12 partite giocate, 11 vinte, una pareggiata, 26 gol fatti (miglior attacco), 8 subiti (miglior difesa), un rigore a favore, due contro, record di punti nel campionato italiano alla dodicesima giornata.
Il calendario forse ci ha messo del suo, relegando in fondo alla competizione le sfide con Roma e Inter, il derby, le partite con avversari tradizionalmente agguerriti come Toro e Fiorentina; a oggi, però, dopo avere affrontato Lazio, Napoli, Milan e altre 9 squadre di serie A, la situazione è questa.
L’ultima vittoria è quella di San Siro, con un milione di temi a corredo, per chi ama parlare di calcio: la Juve chiaramente più forte, ma a volte quasi pare dirselo da sola, specchiandosi placidamente, rischiando ancora una volta di venire raggiunta, ma intanto è padrona del campo, domina contro avversari tradizionalmente complicati, quindi per ora va bene così.
Il ritorno di Mandzukic, subito a segno sovrastando Rodriguez. Amato, criticato, invocato e sopportato, Marione è comunque quasi sempre utile, spesso decisivo.
La partita di Alex Sandro, bravo ad annullare Suso, eccellente nella spinta e stavolta forse superiore all’ottimo Cancelo (decisivo nel secondo gol).
La costante crescita e l’acquisita sicurezza di Bentancur, 21 anni, inserito apparentemente quasi per caso in quelle opzioni su giocatori del Boca nell’affare Tevez e invece giocatore vero: alternerà ancora alti e bassi, ma i progressi sono evidenti e stavolta, quando Allegri, doveva cambiare un centrocampista, a uscire è stato Pjanic, con Rodrigo a dirigere il gioco.
La rivincita di Sczszesny, qualche giorno dopo le prime critiche post sconfitta contro lo United: rigore tirato piuttosto bene da Higuain e grande parata del nostro portiere, freddo e tranquillo, incurante di polemiche e giudizi assortiti.
Ronaldo, alcune grandi giocate, l’ottavo gol in dodici partite, avendo soprattutto contribuito, pur senza segnare, a vincere quella più complicata, contro il Napoli primo inseguitore.
E poi Benatia, incerto con un paio di interventi avventati nel primo tempo, perfetto nel secondo; Dybala, meno decisivo sotto porta ma importante ed essenziale in ogni sua giocata.
Higuain, il tema dei temi: a riposo da qualche giorno proprio per non mancare, per prendersi la sua rivincita, si procura il rigore, lo vuole tirare, lo sbaglia, a quel punto cala, nel finale viene ammonito, grida in faccia all’arbitro, arriva il rosso, perde la testa e provano a trattenerlo tutti, perché gli altri 21 giocatori in campo non vogliono una figuraccia e una lunga squalifica. Gli vogliono bene tutti e 21, sul serio, lo si capisce lì, nelle dichiarazioni a fine gara. Gli vogliono bene tutti e 75mila gli spettatori di San Siro, senza distinzioni di maglia e bandiera. E allora coraggio, Gonzalo, una serata nera può capitare anche ai migliori.
Volendo, ci si potrebbero scrivere 3-4 pagine di giornale o farci delle belle interviste o un lungo spicchio di trasmissione. Se solo i nostri media amassero il calcio, desiderassero parlarne.
Da noi, però, non funziona così: gran parte dei media non ama parlare di calcio. E’ una scocciatura, bisogna studiare, guardarsi tutte le partite. E farlo senza pregiudizi, per di più.
Fa meno ascolti, si pensa.
In Italia, il dopopartita di questo Milan-Juve è incentrato sul mancato doppio giallo a Benatia in occasione del rigore. E’ lì che si decide tutto, è quello il momento chiave della partita, l’istante di cui parlare a lungo, l’episodio che resterà. Sondaggi, approfondimenti su quell’intervento – su cui, oltre a Pirlo, perfino lo zio Bergomi non avrebbe ammonito -, poi su un altro canale ecco Allegri, da oggi allenatore con il record di punti (a questo punto del campionato) in serie A: “Ha avuto paura che espellessero Benatia?”. Lui non è neanche arrabbiato, gli passa proprio la voglia, fa capire che “vediamo il calcio diversamente”, risponde cortese ma un po’ svogliato alle domande successive.
Finché, continuando lo zapping, non arriva Gattuso, l’allenatore dei rivali e li guarda allibiti quando la prima domanda, anche a lui, è su quello, sull’unico episodio che ha colpito i nostri osservatori; li stoppa subito, “non ci attacchiamo agli alibi, ammonizione, non ammonizione, è una squadra nettamente più forte di noi, vince da tanti anni, ogni anno ha preso un pezzo da novanta, non è un caso che vinca da tantissimi anni, si vedeche c’è differenza a livello fisico, a livello di passo, i livelli sono differenti e bisogna accettarlo”.
Arriva Romagnoli, il capitano, solo complimenti alla Juve, neanche mezza recriminazione. Higuain, mentre il web ormai compatto e indistinguibile napoletan-interista-ecc si chiede come mai sia stato espulso con la maglia del Milan e non con quella della Juve, arriva ai microfoni e chiede scusa, sa di avere sbagliato, ringrazia i giocatori avversari che lo hanno trattenuto, fa capire ancora una volta che, se fosse dipeso da lui, non sarebbe andato via.
Bello, ascoltare i diretti protagonisti. E mi viene in mente che, quando posso interloquire con qualcuno di loro nella trasmissione cui partecipo, ho sempre la stessa impressione: una volta con Di Francesco, recentemente con De Zerbi, di fronte a loro nessuno ha il minimo coraggio di avanzare il vago sospetto che la loro squadra “si scansasse”, allora glielo chiedo io, come a dire: sapete cosa si dice in giro, quando voi non ci siete? E loro fanno spallucce, non riescono neanche a prendere sul serio la questione, perché in fondo è vero che poi magari rimane solo quello, ma sono cretinate per i social, per gli spargitori di veleni, non per chi apprezza il calcio sul serio.
Intanto passa la notte e stavolta non porta consiglio, ma un nuovo rigore. Sulla homepage di Gazzetta.it, infatti, 12 ore dopo la partita, il titolo non è sul record di punti, su Mandzukic, Ronaldo, Higuain o sulla lezione di Gattuso; no, è sulla moviola: “Milan, manca il 2° rigore?”.
Insomma, a quanto pare nella notte è spuntato un nuovo penalty, stavolta per fallo di Chiellini su Romagnoli, a sua insaputa (di Romagnoli, intendo).
Siamo al di là dell’ultima frontiera: i media si sostituiscono agli avversari. Per i primi l’arbitro ha condizionato tutto pure se per i secondi è giusto così, la sconfitta è netta e non c’è niente da recriminare. Non più il mitico Gigi Simoni in campo con i suoi dalla panchina, ora le proteste partono direttamente dagli organi di informazione.
Così capisci ancora una volta quanto siamo diversi, come dice Allegri.
Per tanti, gran parte dei mezzi di informazione compresa, ormai frustrata da anni di dominio, il calcio è ridotto a una discussione infinita su un cartellino o un rigore per la Juve (un rigore di numero, nelle prime dodici giornate).
Per noi no.
Per noi è Mandzukic che svetta.
Ronaldo che la chiude.
Higuain che si arrabbia, è deluso, infuriato, sconsolato e allora Matuidi va a consolarlo e gli dà un bacio sulla fronte.
E’ Gattuso che rifiuta gli alibi, riconosce i meriti e da oggi, vorrei farglielo sapere, ha qualche tifoso in più rispetto a ieri.
Il Maestro Massimo Zampini.