PAGELLIBUS 2018/19:

Szczesny 7
La maglia della Juve pesa, quella numero 1 ancora di più.
Quella numero 1 dopo 16 anni di Buffon è una cotta di maglia che a fatica avrebbero indossato i cavalieri del medioevo.
Wojciech c’è riuscito. Un portiere serviva, un portiere abbiamo trovato.

Perin 5,5
È un bravissimo portiere, ma non è un bravissimo numero 12.
Non è la stessa cosa.

Alex Sandro 6
Completato il suo processo di normalizzazione, dopo una cura Ludovico, è diventato un difensore di fascia attento, però si sente la mancanza di quel pizzico di “locura, la pazzia, la certezza”… quella che “se l’acchiappi hai vinto!”.

Barzagli 9 (alla carriera) 
Ha giocato poco e il suo infelice inserimento al termine della partita casalinga col Manchester ha segnato la fine dell’illusione di una Juve finalmente diversa, come la caduta di Odoacre segnò la fine dell’impero romano d’occidente.
Il voto è alla carriera, sperando di rivederlo presto tra i quadri dirigenziali.

Bonucci 5,5
Tornato dopo un anno di espatrio, doveva riprendersi la Juventus e la sua rivincita, invece si è reso spesso protagonista di errori marchiani e distrazioni varie.

Chiellini 8
Condottiero capitano. Stagione con poche presenze (23 fino ad oggi) e dobbiamo cominciare ad entrare in questa ottica per il futuro. Peccato non averlo avuto nelle due sfide contro l’Ajax

Rugani 6
La divinità di Chiellini e l’arrivo di Bonucci gli hanno tolto aria e spazio. Ha fatto esperienza, ha preso botte e dimostrato di saper tenere la testa su nonostante tutto.
L’anno prossimo dovrà essere quello decisivo, in un senso o nell’altro.

De Sciglio 6
Alla fine fa il suo ma sembra sempre un vorrei ma non posso. Utilissimo negli equilibri da apprendista stregone di Allegri, “ha fatto anche delle cose buone”.

Cancelo 7
Ha dimostrato di essere un giocatore superiore, capace di dare il cambio di ritmo, di “sparigliare le carte“, musica per le orecchie del mister. A volte un po’ disattento in difesa, un po’ per scelte tattiche un po’ per testa tra le nuvole.

Spinazzola 6,5
Gioca poco ma gioca bene. Difficile fare un compendio quando le apparizioni sono così limitate, resterà negli occhi la grande prestazione contro l’Atletico.

Caceres 5,5
Il suo ritorno è la mano passata tra i capelli con imbarazzo dopo che ti accorgi che l’avevi alzata per ricambiare un saluto che non era per te.

Benatia 6
Dal manuale “come non gestire la cessione di un calciatore”, peccato.

Bentancur 6,5
Soprattuto in autunno ha mostrato le sue cose migliori, poi si è perso in un contesto tattico nebuloso. Buoni propositi per il 19/20: titolare fisso.

Emre Can 6,5
Stagione complessa: “se il buongiorno si vede dal mattino” come diceva Pozzetto, il tedesco arriva a Torino appena rientrato da un infortunio alla schiena che gli era costato il mondiale. Poi a fine ottobre il nodulo tiroideo. Deve aver pescato la luna nera.
Tornato a pieno servizio ha dimostrato tutto il suo valore. Negli occhi di tutti rimane la splendida prestazione di Torino contro l’Atletico.

Khedira 5
È un grandissimo giocatore con una intelligenza superiore.
Parlandone da vivo.

Matuidi 6
Utilissimo e generoso come un Furino o un DiLivio è un fortissimo incontrista messo a inseguire gli avversari. Che è come avere un cane da tartufi e metterlo a guidare ciechi.

Pjanic 6
Giocatore paraculo come pochi ha dato spesso l’impressione di giocare con l’occhio alla statistica e alla pagella. Ha cambiato spesso collocazione e compiti, ha fatto partite bellissime che solo lui poteva fare e sbagliato altre che solo lui poteva giocare così male.
Penalizzato dall’arrivo di CR7 nella battuta delle punizioni, l’unica che calcia la mette dentro, a Napoli.

Bernardeschi 6
Montagne russe: ha alternato prestazioni eccellenti e robe obbrobriose, in campionato e in CL. Può essere un valido componente della rosa ma per la titolarità ancora non ci siamo.

Cuadrado sv
“È morto”.

Niccolussi Caviglia 6
Il carattere c’è, i piedi pure.

Douglas Costa 5
Le poche volte che si accende fa capire di cosa è capace in campo. Chissà “se quel palo sarebbe andato in gol” ad Amsterdam, forse staremmo parlando di un’altra stagione, per lui e per noi. Allegri non lo vede, lui spesso non si è fatto vedere.

Dybala 5,5
Uno dei grandi equivoci dell’anno: schierato spesso fuori ruolo, per un po’ ci ha provato, poi ha mollato. È quello che sembra aver risentito più di tutti dell’ingombrante presenza di Ronaldo. Fuori dall’idea tattica di Allegri, la stagione finisce con un probabilissimo “ne resterà soltanto uno”.

Mandzukic 5,5
Determinante per i primi 4 mesi, poi si da alla macchia. Il 2019 è l’anno del rinnovo e quello della sparizione. Ad oggi zero gol e un infortunio che profuma di altro. Inspiegabile cambio di rendimento come inspiegabile la testardaggine di chi l’ha tenuto in campo anche quando non dava segni concreti di vita.

Cristiano Ronaldo 7,5
26 gol totali finora, sotto la sua media. Ci mette un po’ per sbloccarsi ma poi non si ferma più.
Determinante in campionato ma preso principalmente per la CL (oltre che per il marketing) comincia col tragicomico rosso a Valencia, poi un girone senza troppi lampi e un solo gol, ma arrivato a febbraio quando la musichetta della CL suona più forte svolta: 5 gol in 4 partite.
Lui il suo l’ha fatto.

Kean 7
Esploso negli ultimi momenti di questa stagione ha dimostrato di poter mantenere le promesse. Forse non c’eravamo più abituati ad un attaccante che punta la porta, che attacca lo spazio, per questo ci siamo lustrati tutti gli occhi nel vederlo.
Dall’anno prossimo si fa sul serio.

Allegri 5
La vittoria dello scudetto consecutivo numero 8 non era scontato né facile anche se si è rivelato più agevole di qualsiasi previsione ottimistica.
Nulla va dato mai per scontato, stiamo vivendo un periodo irripetibile della nostra storia.
La Juve mette il pilota automatico ad una velocità tale da rullare tutti gli avversari, vincere gli scontri diretti fino a quando serve (i prossimi saranno poco più di amichevoli), seminare il Napoli già sotto l’albero di natale.
Alla fine però è proprio questo che frega Allegri, la pigrizia tattica di chi non ha voluto esplorare abbastanza. Il mister livornese, quello per cui il calcio “è molto semplice” ha pagato a carissimo prezzo l’immobilismo della sua squadra e quella rivoluzione interrotta a metà con un’abiura galileiana dopo una sconfitta (comunque indolore) al termine di una partita giocata splendidamente a Torino col Manchester Utd.
“Se prendi due gol non vinci” fu il sinistro richiamo tra il serio e il toscano in conferenza nel post.
Da lì in poi il progetto tattico si è accartocciato su se stesso, l’incendiario è tornato pompiere, i mille punti di vantaggio in campionato potevano permettere esperimenti che non si sono mai visti e la sveglia è suonata fortissima a Madrid in casa del Cholo Simeone.
Nel plot stagionale non è mancata la prestazione perfetta offerta con l’acqua alla gola, con un piede già fuori dalla coppa dei campioni, quel 12 marzo che ci ha fatto perdere il sonno ubriachi di felicità, notte in cui la Juve ha dimostrato tutto il suo valore e potenziale segnando 3 gol ad una squadra che 3 gol li subisce praticamente mai.
Cristiano Ronaldo ha fatto il GOAT, tutti noi abbiamo sognato la svolta, ma era un sogno destinato a durare poco: con l’Ajax si sono rimaterializzati tutti gli incubi già vissuti precedentemente. E i sogni belli come gli incubi hanno lo stesso finale: ti salutano lasciandoti l’amaro in bocca e “un peso tra lo stomaco e il cuore”.
Grande occasione persa, non tanto vincere la coppa orecchiuta, perché la sicurezza non può dartela nessuno e quella anforaccia non è tua fino all’ultimo secondo della finale, ma di fare quel salto avanti che permettesse alla squadra di sfruttare il potenziale al massimo.

Buoni propositi per il futuro? È stato uno splendido viaggio MrA, ma è arrivato il momento di dirsi addio. Grazie di tutto, davvero.
Sperando che questa estate non sia il remake della scena finale di “lo chiamavano trinità” con Allegri nei panni di Terence Hill.

Willy Signori.