Nove minuti di digiuno

Come quella volta in cui organizzai un weekend pasquale a Palermo e la mia compagna scoprì il sabato pomeriggio, felice dopo diverse panelle ed entusiasmanti assaggi di frutti di mare, che alle 18 ci sarebbe stata Palermo-Juve – e non un Palermo-Juve qualunque, ma quel Palermo-Juve, quello di Bonucci che svetta di testa e supera il Milan fermato nel pomeriggio dall’implacabile Amauri (oltre che dalla mancata concessione, solamente due mesi prima, del gol di Muntari) – quest’anno le nostre vacanze terminano casualmente venerdì 19 agosto, vigilia dell’esordio del campionato di Serie A.

L’anno scorso un’estate tormentata con addii dolorosi si andava concludendo con una vittoria in Supercoppa e sconfitte in qualunque altro posto, Padoin regista nei primi match, beffardi e un po’ avventati “ooops” sui social ed Hernanes ciliegina sulla torta del solito (da me) odiato ultimo giorno di trattative.

Quest’anno, pur beffati un po’ ovunque sul mercato, qualche buon giocatore siamo comunque riusciti a portarlo a casa e, a quanto pare, abbiamo perfino sventato l’ulteriore beffa di vederci soffiare sotto il naso i nostri promessi Berardi e Bentancur dalle prodi milanesi, rapaci come mai.

I nostri colpi più importanti, tuttavia, sono stati presi bene dalle rivali.

In particolare Higuain, salutato con la dovuta riconoscenza (e vorrei vedere, dopo miriadi di gol e 90 milioni in cassa) dall’ormai maturo ambiente napoletano, che ha incassato senza troppi traumi la cessione voltando pagina repentinamente.
Anche Sarri, nella conferenza stampa della vigilia e in quella – piuttosto rapida – del post partita, ha mostrato di avere appreso la lezione dello scorso anno, utilizzando un linguaggio più misurato, palesando maggior distacco verso le vicende di casa altrui e allontanando vigorosamente il facile appiglio ad alibi e recriminazioni assortite.

Quanto alla Roma, ha avuto gioco facile a dimenticare Pjanic in quanto, a detta del suo allenatore, qualsiasi suo centrocampista – permangono dubbi solo su Vainqueur, ingiustamente non citato dal mister – è ben superiore al simpatico ma sopravvalutato bosniaco.

E così, dopo un’estate di questo tipo, mi ritrovo catapultato direttamente dalla placida Grecia al fascio di luci, musica ed entusiasmo dello Juventus Stadium, nel match contro i nostri storici rivali della Fiorentina (tra i vari record, abbiamo infatti anche quello di essere l’unica squadra cui capita quasi settimanalmente di affrontare i nostri rivali storici).

Ora, pur scrivendo su un sito juventino la mia onestà intellettuale mi impone di pormi una questione preliminare: è giusto che la Fiorentina debba giocarsi la finale per il trofeo più importante della sua stagione già alla prima partita, il 20 agosto, con la squadra ancora imballata e il mercato ancora aperto?

Non faccio in tempo a darmi una risposta che è già cominciata la partita e assisto al quarto d’ora più entusiasmante che ci si potesse attendere, con ritmo, tecnica, divertimento: Alves e Dybala si scambiano la palla come se fossero uno che ha giocato nel Barcellona e uno che ci giocherà, Khedira come un Lazzaro perfezionato si alza, cammina e a momenti fa pure gol, anzi dopo qualche minuto lo fa sul serio su cross del sempre morbido piede di Chiellini, il quale pronti-via già fornisce il primo della consueta serie di strabilianti assist della sua stagione, Dybala a momenti fa il gol più bello di tutto il campionato con otto mesi ancora da giocare.
Il primo tempo viene gestito senza problemi, i ragazzi viola sentono la pressione della finale (capita anche a noi in Champions, tranquilli) e si va al riposo così, ahimé solo 1-0, perché inevitabilmente caleremo e i nostri storici rivali daranno l’anima per recuperare e portare a casa il trofeo.

Così si riparte un po’ più soft, senza rischiare nulla ma concedendo un po’ di campo, finché non arrivano due momenti impossibili da dimenticare.

Prima si sente un boato, un brivido che non si percepiva da un po’ – forse dal primo calcio d’angolo battuto da Pirlo in quello Juventus-Parma della rinascita, con centinaia di tifosi che scendevano dal proprio posto per vedere il maestro da vicino e incoraggiarlo – per l’ingresso in campo di Higuain.

Subito dopo arriva un calcio d’angolo per i nostri storici rivali e gran parte dello stadio, Alex Sandro compreso, viene simultaneamente assalita dalla sindrome di Thereau (“sensazione di incredulità e spossatezza che assale chi sa che sta per prendere gol, a metà agosto, dalla squadra rivale che fino ad allora non si è mai avvicinata neanche alla linea di metà campo, se non per battere il calcio d’inizio”): Kalinic ne approfitta, i tifosi fiorentini impazziscono sugli spalti, quelli del Napoli sul Twitter, noi ostentiamo facce sicure perché “pure l’anno scorso” blablabla.

E lì, proprio lì, mentre i tifosi fiorentini ancora gioiscono – evidentemente convinti che partito Morata non segneremo loro mai più mentre esultano – che Asamoah vede Khedira (in alcuni mesi dello scorso anno la scena si verificava solo in infermeria), lo serve, il tedesco ha il problema di girarsi (cit.), tira, la sfera  viene deviata e in uno spazio che non esiste piomba Higuain, in posizione regolare (anche la pancia era infatti dal di qua dell’ultimo difensore viola), il quale vede un altro spazio che non esiste e la mette esattamente là, scatenando un boato che non ricordo da tempo e correndo poi a esultare come un matto, le braccia larga e la faccia che è tutta una risata, una liberazione, visto che ha finalmente rotto un digiuno di ben nove minuti che sapeva già di “crisi Higuain”.

Il finale mette un po’ di apprensione, ma nulla che abbia a che vedere con la sindrome di Thereau: sugli spalti c’è solo entusiasmo, siamo ancora ammirati da quel primo tempo ed elettrizzati da quel gol, esattamente il gol che volevamo, nel momento in cui lo volevamo, e ora dal fischio finale, che cancella la falsa partenza dell’anno scorso.

E gli avversari? Gli storici rivali? Niente onore delle armi? Non sia mai.

Li consoliamo con una celebre citazione del film tratto dal libro dei libri in materia, in cui Nick Hornby spiega a chi non comprende a fondo la magia del calcio che “la cosa stupenda è che tutto questo si ripete continuamente, c’è sempre un’altra stagione. Se perdi la finale di coppa in maggio puoi sempre aspettare il terzo turno in gennaio, che male c’è in questo? Anzi, è piuttosto confortante, se ci pensi”.
Ecco, amici nostri, il 15 gennaio 2017 avete già un’altra finale a disposizione. Non è confortante, tutto questo, se ci pensate?

Il “Maestro” fonte di juventinità Massimo Zampini.