L’Italia di Conte a Euro 2016 ha confermato quanto era già emerso in maniera abbastanza evidente nelle ultime stagioni: la difesa della Juventus è una delle migliori del mondo, se non la migliore, considerando affidabilità, esperienza e qualità dei singoli ma anche affiatamento e complementarietà. Volendo tacere dell’eccezionale Buffon visto nella stagione appena conclusa, e della copertura di uno schermo quasi impenetrabile come Marchisio, i tre santoni della BBC sono sicuramente tutti e tre nella top 10 dei migliori difensori del mondo e possiedono caratte ristiche quasi uniche: Barzagli è un mostro di attenzione e pulizia nell’intervento che viaggia alla media di un errore difensivo all’anno, Bonucci ha aggiunto alla tecnica da regista un carattere d’acciaio ed è pian piano diventato uno dei leader della Juventus, Chiellini nonostante gli infortuni è ancora tra i migliori in assoluto per esplosività, abilità nella marcatura individuale e gioco aereo nella propria trequarti. Dietro a questi tre mostri sacri si sta affacciando il giovane Rugani, che dopo un inizio timido ha sostituito degnamente il Chiello nell’ultima parte di stagione. Tutte queste osservazioni portano a un paio di domando ovvie: perché alla Juventus interessa Benatia? In cosa il centrale marocchino può migliorare una retroguardia quasi perfetta?
Partiamo innanzitutto da una questione numerica: posto che Evra verrà schierato da difensore centrale solo in caso di emergenza, tenendo dunque vivo il continuo ballottaggio con Alex Sandro come nella scorsa stagione, la Juventus può contare solamente su 4 calciatori in grado di giostrare nei 3 davanti a Buffon, considerando l’addio di Caceres ormai ufficiale. Benatia toglierebbe spazio a Rugani, questo è inevitabile, ma la Juventus non può permettersi di trovarsi a corto di calciatori in una zona tanto importante. 5 difensori centrali dunque, come nella scorsa stagione, tematica strettamente collegata ad altri due spunti di riflessione.
Il primo riguarda gli infortuni, ai quali i centrali bianconeri sono estremamente soggetti vista l’età avanzata. Nella scorsa stagione Chiellini (31 anni) ha saltato 15 partite a causa di problemi di vario genere, Barzagli (35 anni) è andato decisamente meglio con solamente 4 assenze per infortunio, ma vista l’età avanzata va gestito con cautela, solamente Bonucci pare dare garanzie assolute dal punto di vista fisico dato che lo scorso anno non ha saltato alcuna partita se non per turnover o squalifica. Epurato il sempre indisponibile Caceres, serve un centrale di sicuro affidamento che non faccia pesare un’eventuale doppia indisponibilità, ipotesi non così remota se si pensa all’ecatombe di centrocampisti dello scorso autunno. Qui è doveroso aprire una parentesi: nella scorsa stagione Benatia ha saltato ben 24 partite, molte delle quali per dei problemi alla coscia e successive ricadute. Nella carriera del marocchino non vi sono precedenti così preoccupanti da far pensare a un calciatore estremamente sensibili agli infortuni, non un nuovo Khedira insomma, ma la sua condizione fisica andrà monitorata con cautela soprattuto nella parte iniziale della stagione, quando dovrà riabituarsi ai carichi di lavoro di una squadra italiana.
Il secondo punto è strettamente legato al modulo; qualora la Juve dovesse davvero acquistare il centrale ex-Roma, ecco che sarebbe palese la volontà di Allegri di puntare nuovamente sulla difesa a 3, sistema che ha ridonato solidità a un reparto titubante nelle prime uscite stagionali. In questo senso l’acquisto di Benatia è perfetamente spiegabile: Mehdi ha giocato come centrale di sinistra o di destra nella retroguardia a tre sia al Bayern Monaco con Pep Guardiola che all’Udinese agli ordini di Francesco Guidolin, ed è forse uno dei migliori profili d’Europa su cui puntare se si pone come caratteristica principe l’adattabilità a diversi sistemi difensivi.
In ultimo, ma non per importanza, la caratura internazionale del giocatore: tra Udinese, Roma e Bayern Monaco, Benatia annovera 30 presenze in competizioni europee con squadre di club, mentre ha vestito la maglia della propria nazionale (della quale è il capitano) per 40 volte dal 2008 ad oggi. Nelle gare da dentro o fuori il marocchino può garantire quella solidità mentale che Rugani non può ancora per ovvi motivi avere, e allo stesso tempo non avrà bisogno di particolari periodi di riadattamento al campionato italiano, torneo che negli anni ha messo in difficoltà diversi centrali diventati grandi all’estero ma incapaci di adattarsi alla realtà della Serie A.
La scheda scouting di Arkadiusz Milik
BIOGRAFIA
Si può dire che Milik sia la classica persona a cui il calcio può aver salvato la vita. Il giovane attaccante dell’Ajax, nato a Tichy nel febbraio 1994, subisce in tener(issima) età un grave lutto: perde il padre ad appena 6 anni. Comprensibilmente, ciò si ripercuote sul ragazzo, che attraversa periodi di sbandamento caratterizzati da fumo e furti nei negozi. Per il suo futuro si rivela decisiva la presenza di Slawek Mogilan (detto Moki), giovane allenatore che per primo intravede le qualità del ragazzo, aiutandolo a maturare sia professionalmente che umanamente. Si rivela quindi una vera e propria figura paterna.
Cresce nelle giovanili del Rozwoy Katowice, con cui debutta in terza divisione. All’età di 16 anni effettua dei provini per Reading e Tottenham, mentre il Legia Varsavia compie un’offerta consistente per assicurarsi le prestazioni del ragazzo. Tuttavia, almeno per il momento, a Milik non interessano i soldi: ciò che cerca è un club dove possa giocare titolare. Sceglie quindi di passare al Gornik Zabzre, con cui esordisce in prima squadra nel 2011, terminando la sua prima stagione con 4 gol in 24 presenze.
Ad ottobre 2012 esordisce in Nazionale in un’amichevole contro il Sudafrica. Nel gennaio 2013 il Bayer Leverkusen lo acquista per 2.5 mln. Vede però poco il campo, tant’è che viene mandato in prestito per una stagione all’Augusta, dove realizza 2 reti in 18 presenze. Nel 2014 passa in prestito all’Ajax con riscatto fissato a poco meno di 3 mln: in Eredivisie disputa un grande campionato, andando in gol per ben 11 volte (media di una rete ogni 114’). I lancieri effettuano ben volentieri il riscatto, scelta che si rivela lungimirante: il campionato appena concluso è stato quello della consacrazione, visto che Milik ha firmato la bellezza di 21 reti, consacrandosi come uno dei giovani più in vista d’Europa, ma le sue marcature non saranno sufficienti per vincere il titolo sfumato all’ultimo.
Nonostante in questi Europei la Polonia abbia ottenuto un risultato degno di rispetto, probabilmente Milik non è riuscito a sfruttare questo palcoscenico nel migliore dei modi, disputando prestazioni non eccelse e sbagliando in diverse circostanze occasioni da rete a dir poco ghiotte. Si sta comunque parlando di un ragazzo di 22 anni, ci saranno senza dubbio altre opportunità per mettersi in mostra.
CARATTERISTICHE TECNICHE
Mancino di piede, 78 kg per 186 cm. Dopo aver inizialmente giocato come attaccante esterno, Milik è finito per diventare centravanti inamovibile nel 433 di De Boer, con cui ha realizzato 47 gol in due anni tra campionato e coppe.
Chi ha visto per la prima volta Milik all’opera in questi Europei può credere che il polacco sottoporta sia tutto tranne che un cecchino, visto che contro Svizzera e Germania ha fallito occasioni in cui era oggettivamente difficile non segnare. In realtà l’attaccante è alquanto freddo negli ultimi metri: si muove molto bene in area di rigore ed azzecca spesso i tempi, leggendo in modo ottimale il passaggio/cross del compagno e lasciando sul posto il difensore. Inoltre la sua forza fisica si rivela una risorsa preziosa in zona gol, che a volte gli consente anche di crearsi chances da solo. Nonostante ami il tiro dalla distanza (nel suo campionato è la quarta punta per tentativi da lontano), nell’ultima Eredivisie ben 18 reti sono arrivate dentro l’area. In molti hanno in mente il suo grossolano errore contro la Germania, tuttavia va evidenziato che Milik possiede un notevole stacco aereo, sia per quanto riguarda la forza che dà al pallone sia per quanto riguarda il prendere i giusti tempi: ben 6 gol sono arrivati quest’anno su colpo di testa.
Nonostante le sue capacità in zona gol, è riduttivo definire Milik un semplice finalizzatore. L’attaccante, infatti, ama svariare su tutto il fronte dell’attacco e correre con la palla al piede partecipando attivamente all’impostazione del gioco (effettua quasi 28 passaggi a partita).
Heerenveen-Ajax del 20 aprile (Fonte: Who Scored)
Occorre però sottolineare che tecnicamente Milik non possiede una classe sublime, visto che certe giocate non gli riescono con la naturalezza tipica del campione. Per esempio, il primo controllo (da molti reputato la base per valutare un giocatore) non è certo ottimale, così come non lo sono molti suoi appoggi – soprattutto quelli teoricamente più semplici -, spesso tutt’altro che limpidi (ha una pass accuracy del 72% scarso). Aspetti che lo limitano sensibilmente quando si trova a giocare spalle alla porta, contesto in cui difficilmente diventerà un top player. Nonostante abbia un’ottima progressione palla al piede, va in difficoltà quando è costretto a giocare nello stretto poiché gli manca il guizzo in grado di saltare l’avversario quando lo spazio a disposizione è limitato. Tutto ciò è anche probabilmente conseguenza del suo primario difetto: Milik è il classico mancino che utilizza un piede soltanto e ciò lo rende frequentemente prevedibile, soprattutto quando deve agire in spazi ridotti e le difese sono basse.
Si trova molto a più agio quando parte da posizione defilata o comunque da più lontano, in pratica quando è in grado di puntare il suo rivale e di aggredire la profondità. Non a caso, in questi Europei il ct Nawalka ha optato per Lewandowski prima punta con Milik a giostrargli attorno, allargandosi sulle fasce o accentrandosi a seconda della situazione. Ciò gli consente di sfruttare meglio le sue caratteristiche, come ad esempio un’abilità in fase di rifinitura che quando riesce a trovare gli spazi è tanto interessante quanto sviluppabile (7 assist nell’ultima stagione), senza dimenticare i già citati tiri dalla distanza.
PROSPETTIVE
Spesso, quando un giocatore ha quasi 23 anni, si ha già un almeno vago sentore sul tipo di carriera che potrà avere, se per esempio saprà stare in certi palcoscenici senza sfigurare. Invece, per quanto riguarda Milik, fare una previsione sulla sua crescita è tutt’altro che semplice: ci sono aspetti indubbiamente interessanti, come anche diverse carenze di base che potrebbero impedire al polacco di imporsi a certi livelli. L’attuale livello dell’Eredivisie e la moltitudine di talenti provenienti dall’Ajax che hanno fallito nei top campionati non forniscono indicazioni significative. Ispira un certo grado di sicurezza solo la forte improbabilità che Milik possa diventare una grande prima punta per le sopracitate difficoltà di controllo palla e, più in generale, nel giocare spalle alla porta. Si parla di un possibile interessamento della Juventus in sostituzione di Morata: ora, il madrileno spesso ha palesato difficoltà tattiche quando impiegato come “nove” (soprattutto in Italia); Milik, con gli spazi ridotti e le difese basse che ci sono in Serie A, è ancora meno adatto nel ricoprire tale posizione. Se gli venisse lasciata libertà di giostrare sulla trequarti e/o sulle corsie esterne potrebbe trovare un suo senso come seconda punta o attaccante laterale, a patto che la squadra lo aiuti a trovare la profondità consentendogli di puntare l’uomo e di ricevere palla fronte alla porta.