In quel tono grave, serio, quasi avvilito, con cui diversi cronisti o commentatori (non i principali giornali, stavolta) hanno commentato la decisione di dare il rosso a Meret (“episodio controverso”, “ci saranno polemiche”, “episodio decisivo”, “l’episodio che ha condizionato la gara”, ecc) c’è tutto il racconto del calcio italiano di questi ultimi decenni. Ascoltavo la radio, andando verso degli studi televisivi, e in ogni radiogiornale il commento era quello: vittoria importante della Juve, anche se il Napoli ci prova, decisivo l’episodio controverso relativo all’espulsione di Meret nel primo tempo.
“Ci saranno polemiche”.
Quante volte l’ho sentita, questa frase un po’ ipocrita, in cui si dà il via alle danze fingendo costernazione: non dipende da noi, eh, ma vedrete che come sempre ci saranno veleni.
Eh no, si comincia da te. Tu, che sia il cronista, che legga il radiogiornale o che commenti l’episodio, devi spiegare
- che una squadra a meno 13, scontro diretto in casa, la quale dovrebbe ribaltare perfino la differenza reti negli scontri diretti battendo i rivali con due o più gol di scarto, regala dopo neanche mezz’ora un pallone a Ronaldo in netto anticipo rispetto al portiere in uscita disperata;
- che il portiere mai e poi mai può prendere quel pallone;
- che, anche se si avesse la certezza (cosa che non è) che non lo tocca, non puoi affrontare un rivale fuori area con la gamba alta lontanissima dal pallone, perché sennò l’altro ti deve saltare per non farsi spaccare la gamba e inevitabilmente perde l’equilibrio;
- anche se, del tutto erroneamente, non lo ritenessi fallo, e quindi ritenessi legittimo intervenire così anche a metà campo in un normale contrasto di gioco tra due opponenti, si tratta comunque di un episodio quanto meno al limite, non c’è alcun bisogno di avere quel tono grave o di prevedere chissà quali polemiche;
- che la superiorità numerica è durata 20 minuti, dal 28esimo del primo tempo ai primissimi minuti del secondo;
- che anche l’espulsione di Pjanic, tra primo e secondo giallo, potrebbe serenamente essere definita “episodio controverso” ed “episodio decisivo”, perché manca un tempo alla fine della partita;
- che a dieci minuti dalla fine viene dato il rigorillo del 2-2 per una cannonata sul braccio di Alex Sandro, immobile, mentre non guardava, con il pallone verosimilmente toccato prima dal petto; ok, quest’anno si usa così, ma qui siamo davvero ai limiti;
- che a qualche minuto dalla fine Koulibaly, già ammonito, rifila un calcione di frustrazione a Dybala che ha ricordato il surreale colpo di Totti a Balotelli; niente il guardalinee a due passi, niente l’arbitro, niente il Var, si continua per l’assalto finale in dieci contro dieci;
- che su quell’intervento, con la Juve che manda fuori il pallone per soccorrere Dybala a terra, il Napoli (come già fece l’anno scorso) non restituisce il pallone, tra il boato della folla; e qui, ahinoi, c’è ben poco di controverso;
- che quindi, partendo da meno 13 in classifica, contro una Juve giù di corda da un po’ (come facilmente riscontrabile durante il secondo tempo di ieri), il Napoli in casa, sotto 2-1, con più di mezz’ora a disposizione e con un rigore a favore, non riesce neanche a pareggiare (come avrebbe meritato, sia chiaro), altro che vincere o addirittura a ribaltare le due reti di scarto nello scontro diretto.
In breve, Rocchi sbaglia di certo solo una cosa: la mancata espulsione di Koulibaly.
Ma il solito racconto, lo sappiamo bene, serve a questo, a dimenticare alcuni episodi e stigmatizzarne altri. Così, come al solito, il tema diventa quello, il 95 per cento dei tifosi napoletani si sente defraudato (“avete visto tutti, come al solito…”), nella memoria degli appassionati resterà il rosso a Meret, un gran numero di tifosi di altre squadre limita l’analisi a quell’ “episodio decisivo”, nessuno pensa che forse si debba fare qualcosa in più di un bel secondo tempo per avvicinarsi alla Juve staccatissima in classifica, soprattutto nessuno pensa che forse, se uno il calcione lo ha subito sul serio e non simula, magari la palla la andrebbe restituita lo stesso anche se sta prevalendo la rabbia e la frustrazione. Perché vincere non è l’unica cosa che conta, no?
E tutto questo non aiuta neanche noi, perché anche qui avremmo cose più importanti di cui occuparci, con una squadra che non trova sicurezza neanche sul 2-0 con un uomo in più. Sia chiaro, se sei sopra di un gol o due in casa della seconda, in un ambiente non proprio amichevole, con 13 punti di vantaggio, è preventivabile subire un assedio dai rivali per la ricerca disperata del pareggio, ma la Juve è ancora convalescente, con una condizione fisica non brillante, un’autostima da ritrovare al più presto e l’ormai frequente eccessivo arretramento del raggio di azione con Ronaldo troppo abbandonato davanti, problema cui deve porre rimedio al più presto Allegri, per non andare incontro alla prima netta bocciatura europea della sua esperienza juventina. Una serie di premesse che rende complicato, oggi, essere ottimisti in vista di una possibile rimonta tra una settimana contro una squadra che sa difendersi e giocare con intensità come nessuno.
Ma a questo pensavamo fino a ieri e penseremo da domani. Per oggi è giusto godersi la vittoria in un campo in cui non ci amano alla follia e in cui da tempo non vince nessuno; l’incredibile più 16 in classifica; un campionato, a oggi, con 23 vittorie, 3 pareggi e 0 sconfitte; l’ottavo scudetto di fila, una cosa che non pensavamo di vedere e certamente non vedremo mai più nella nostra vita, a un passo sul serio.
Tutto questo, è superfluo specificarlo, grazie a quell’episodio decisivo. E sia chiaro, eh, siamo tutti d’accordo: a voi piace pensarla così, a noi piace che la pensiate così.
Il Maestro Massimo Zampini.