Il risultato non deve mai far dimenticare
l’analisi, e certamente non può far sì che la nostra curiosità rimanga
insoddisfatta. Per questi motivi è importante sottolineare che la Juventus vista contro l’Inter
è una squadra perfettibile, in molti se non tutti gli aspetti del
gioco, ed è nostro esercizio scavare per portare tali aspetti alla luce.
La Juventus ha complessivamente giocato col freno a mano tirato, e al
netto di alcune ottime prestazioni individuali – Bentancur, Cancelo,
Chiellini – l’armonia generare ha risentito di qualche imperfezione. Uno
degli strumenti meno accordati al contesto è stato Paulo Dybala, la cui
performance ha fatto inarcare più d’un sopracciglio. Ed effettivamente
l’argentino non ha fornito una prova convincente, né tatticamente né
tecnicamente.
Allegri ha schierato il 4-3-3 / 4-3-1-2 cui stava facendo la bocca
già da tempo. Questo assetto ha l’innegabile vantaggio di giocare con le
posizioni mobili di Mandžukić e Cristiano, che spesso si completano nei
movimenti sia orizzontali che verticali. Il contraltare è un lavoro
extra richiesto alle mezz’ali (che comunque hanno qualità atletiche e
profondità polmonare per adempiere al compito) e un ruolo meno
intraprendente da parte di Dybala.
Il ruolo di Dybala ha fatto discutere perché Allegri l’ha più volte definito
un trequartista, in grado di cucire i reparti e tessere le trame dei
passaggi che porteranno (porterebbero) poi alla rifinitura. Lo stesso
giocatore si è detto contento della definizione. Contro l’Inter, Dybala
ha giocato una delle sue peggiori partite in stagione, a causa
dell’assetto stesso della Juventus e ovviamente delle contromisure di
Spalletti.
Nel primo tempo, la Juventus non ha saputo rompere le linee
avversarie con sufficiente costanza e pericolosità. La squadra ha
giocato con innaturale frenesia, scaglionandosi in maniera poco
omogenea, e attaccando quindi male. Dybala subiva la coppia Mandžukić e
Cristiano, adattando i propri movimenti e la propria posizione alla
loro, senza tuttavia andare ad occupare la casella più avanzata, come
invece aveva fatto in Champions League e in varie uscite in campionato.
Per di più, entrambe le punte venivano centrifugate dalla forza
gravitazionale esercitata dal pianeta-Cancelo. Questo creava un lato
forte – molto forte – da cui poi la Juventus aveva difficoltà a far
uscire il pallone (la mancanza di un’alternativa di manovra credibile a
destra, a causa dell’assenza di Alex Sandro, ha giocato un ruolo
importante). Le linee di passaggio si assottigliavano, la squadra non
trovava le giuste spaziature, e Dybala ha finito per scomparire dietro
il centrocampo avversario. L’argentino è rimasto isolato nelle fasi di
possesso dinamico, proprio quelle che in teoria dovrebbe gestire e
controllare. Alla fine, è stato utilizzato con efficacia solamente in
alcuni cambi di campo.
Con un atteggiamento avversario molto aggressivo sull’uomo e le
maglie chiuse, Dybala ha faticato poi anche nelle fasi di possesso
consolidato, che pur assecondava scendendo sino al centrocampo. Nel
primo tempo è sembrato avere un tempo di gioco in ritardo rispetto a
Brozović, che controllava benissimo sia lo spazio che l’uomo.
Oltretutto, a differenza del 4-2-3-1 in cui giocava tra i reparti l’anno
scorso, il rombo di questo 4-3-3 spurio non gli lascia i riferimenti
laterali che aveva in Cuadrado e Costa: se prova ad instaurare un
dialogo, è tra sordi (tanto più che De Sciglio è stato spostato sul suo
lato con obiettivi difensivi, forzandogli ancor di più la convergenza
verso Brozović). La prestazione palla al piede di Dybala è stata poi
condita da troppi errori, specialmente dei passaggi sbagliati a causa di
errate valutazioni spaziali. Finché si tratta di errori tecnici, c’è
poco da analizzare, ma vale la pena chiedersi se siano tali perché non è
messo nelle migliori condizioni per rendere.
A tal proposito, nei break è sembrato fuori posto. La
conduzione in velocità non è specialità della casa, ma la Juventus ha
gestito molto male le transizioni positive, almeno nella prima frazione.
I centrocampisti hanno impiegato troppo a prendere il tempo agli
avversari (e ai compagni), senza accompagnare a dovere l’azione. La Juve
ci ha messo del suo, perché in più di un’occasione le transizioni sono
state condotte dal tridente in isolamento, con lo stesso Dybala in
conduzione. È un errore da matita blu. L’Inter le ha pure controllate
discretamente bene: sempre in superiorità numerica, la difesa è stata
brava a tenere la linea, così da lasciare i mediani liberi di attaccare
il portatore. Per di più, si è avuta anche la “sfortuna” a trovare due
giocatori che sanno subire il campo, come Gagliardini e Brozović (la preparazione di Spalletti è stata eccezionale, la lettura in corso un po’ meno).
Nel secondo tempo, Allegri ha proposto Mandžukić in posizione di
quarto di centrocampo, facendo rifiatare Dybala anche dai compiti
difensivi (doveva seguire Brozović, che per la verità è stato schermato
poco e male, e col nuovo assetto il 77 nerazzurro è stato finalmente
fagocitato dal nostro centrocampo). La Joya ha potuto muoversi
in porzioni più avanzate, influenzando e finalmente determinando il
possesso della Juventus da vera seconda punta, e cioè con una funzione
diversa da quella commissionatagli all’inizio.
È ormai chiaro che, a mio giudizio, Dybala quel lavoro fatica a
farlo. Il 4-3-boh visto contro l’Inter è anche meno ricco di soluzioni
rispetto agli altri sistemi in cui Dybala si è trovato a dover fare da
rifinitore. Nel 4-2-3-1 Dybala aveva licenza di scambirsi di posizione
con l’esterno, e a tratti anche con la punta. La Juventus dell’anno
scorso ha flirtato pericolosamente con un decubito morboso, e
l’argentino era l’unico capace di smuovere quel corpo asettico: il suo
sacrificio era stato derubricato a “necessario” e la giustificazione
delle circostanze ha trovato ottime sponde anche su questi lidi. D’altra
parte, nel 2017/18 non c’erano né Bonucci né Cancelo a tirar su il
pallone, Pjanić era impantanato nelle paludi del mediocentro, e
non c’era francamente altra soluzione percorribile. Quest’anno la
musica è (era?) cambiata, e Dybala aveva innalzato il livello delle sue
prestazioni proprio perché ha (aveva?) una funzione molto diversa da
quella cui ha cercato di adempiere contro l’Inter. Ricordate quando a
settembre si discuteva del “Dybala in sovrappeso”? E invece quando
Allegri l’ha restituito al ruolo di punta tutti questi discorsi da bar
sono tornati ad essere tali? Adesso questo nuovo, brevissimo, periodo
d’ombra sta coincidendo col suo retrocedere a ruolo di raccordo. Con
ancor meno supporto. La sensazione personale è che Allegri abbia
annusato il fiato corto dei centrocampisti e abbia così rimpolpato il
reparto con un giocatore supplementare.
Ma non dobbiamo avere paura di dire che Dybala quel lavoro fatica a farlo perché, a dispetto del numero che porta sulle spalle, Dybala non è un trequartista. Inoltre, per quanto si sia abusato della locuzione “rifinitore” per descriverne il ruolo, Dybala non è neanche quello: non ha particolari doti nella rifinitura, non sforna assist e key passes a iosa, non vede e non premia i movimenti dei compagni come altri top del ruolo. Lui vede la porta, e anche bene. Mister, non mi costringa a scrivere un articolo “equivoco Dybala” come fu con Pjanić. Mettiamoci d’accordo prima, shall we?