spreca, non uccide la partita, a quel punto emerge la stanchezza, arrivano i cambi e salgono in cattedra Higuain e Dybala, che con una serie di giocate super (in una di queste Paulo a momenti fa il gol dell’anno) la ribaltano in un attimo. Perché sappiamo bene che la storia del calcio è piena di partite in cui giochi meglio ma se non concretizzi alla fine vince chi ha più esperienza e campioni. Così finisce una partita splendida, intensa, ricca di spunti, se si volesse davvero discutere degli spunti: non sarà che a volte sottovalutiamo Szczsesny? Com’è andata la Juve senza Ronaldo? Che succede a Bernardeschi, infortunio a parte? L’Atalanta è addirittura più forte dell’anno scorso, visto che ha giocato così senza Zapata, Ilicic e con Muriel non al meglio? E così via, con altre mille questioni aperte su cui magari torniamo più avanti.
Ma questo è calcio e, lo raccontiamo da tempo, in Italia il calcio è sparito da tempo. Non c’è più, non interessa: troppo più facile e ammiccante limitarsi al Var, a quell’eterno moviolone infinito cui ci ha introdotto Biscardi ormai oltre quarant’anni fa.
Così Barrow, Gomez, Pasalic, de Ligt, Higuain e Dybala spariscono e nell’immaginario collettivo rimangono solo il fallo di mano (rigore!), l’intervento imprudente (rosso!), il mani a cento metri dalla porta con il pallone poi toccato più volte anche dagli avversari (Vaaaar!): si preferisce così, dalle nostre parti, magari dopo avere fatto un accorato appello a prendere esempio dai sistemi che funzionano molto meglio del nostro, chissà perché.
Ma questo lo raccontiamo da anni, tutte le settimane: il problema è, appunto, quando si capovolge la realtà perché non si è capaci di parlare di altro, ma non si vuole ammetterlo.
Così, chiunque abbia visto l’intervista di Gasperini (spesso polemico dopo gare roventi, anche contro la Juve), ha sentito un uomo di calcio rammaricato per una sconfitta che probabilmente ritiene immeritata ma sull’arbitro non ha nulla da dire: anzi, sottolinea, “se mi avessero dato un rigore contro come quello che ci hanno dato a favore, non l’avrei presa bene”. Sì, perché la partita comincia con un pallone che carambola dal piede al braccio troppo largo di Khedira e c’è subito un rigorillo di questi che vanno di moda in questi tempi, bizzarro regolamento alla mano.
L’allenatore dei bergamaschi, sull’arbitro, dice solo questo. L’Atalanta, dunque, accetta la sconfitta e passa oltre.
Ci saranno polemiche, “dopo in studio tutti gli approfondimenti del caso”: la telecronaca di una super partita si conclude così. Spazio agli episodi, dunque, anche se appena la volta prima si era detto di lasciar perdere le troppe chiacchiere sul Var, ma Gasperini delude tutti e quello strano, in un contesto così, alla fine sembra lui.
E ora? Mica possiamo dire che siamo noi, ad avere voglia di creare polemiche e alimentare veleni a dispetto della serenità del tecnico sconfitto… Che fare?
La soluzione è semplice e per scoprirla basta googlare “Atalanta furiosa”, “polemiche Atalanta” e così via: avrete così accesso a decine di siti, da quelli un po’ comici e dichiaratamente di parte ma che comunque fanno decine di migliaia di contatti fino a giornali sportivi nazionali (sob!) c’è una lunga serie di articoli che affermano che i bergamaschi siano infuriati e dunque, inevitabilmente, divampino le polemiche.
Ditelo pure, fatelo pensare a chiunque, tanto in questo periodo non è difficile attecchire su chi anche nel calcio vive rabbia e frustrazione. Basta sapere che non è così, cioè che oltre ad avere colpevolmente dimenticato il calcio, raccontate una realtà sovvertita solo per pulirvi la coscienza e alimentare veleni senza metterci la firma.
E lo stesso accade quando pochi giorni prima viene raccontato in modo parziale il dibattito tra Rizzoli e gli allenatori: “scintille”, “Ancelotti furioso”, “Ancelotti: attacco frontale al Var” e così via, ma il succo è che il capo degli arbitri ha fatto presente che in Napoli-Atalanta il fallo era di Llorente e che, tra i tanti episodi sulla Juve di cui si è discusso dimenticando il calcio, quello sbagliato era il rigore fischiato contro a Lecce, dove abbiamo lasciato due punti preziosi.
Ma non importa, tutto questo non rileva nell’epoca del calcio dimenticato e della realtà sovvertita, in cui la prima in classifica, che vince praticamente sempre e ha la miglior difesa del campionato, è quella che ha subito più rigori di tutte in serie A eppure, secondo media e tifosi avversari, dovrebbe averne subiti almeno il doppio, il che spiega bene a che livello sia la frustrazione e la discussione sul calcio in Italia in questi anni.
Così, in questo mondo capovolto, resta a noi, tifosi dichiarati di un blog di parte, raccontare l’ammirazione per l’Atalanta, la soddisfazione per la crescita di de Ligt (davvero dominante), la bravura di Pasalic, il carattere e la classe di Dybala (prima nervoso, comunque sempre presente, alla fine devastante) mentre chi dirige lo sport sulle reti pubbliche twitta veleni su Var, moviole, il “campionato pieno di polemiche arbitrali” e le “decisive decisioni di Rocchi”.
E’ così da troppo tempo e, come sappiamo, sarà così ancora per molto. Almeno fino a quando sull’albo d’oro, finalmente, comparirà un altro nome a interrompere questo incubo che pare non finire mai.
Il Maestro Massimo Zampini