Lazio-Juve 0-1: Bud Chiellini ha sempre ragione e poi c’è l’uomo bionico

Buffon SV
Per dargli un voto dovrebbe almeno parare, per parare dovrebbero almeno tirargli in porta.
Ricorda molto Gilbert O’Sullivan nel suo pezzo più conosciuto: Alone again, naturally

Benatia 8 
Il migliore: potente, statuario, marmoreo.
Non si passa per nulla, ha chiuso le porte, cessata attività (per gli avversari)
Di testa, di piede, in piedi e da terra, i palloni sono tutti i suoi.
“Uno da BBC. Difficile tenerlo fuori” ha detto uno che ne capisce.
Un bronzo di Riace con le braccia intere.

Barzagli 6
Gioca centrale al posto di Bonucci (a cui mandiamo l’abbraccio più stretto del mondo) senza grossi problemi.
Si limita alla normale amministrazione; la giornata è tranquilla perché dalle sue parti c’è Immobile che si marca da solo

Chiellini 6
Nel PT prova a impostare 2 volte col suo mancino vellutato mandando la palla sul lungotevere.
Un paio di volte interviene su situazioni delicate con la delicatezza di Bud Spencer in mezzo ad una rissa, ma come Bud ha sempre ragione lui.

Dani Alves 6
È un giocoliere che ha frequentato il miglior circo d’Europa e si vede; non sbaglia un colpo, meno ispirato di sabato scorso, ne è consapevole ma la partita è lotta poco greco e molto romana.
Si adatta: le prende con eleganza, cade a terra e oplá, una capriola e si rialza.
Il secondo tempo gli finisce la miscela presto.

Lemina 5,5
Sembra poco a suo agio stavolta. Corre molto, tantissimo.
Schierato regista in queste prime due partite, vale come il supplente a scuola nell’ora buca: nessuno gli da veramente retta e tutti aspettano che arrivi il prof di ruolo, che fa Miralem di nome.

Asamoah 6,5
Inizio partita agghiacciante®: gioca 3 palloni, ne sbaglia 3.
Poi arriva il quarto: sbaglia pure quello.
Nel complesso è impreciso ma è vivo e lotta con noi, fino al novantesimo, non toglie mai la gamba e si butta nella mischia come un adolescente in cerca di risse il sabato sera.

Khedira 7,5
Negli anni 80 c’era un telefilm “l’uomo da 6 milioni di dollari” dove per rendere l’effetto della corsa veloce mandavano il protagonista al rallentatore… (???)
Khedira è l’uomo bionico: sembra che si muova lentamente ma è ovunque, vede spazi che non esistono e li vede in anticipo.
Quando gli avversari se ne accorgono è tardi.

Che dire?
image
E hanno ragione.

Alex Sandro 6
Ancora non è quello che tutti aspettano.
Un po’ confusionario ma non molla un cm e su un rimpallo quasi non fa un assist per Dybala.
Prende un giallo per lo stesso motivo per cui sabato scorso l’aveva preso Barzagli: perché sì (e allora Chiellini?).

Dybala 6,5
Fa l’amore con la palla, sempre.
Un colpo di tacco mancino in area in controtempo che bisogna rivederlo 2/3 volte per capire cos’è stato.
Il passaggio per Khedira è fatto col calibro centesimale. Come diceva Dalla “ho un amico che ha una mira che ti stacca la coda di un cane con un sasso se lo tira”.
In attesa di Pjanic è lui il vero regista di Allegri.

Mandzukic 6
La settimana scorsa era il suonatore di chitarra ai falò.
A Roma è stato il pugile sentimentale di Capossela che non ha cuore di affondare il colpo: ha una palla buona, spara un piattone in bocca a Marchetti.
Il resto è cuore e sacrificio e piedi, perché in fondo tocca ricordare spesso che non stiamo parlando di un paracarro.

Higuain 6
Resta l’effetto amuleto (entra e un minuto dopo segniamo).
Un minuto più tardi lo inquadrano stretto: è paonazzo e col fiatone.
Dopo la sosta sarà un uomo nuovo.

Lichtsteiner 6
Entra a prendere i fischi dei suoi ex, che era esattamente quello che voleva

Pjaca SV
Gioca 5 minuti, tocca 1 pallone e fa 2 doppi passi che mi hanno fatto cadere dalla sedia.
È un bellissimo buongiorno.

Allegri 6,5
Con la Fiorentina il primo tempo era stato grande cinema, con la Lazio è stata fiction Rai di basso livello. La squadra parte molto arretrata e questo è un mezzo crimine vista la rosa che MrA si ritrova. Va detto che il caldo e la Lazio hanno contribuito, nel ST come la Juve ha alzato il ritmo la partita ha preso un verso netto.

 

Per la Lazio:

Bastos 7
Una bestia, si mangia Higuain (nemesi) va su ogni contrasto come se ne dipendesse la sopravvivenza sua e della famiglia. Selvaggio come pochi.

Il Buono, il Brutto e il Cattivo di Lazio-Juve 0-1

Il Buono, il Brutto e il Cattivo di Lazio-Juve 0-1

IL BUONO: Simone Inzaghi. È giusto dare anche i giusti meriti agli avversari, e come non provare almeno un po’ di empatia per Inzaghino? Nonostante Lotito, l’inesperienza, Lotito, il farsesco caso-Bielsa dell’estate, Lotito, il miglior giocatore che va a fare panca alle Olimpiadi anzichè il ritiro con la squadra, Lotito, una rosa mediocre e incompleta, Lotito, i tifosi che contestano, e ovviamente Lotito, riesce a mettere insieme una formazione tatticamente innovativa e coraggiosa, regalandoci una partita non bella ma combattuta, a viso aperto. Tanti auguri, ne avrai bisogno.

IL BRUTTO: Medhi Benatia. Non è elegante nel palleggio e nelle movenze come Bonucci, anzi è proprio brutto, sgraziato, nerboruto. Peró è il primo a capire che la Lazio non sarà abulica e svogliata, che i padroni di casa hanno voglia di correre, picchiare e metterci il fisico… e allora picchia e ci mette il fisico più di tutti, risolvendo a suo favore tutte le mischie e le situazioni complicate, e riuscendo a crearsi anche un’occasione da gol. Sarà una risorsa preziosa.

IL CATTIVO: Kwadwo Asamoah. Le sue qualità non sono in discussione, il fatto che riesca a metterle in campo con continuità sì. E non è una questione solo fisica, perchè oggi fisicamente stava bene, ma è stato impreciso e disattento tanto quanto era stato concentrato e dominante all’esordio. Lo aspettiamo a una conferma.

ANALISI TATTICA / Lazio-Juventus 0-1: Dybala, centrocampista di lusso e necessità

ANALISI TATTICA / Lazio-Juventus 0-1: Dybala, centrocampista di lusso e necessità

Inutile girarci attorno: la prima esibizione lontano da casa della Juventus 2016/17 è stata piuttosto scialba e non ha offerto grossi spunti per commentare lo stato di avanzamento lavori nel cantiere di Allegri. Di buono, oltre al risultato, va segnalata in particolare una condizione atletica già in crescita, visto che il gol è arrivato proprio in una fase della partita in cui i nostri ne avevano più degli avversari e li hanno presi per sfinimento, sfruttando una serie di leggerezze ed errori dovuti alla scarsa lucidità.

Ma perché è stata una partita così complicata e poco spettacolare?

 

Inzaghi come Sousa? Più o meno

A giudicare dallo schieramento sulla carta e a valutare il sistema di uscite preparato per pressare il nostro giro-palla, si direbbe che Inzaghi abbia fatto delle scelte simili a quelle operate dal collega Sousa nella sfida di una settimana fa allo Juventus Stadium. 3-4-3 (o 3-4-2-1) con i tre davanti a pareggiare i nostri difensori e mettere in ombra Lemina, due mediani a intasare ulteriormente le vie centrali e gli esterni di centrocampo lasciati 1 vs 1 con Alves e Sandro.

La scelta ha pagato perché l’interpretazione collettiva della Lazio è stata superiore a quella della Viola, per almeno tre ragioni:

  • maggiore attenzione a oscurare le linee di passaggio;
  • più intensità nei duelli individuali sulle fasce, affrontati con coraggio e rapidità nell’accorciare;
  • migliore coesione negli scivolamenti laterali, che ha impedito alla Juve di trovare isolato l’esterno sul lato opposto dopo un cambio di campo.

Questa l’unica azione ad ampio raggio in cui la Juve sia riuscita a isolare uno dei due esterni muovendo a sufficienza la difesa avversaria e portando tanti uomini in area.

Inzaghi ha poi beneficiato della duttilità di alcuni suoi elementi: dallo schema-base si passava in corso d’opera a un 3-5-1-1, con Felipe Anderson libero di svariare alle spalle di Immobile e Lulic e Parolo posizionati ai fianchi di Biglia. Il centrocampista italiano in particolare ha fornito una prova di grande quantità, vero e proprio angelo custode di un Biglia molto compassato, da proteggere.

Visto da questa prospettiva, il modulo della Lazio è considerabile speculare a quello della Juve: anche i bianconeri infatti hanno dato libertà totale a Dybala, come vedremo nel prossimo punto, e anche i bianconeri alzano sistematicamente una mezzala (sabato Asamoah) in fase di pressione, per pareggiare il conto con i difensori avversari.

Come spesso capita in partite impostate in questo modo, i duelli individuali disseminati per il campo indirizzano l’inerzia delle partite. A ritmi bassi, l’esplosività fisica di Lukaku e Bastos per la Lazio, e di Chiellini e Benatia per la Juve, è stata decisiva per mantenere il controllo nelle rispettive zone di influenza e ha determinato una sostanziale supremazia delle difese sugli attacchi. Lukaku ha annullato Alves, Bastos ha disinnescato con facilità Asamoah e un Mandzukic mai apparso adeguato al livello della contesa (tecnicamente e, per una volta, persino agonisticamente), mentre i nostri due centrali hanno murato ogni tentativo passato dalle loro parti.

 

Dybala aiuta e comanda

Una combinazione di fattori negativi ha portato Paulo Dybala ad abbassarsi moltissimo e a giocare praticamente da centrocampista aggiunto per facilitare l’uscita del pallone, come dimostra la heatmap dei suoi tocchi.

dybtocchi

Barzagli si è dimostrato poco a suo agio nel ruolo di regista difensivo e di fatto si è limitato a smistare il pallone verso i compagni ai suoi lati (41 dei suoi 57 passaggi verso Chiellini o Benatia). Lemina ha fatto da riferimento centrale rinunciando a porsi in luce dietro la prima linea del pressing avversario. Le mezzali hanno svuotato il centro, ma senza riuscire a creare quel gioco a due con l’esterno che tanto aveva portato frutti durante l’esordio casalingo. Il coinvolgimento di Dybala nella circolazione del pallone, quindi, è stato più una necessità che un lusso.

Paulo ci ha messo del suo, cioè tantissima qualità e quell’estetica dell’essenziale, del saper trovare sempre la strada più breve fra A e B e di riuscire a farlo un istante prima del tuo avversario: chiedere a Biglia, che non ha mai trovato i tempi per “leggere” il nostro numero 21 e si è trovato spesso a rincorrerlo.

Attirando la squadra avversaria sulla propria trequarti col palleggio basso come esca e trovando i tempi giusti per lo scarico a Dybala, la squadra di Allegri ha dato il là a tante azioni che potremmo definire di “contropiede lungo”. Le posizioni dei calciatori quando Dybala riesce a liberarsi fronte alla porta sono talmente aperte che basta un lancio coi giri giusti per ribaltare il campo, trovando l’esterno sul lato debole già pronto per ricevere alto. L’imprecisione tecnica o gli ottimi recuperi dei difensori laziali hanno diminuito l’efficacia di questa situazione tattica, che è però molto promettente e, se perfezionata, potrebbe diventare un’arma tattica importante in partite di contenimento.

La qualità di regista a tutto campo di Dybala si è vista anche nel gol, che è comunque figlio di un atteggiamento censurabile dell’intera difesa della Lazio, ormai sulle gambe.

Non c’è la minima pressione su Lemina, che ha una linea di passaggio comoda verso Dybala. Il 21 sta correndo in avanti, ma vede che Khedira sta riempiendo uno spazio di fronte a sé e si ferma per ricevere in solitudine. La schermatura di Biglia sul filtrante è goffa, De Vrij fa la sua prima pessima figura della serata, Marchetti non è reattivo a leggere la situazione: è l’episodio che Allegri aspettava per sbloccarla, anche se la sua squadra stava in effetti occupando in pianta stabile la metacampo avversaria già da qualche minuto.

 

Il “contropiede breve”, ovvero Higuain

Non ha segnato ed è apparso in condizione ancora precaria, eppure i movimenti di Higuain sono stati ancora una volta una variazione interessante allo spartito fin troppo leggibile dell’undici bianconero.

La sua cattiveria nell’attaccare gli spazi finalmente larghi della difesa laziale ha generato tanti pericoli potenziali; Dybala e un Khedira salito in cattedra col passare dei minuti lo hanno assistito e lanciato più volte in campo aperto.

Anche da questi piccoli particolari si nota il “killer instinct” di un calciatore abituato a sfruttare ogni errore dell’avversario e ad attaccare la porta con i tempi giusti. Una punta così abile a muoversi in linea con l’ultimo difensore rappresenta uno scacco costante per ogni difesa.

La Juve dell’anno scorso non aveva fra i suoi punti di forza il contropiede, inteso nella sua forma più brutale e diretta, anche perché mancavano giocatori in grado di dettare il passaggio con i tempi giusti. Higuain porta tanto know-how in questo senso, sta agli altri sfruttare appieno le sue doti.
Nel complesso, la Juve ha fatto forse troppo poco per vincere la partita, ma è stata brava a capitalizzare una catena di errori nel momento peggiore dell’avversario. La fase difensiva è stata eccellente: aumentare la produzione offensiva è il prossimo obiettivo di Allegri, quando, dopo la sosta, inizierà a sfruttare tutte le risorse a disposizione. Marko Pjaca compreso (di cui per ora ci siamo goduti il teaser…)

A CALDISSIMO Lazio-Juve 0-1: poche idee ma chiare

A CALDISSIMO Lazio-Juve 0-1: poche idee ma chiare

Si comincia disorientati perché l’assenza di Leo (a proposito: un grande in bocca al lupo al piccolo Matteo affinché dimostri la tenacia e il coraggio di cotanto padre) non può non farsi sentire. E infatti i primi 10 minuti si balla oltre il lecito, anche in virtù di una Lazio che i cronisti d’altri tempi avrebbero definito ‘pugnace’. Ma se Barzagli non può fare il Bonucci, Benatia può fare il Barzagli e quindi quando tutto manca le pezze ce le mette lui (e Chiellini).

Col passare dei minuti ci si assesta sul consueto ritmo gattopardeggiante, alla ricerca dell’accelerazione improvvisa che però non arriva, visto che Bastos e Lukaku se la cavano egregiamente e nonostante Dybala dimostri di poter accendere la luce a piacimento. Il primo tempo scivola via così, con l’impressione di poter far male ai volenterosi biancocelesti e il timore di non riuscire a farlo.

Dubbi che Sami Khedira ci mette 20 minuti a fugare: del resto se sei sempre al posto giusto nel momento giusto finisce che la cosa giusta prima o poi la fai. Tanto più se la fai con il solito inserimento sulla solita palla cantante di Dybala. Magari dieci secondi dopo l’ingresso di un Higuain che si muove bene ma spreca un paio di buone occasioni in contropiede che il ‘Pipita’ originale avrebbe fatto sue senza problemi: calmi, si rifarà. Poi è il solito trascinarsi verso il novantesimo, gestendo molto, rischiando nulla, cincischiando un pò troppo. Non Pjaca che in tre minuti rischia di incidere fin da subito.

Niente di trascendentale, insomma, il solito spartito mandato a memoria in funzione dell’unica cosa che realmente conta in questo momento: i tre punti. Idee poche ma chiare, per ora basta e avanza così.

A CALDO Lazio-Juve 0-1: pensaci Marotta, non puoi comprare un’emozione

A CALDO Lazio-Juve 0-1: pensaci Marotta, non puoi comprare un’emozione

In questi casi è sempre meglio partire dalla fine. Che non è il risultato in sé, ma quel modo di essere ancora Juventus vecchia (dolce) maniera. Speculativa, velenosa, anche sgraziata senza diventare disgraziata al primo (e unico) tiro, saccente, passista, persino sballottata, ossea, chirurgica. Mai come questa volta: tedesca. Barzagli fa Buchwald, Lemina fa Berthold, Khedira fa Khedira. Tutti campioni del mondo, ma solo uno che supera i luoghi comuni. Un po’ Sami stavolta fa anche il Gerd Muller, ma resta sempre Sami. Un trattore che lascia l’estetica alle faccende private.

 

Fatta la dovuta premessa, la Lazio fa due cose in tutto. Una scontata e poco stimolante (la difesa a tre) e l’altra ingegnosa perché concomitante alla prima (tridente con rientri non scontati). Il copione rende l’idea di cosa abbia incastrato la Juve nel primo tempo: zero circolazione difensiva, quella che Bonucci riesce a offrire anche in casi analoghi grazie ad alcune carezze tecniche in situazione di pressione uno contro uno. Con un fattore aggiuntivo che poi resta una costante della gara: non portare mai sul lato corto le nostre corsie, ovvero nel migliore dei casi impattare i rispettivi duelli.

 

Si era parlato di possibile centrocampo svuotato da parte dei biancocelesti. Così, perché Inzaghi evidentemente è meno fesso di quanto lo facciano, la Lazio mette due paletti (Biglia e Parolo) e i nostri invece che cercare di fargli passare la voglia fanno quel che gli si chiede: andare, andare, andare. Sfidare la fisica e la natura. Intasare in fascia con gli intermedi per arrivare al traversone sul lato debole, anche dalla trequarti (gol di Khedira la scorsa settimana, bastonata piatta di un Mandzukic mai così impreciso e fuori dalla partita: dieci palloni per lui nel primo tempo, sei appoggi, cinque errori, perché magari non è giornata o magari le tue truppe maramaldeggiano in trincea).

 

E poi si è vinto. Allegri non ha mutato il sistema, sfrutta un’imbucata “bucata”, ammicca alla squadra, fa di necessità virtù. Ammazza il caldo. Un’avversaria che ha dato tutto senza andare fuori giri (no, non era la Roma). E poi qualcosa accadrà. Anche Lemina sopravviverà. Sette lettere si possono comprare. Un’emozione, quando è fatidica e solitaria, no. Marotta, che nel 1973 aveva già sedici anni, è probabile che lo sappia.