Lettera a un giovane juventino

Di dovunque tu sia, giovane juventino: di Torino, con l’altra metà della città a tifare contro. Di piccole città o paesini che non hanno mai conosciuto la serie A, e magari lì sei in maggioranza. Di città grandi, domicilio di rivalità spesso create unilateralmente da loro, in cui sei in compagnia di tanti fratelli bianconeri, ma sempre meno numerosi rispetto ai tifosi delle squadre di casa.

Ricorda: hai già vinto più scudetti rispetto a quanti la stragrande maggioranza di loro ne vincerà in tutta la vita.

 

Sii comprensivo, dunque: è questo il mio primo consiglio. Vincere è bellissimo, perdere è sempre brutto, ma vedere festeggiare chi detesti è insopportabile già una volta sola, figuriamoci per sette anni di fila.

Quando sei con i tuoi amici, dunque, sfottili tranquillamente, perché il tifo dev’essere questo: non farti convincere che non sia opportuno, non sia carino. Prendi in giro i loro proclami costantemente disattesi dai risultati del campo; sorridi a chi dopo il pareggio di Crotone o il gol di Koulibaly ti ha imprudentemente creduto sconfitto, sfogando la delusione di tutti questi anni.

Nient’altro: noi siamo la Juve, non abbiamo veleni da diffondere, rabbia accumulata o rancori da fare emergere. “Però gli altri quando perdiamo una finale di Champions o una partita di campionato non fanno così, sono molto più cattivi”.

Lo so, ti capisco, ma tu hai la fortuna di sapere che anche se perdi tornerai a vincere, loro devono approfittare delle tue cadute, perché non sanno quando potranno godere di un’altra occasione.

A me capitò a 8 anni (e poi a 26), di vedere festeggiare lo scudetto alla squadra più tifata nella mia città, e dunque più “rivale”: so che ti sembra impossibile, ma capiterà anche a te di assistere alle celebrazioni dei tuoi avversari, e sarà ancora più complicato perché non ci sei abituato: ti diranno che è il primo scudetto meritato degli ultimi anni, che i tuoi non lo erano e questo finalmente sì. Aspetta, sopporta, sii diverso da loro, fai i complimenti a chi ha vinto e non ti scomporre: 365 giorni dopo, probabilmente, toccherà ancora a te e te lo godrai ancora di più. A me, almeno, è andata così entrambe le volte.

 

Però loro ci danno dei ladri, dicono sempre che rubiamo”.

Lo so, lasciali perdere.

Tu vai in giro col sorriso, sempre a testa alta: essere la Juve vuol dire pure questo.

Ne dicono tante, le diranno sempre, non vanno presi sul serio.

Sono arrabbiati, invidiosi e quando si è arrabbiati e invidiosi funziona così, in tutti i campi della vita: si sminuisce quello cui le cose vanno bene, non gli si attribuiscono meriti, sennò vorrebbe dire che noi abbiamo qualche colpa per i nostri successi.

 

E se non mi credi, se a volte hai qualche dubbio, ripensa a questi anni: ti hanno detto che lo stadio sarebbe crollato, e invece guarda quanto è più bello che mai, con sette scudetti in più; che le squadre avversarie (comprese le loro?) si scansavano, ma se le goleade le facevano loro ovviamente era tutto meritato e sudato; che ogni anno avevi sfaldato la squadra con le cessioni o il cambio di allenatore e sarebbe finalmente toccato al Milan, all’Inter, al Napoli, alla Roma; che sul mercato eri troppo potente e non più bravo, e chissà se è più bravo o potente chi riesce a prendere Pirlo, Vidal, Pogba e Khedira spendendo dieci milioni in tutto, quando Gabigol, Maksimovic, Iturbe e André Silva ne sono costati quasi 150.

Non ci prendono mai, fidati di me.

In pochi mesi ti hanno detto che con il Var finalmente avresti perso, con le risatine a ogni rigore contro, pure se fischiato ignorando un fuorigioco; che se un rigore per te diventava un cartellino rosso al tuo attaccante era perché “ora la festa è finita, con il Var non comandate più”, e giù altre risatine, ma tu zitto, in 10 contro 11 andavi a vincere 6-2, perché non sarà mai un errore o un cartellino a falsare un campionato; il Var, il santo Var, la Juve contro il Var, “come mai solo vai protestate con il Var?” ed eccoli qua, oggi, che schiumano rabbia contro il Var, perché allora diventa “juventino” quello che sta al Var, insomma c’è sempre una soluzione per non riconoscerci meriti. La rabbia e l’invidia li rendono pure tragicamente prevedibili.

 

Ti hanno detto che il fratello di un arbitro esultava sui social come fai tu, che il quarto uomo si era fatto scoprire mentre diceva che avrebbe dovuto farci vincere nel recupero, che la Fifa stava indagando su non si cosa, che allo stadio c’era una caccia al tifoso avversario, che nei programmi chiamavano juventini pentiti e convertiti al bene: non era vero niente, si erano inventati tutto anche stavolta. Non c’era alcun fratello, alcun incitamento a vincere nel recupero, alcuna caccia all’uomo (anzi ci sono mille foto di tifosi avversari in festa allo stadio, come piacerebbe fare a noi in casa loro), alcuna indagine Fifa, alcuno juventino pentito.

 

Non vanno presi sul serio. E lo so che non è facile, quando sono gli amici con cui giochi e ti vedi spesso per divertirti, ma devi essere bravo: sono scemenze che ascoltano dagli adulti o vedono in tv e sui giornali (pensa che oggi il Corriere della Sera riporta le ironie sull’abbraccio di Allegri a Tagliavento a fine carriera, definendolo “caloroso” e ignorando che De Rossi ha fatto la stessa identica cosa: funziona così, ahinoi). Rispondi colpo su colpo, orgogliosamente, riporta la verità ma non prendertela troppo. E ricorda che la tua squadra non si abbatte di certo, per questi veleni, ma spesso proprio lì trova le energie per non mollare.

 

Non essere viziato, non dare le vittorie per scontate. Ricordati sempre che la generazione prima della tua ha vissuto Calciopoli: una squadra che dominava e cui è stato fatto un processo sommario in dieci giorni, con le sentenze di condanna anticipate prima che iniziasse il processo, tante telefonate ignorate, due scudetti revocati e la retrocessione in B, i giocatori migliori ceduti all’Inter che grazie a loro sarebbe tornata vincente dopo una ventina d’anni. Sappi che i bambini cresciuti in quegli anni chiedevano e si chiedevano se ne avremmo mai rivinto uno, altro che sette di fila con gli altri a schiumare rabbia e inventare notizie per screditarci.
E allora goditelo, goditeli tutti.

Metti quella maglietta, indossa quella sciarpa, canta l’inno a squarciagola, perché questi ragazzi sono “simili a degli eroi” sul serio, non è solo una canzone.

Cerca di rivedere tutte le immagini di quest’anno, di rivivere i momenti belli e non dimenticare quelli brutti. Perché, lo dico a te che nel calcio quasi non li conosci (anche se qualche finale europea l’hai già vissuta…), vivere i secondi serve per godersi del tutto i primi, per capire quanto sia difficile vincere e ancor più rifarlo gli anni dopo, quando gli altri sono arrabbiati e tu hai un po’ meno fame di prima.

Goditelo senza freni, perché un giorno (speriamo lontano) arriveranno tempi più difficili e se non lo farai rimpiangerai di non esserti goduto appieno questi, magari cedendo alla rabbia di qualche tifoso avversario troppo arrabbiato che vorrebbe addirittura spiegarti per chi tu debba tifare, quando ognuno tifa per chi gli pare ed è umiliante perfino doverlo spiegare.

Arriveranno momenti difficili e vedrai che amerai ancora di più la tua squadra. Che però oggi, ancora una volta, per il settimo anno di fila, ha compiuto un’impresa leggendaria, mai realizzata prima da nessuno, e merita che la festeggi pure tu, ovunque tu sia.

Senza rancori, a testa alta: col sorriso stampato sulle labbra e tutta la gioia e l’orgoglio del mondo.

Il Maestro Massimo Zampini.