di Caterina Baffoni
Scrivere a due giorni di distanza dalla notte di Monaco, è cosa più semplice, seppur dopo una delusione. Infatti non scriverò della partita nello specifico, ma cercherò di ampliare il discorso alle reazioni dei risultati della Juve in Europa nell’ultimo ventennio, così da avere una visione complessiva del fenomeno Juve in Italia e agli occhi degli altri paesi europei.
Già, Juve-Europa. Quasi come fosse il titolo di un romanzo che parla di un amore mai sbocciato veramente. Ogni volta è come fosse una scalata del K2 o dell’Everest terminata a pochi metri dalla cima con il mancato supporto di tutti. Ovviamente, non dei tifosi bianconeri. E’ come se ci si aspettasse(e alcuni se lo augurano proprio) una debacle ricorrente della Signora in campo europeo. Un traguardo così desiderato quanto spesso svanito sul più bello. No, non voglio fare la parte della pessimista di turno, come molti non sportivi si augurano. Sì, avete capito bene: sono colma di ottimismo dopo una sconfitta cocente del genere. E sapete perché? Perchè con tutta l’emergenza degli infortuni e delle assenze pesanti, soltanto il minuto di recupero(sfortuna? Coincidenze? chiamatele come volete) è riuscito a battere una delle due squadre super favorite alla vittoria della coppa, guidata dall’allenatore più blasonato che ha cambiato il calcio nell’ultimo decennio. Lo stesso Guardiola, è riuscito a fare più complimenti alla Juventus in due settimane, che non l’intera “penna” giornalistica italiana negli ultimi 5 anni.
Tutto ciò è ovviamente opinabile, parziale e soggettivo. Ma a volte, la svolta vera e propria di una squadra e di un gruppo è determinato dal criterio con cui si affronta un determinato avvenimento storico, come una partita di calcio, in questo caso.
L’Italia è quel paese così strano, in cui tutti si augurano di trovare una squadra della penisola tra i primi posti del Ranking Uefa, ma è la prima a sperare che una stessa squadra Italiana venga sbattuta fuori dal primo avversario di turno.
Ma l’Italia è anche quel paese dove il tifoso della propria squadra,(ovviamente non si intende generalizzare, sia chiaro) è il primo a non crederci quando si scende in campo. Come per altri aspetti, il calcio funziona da amplificatore di sentimenti che scorrono sottopelle nella società e ne rappresentano i tratti meglio di molti trattati sociologi, filosofici o editoriali giornalistici.Io credo che al di là delle sconfitte o delle vittorie, quello che può realmente portare un cambiamento, nello sport e nella società, è il dialogo. Sano e non mosso sempre dalla macchina dell’odio. Il dialogo e l’educazione, intendendo per questo l’intervento formativo delle istituzioni sportive, ma non solo. Un allenatore come Sacchi, esperto ai massimi livelli di calcio, che prima di un match valevole per l’accesso ai quarti di finale di Champions paragona e minimizza la Juventus al Rosenborg (con tutto il rispetto). Una squadra come il Napoli, eliminata dall’Europa League ed in piena lotta scudetto, festeggia il mancato passaggio del turno dei bianconeri. Il tutto trasmesso nelle televisioni e nei giornali come niente fosse. In questo caso specifico, gli sfottò sono la bellezza del calcio, e si sa. Ma ci sono modi e modi.
Il modo con cui si affrontano gli avvenimenti sportivi e non solo, è il nodo nevralgico del sistema sportivo italiano. Giornalisti esperti che prima evidenziano il peggio di una squadra e le sue lacune, anzichè mostrare spiragli di successo. L’ignoranza combinata all’arroganza, l’arroganza data dall’ignoranza, trova numerosissimi esponenti nel calcio, a tutti i livelli. Negli altri paese questo non accade. Non domandiamoci però, perchè le altre squadre europee hanno più vita nelle competizioni rispetto alle nostre.
Il problema riguarda non solo gli appassionati di calcio e chi lo pratica e lo gestisce, e non è purtroppo nuovo tutto questo. Invece di aiutarci a vicenza, siamo incredibilmente fenomenali, unici al mondo, a distruggerci a vicenda. Il problema di fondo e più grave, è che tutto questo ci piace.
I tifosi-contro sono infatti quelle persone che odiano tutto ciò che incontri il favore della maggioranza o che può far bene ad un’intera comunità. Come sentono aria di passione popolare i tifosi-contro devono anzitutto far sapere al resto del mondo che loro anche se non gioca la propria squadra, sperano che un’altra perda. Questo è un atteggiamento buffo, perchè soprattutto persone professioniste ed esperte di calcio, in Italia sfoggiano questo atteggiamento da professori sfiduciati verso la propria classe di studenti considerandoli “asini” a prescindere, prima di far loro un esame.
Fatto sta, che i tifosi-contro, anche se spesso non se ne rendono conto, partecipano all’evento collettivo appunto nelle vesti di chi condanna la partecipazione nonostante ne vada a discapito dell’intera comunità. Perfetto l’esempio del Ranking: Juve, Roma e Lazio eliminate per la gioia di tutti gli altri tifosi? Nessuna possibilità della propria squadra di partecipare alle competizioni europee se non ci si classifica almeno terzi.
Non mi è chiaro se lo fanno perché hanno in odio tutto ciò che sa di popolo o di collettività, o se questa è una forma di vendetta sportiva che si riflette nei confronti di uno Stato dal quale si sentono tutti tagliati fuori. Se l’ultima ipotesi è corretta, bisognerebbe proprio saper incanalare in modo più concreto e serio la propria inspiegabile rabbia.
D’altronde, non c’è nulla di nuovo sotto questo cielo italiano.