In una cornice di basso livello, uno Juve-Fiorentina fra i più modesti della storia recente, lo Juventus Stadium si è innamorato di Rodrigo Bentancur.
Prestazione imperiosa quella dell’uruguagio all’esordio dal primo minuto in Serie A. Nel primo tempo ci ha fatto vedere tutte le caratteristiche del suo modo di gestire il pallone: testa alta, tanto coraggio e ricerca immediata della soluzione verticale più vicina. La palla esce dai suoi piedi con i giri giusti, precisa e veloce. Un giocatore diretto, reattivo con gli occhi e con la testa, che ha tante buone idee e non teme di metterle in pratica. Un acceleratore della manovra più che un regista.
Nel secondo tempo ha impressionato la maturità con cui ha gestito le proprie forze, senza perdere d’intensità nei momenti chiave. Ha vinto tantissimi duelli, uscendo in modo sontuoso da situazioni spigolose di corpo a corpo. Ha subito due tunnel senza patire il minimo contraccolpo psicologico. Non ha mai smesso, fino al 90esimo, di proporsi come primo riferimento per la circolazione del pallone. E quando è entrato Pjanic e si è passati al centrocampo a 3, il mister ha mandato il bosniaco a fare la mezzala, lasciando Rodrigo davanti alla difesa: segno di fiducia enorme nel senso tattico e nella maturità di questo ragazzo del ‘97.
Non so voi, ma era da tanto tempo che un giovane agli esordi con la nostra maglia non mi colpiva in questo modo. Non è solo questione di qualità tecniche. Certo il tocco di palla e la conduzione sono da grande centrocampista, ma se è vero che siamo sempre più affascinati dalle cose che non abbiamo, allora forse bisogna guardare altrove per “leggere” il senso di questo colpo di fulmine. La realtà è che Bentancur ha giocato come un vero leader, senza mai uscire nemmeno per un secondo dalla partita. Non ci siamo abituati. E il tema, come abbiamo appreso di recente, è molto caro anche ad Allegri.
Davide Rovati.