Una Juventus passiva, mai padrona del cerchio centrale, frustata sugli esterni dal presunto anello debole milanista rappresentato dal duo Calabria-De Sciglio, solleva l’Undicesima della sua storia. Il piede magico, quello fatto ad arte per gli appuntamenti che restano impressi (ma lo conoscete uno con il karma più altalenante di Morata?), è di quelli che potenzialmente si rimpiangono. Dal fato però non si scappa, e riassumendo siamo punto e a capo: la Juve di Verona batte il Milan di quando a Roma con un pareggio tutto cuore esonera Rudi Garcia. Difficile gettare lo sguardo oltre. Persino tornare sui giochetti tecnico-tattici legati alla formazione (inadatta per quanto condizionata) o all’assetto senza precedenti che ha sbranato la partita (Cuadrado-Morata-Mandzukic-Dybala tutti in campo appassionatamente) sarebbe operazione da esercizio di stile. Quando la Juventus vince non conta quanto siamo bravi e belli, conta quanto siamo cattivi e concreti e brutali e ammazzasogni. Meglio (o peggio) di così non si poteva fare, ovvero imporsi esattamente come si sarebbe pensato di imporsi festeggiando per le strade di Torino fino a tarda notte dopo la consegna della Coppa Scudetto al termine del tiro a segno contro la Sampdoria. Che poi, senza se e senza ma, la decantata tecnica sia quanto di più lontano dal grosso del copione del match di Roma, è dato quasi inoppugnabile. Motivo in più per credere che Allegri abbia ragione a credere che l’unico e imminente upgrade della squadra in vista del massimo traguardo europeo sia il pacchetto di centrocampo. Non ci sono giocate memorizzate, quindi è meglio avere un plotone di calciatori già organizzati di proprio, vuoi per il talento vuoi per la fame vuoi per la naturalezza nel fare le cose. Buon calciomercato a tutti, dirigenti per primi.
Luca Momblano.