Sabato sera. Guardo un po’ del primo tempo di Udinese-Inter, con una grande occasione per Lautaro, regalata da un difensore, qualche volitivo ma innocuo attacco friulano, un secondo giallo mancante per il prode Arslan, saggiamente sostituito da Gotti, come capitato al nerazzurro Barella qualche settimana prima o al viola Borja Valero contro la Juventus. Partita noiosetta, che l’Inter vincerà come sempre spingendo nel secondo tempo.
Ho un amico a cena (se si possono chiamare cene gli incontri tra le 19 e le 21 circa con cui si sopperisce all’assenza di vita sociale in tempi di coprifuoco) e scegliamo di tenere la tv su Milan-Atalanta, teoricamente più equilibrata: oddio, le milanesi possono godere di un maggior riposo, rispetto alle rivali impegnate entrambe tre giorni prima, ma i bergamaschi sono forti e hanno una super rosa, quindi almeno qui chissà come va a finire.
In alto, a destra, compare il risultato di Udinese-Inter: come all’ultimissima di campionato, quando si deve conoscere il vincitore del titolo in un duello all’ultimo sangue, qui invece ci si gioca lo scudetto d’inverno.
Insomma, facciamola breve: l’Atalanta tritura i rossoneri, con tre reti, un palo e diverse occasioni. Non cambiamo canale, anche a partita semichiusa, per quelle sciocche scaramanzie che ti inducono a non modificare nulla di una situazione positiva, per non interrompere l’incantesimo. Medioevo, me ne rendo conto. La partita di Udine, tuttavia, grazie a noi finisce così, zero a zero. Mentre io e il mio amico, juventino, ci chiediamo se l’Inter scatenerà le solite polemiche susseguenti a un passo falso (in una delle ultime occasioni il designatore arbitrale si prestò a una mezz’oretta in tv per confermare che effettivamente sì, l’arbitro aveva sbagliato), giungono le prime notizie: Conte e Oriali espulsi per proteste, quasi rissa con l’arbitro Maresca che li avrebbe invitati ad accettare i risultati non positivi.
Non sbagliavamo, stanno per scatenare l’inferno.
Così, dopo una rapida e proficua caccia agli highlights, vediamo le poche occasioni del match, senza però capire cosa sia accaduto. Nulla apparentemente, dopo quel mancato secondo giallo del 1° tempo, se non una richiesta di ulteriore recupero.
La domenica tocca alla Juve, picchiata fin dai primi minuti, con un rigore timidamente chiesto da entrambe le squadre: spreca mille occasioni, vince 2-0, chiude come spesso accade con più cartellini della squadra avversaria.
In un mondo normale, ci si chiederebbe il motivo del passo falso dell’Inter, con rosa enorme e più riposata dell’Udinese, si elogerebbe l’Atalanta, ci si interrogherebbe sullo stop del Milan, sugli alti e bassi della Juve, che intanto zitta zitta è tornata lì.
Da noi no. Perché Mihajlovic, dopo avere subito due gol e venti tiri, di cui diversi a porta praticamente vuota, si lamenta di un mancato rosso ad Arthur a un quarto d’ora dalla fine sul 2-0 (con l’arbitro che anche in altre occasioni non ha ammonito per falli simili), perché le moviole impazzano su Juventus-Bologna mostrando solo gli episodi funzionali alla narrazione che conosciamo, perché la Gazzetta due giorni dopo è ancora impegnata nel processo a Maresca e ci informa che il direttore di gara non arbitrerà più l’Inter per un bel po’. Proprio come Orsato.
Il campo, dopo un bel po’, torna a sparire dal racconto del calcio in
Italia: riecco, per una domenica, i movioloni, i veleni e i processi.
Pare una brutta notizia, e in effetti lo sarebbe: ma se tifate per la Juve, lo sapete bene, il segnale non è affatto negativo.
Il Maestro Massimo Zampini.