Parlano di cuore e offendono. Urlano la passione e berciano come più non posso. Si vantano di un loro vecchio giocatore che prima di entrare in campo, in tutte le partite e non solo nel derby, si puliva gli scarpini con la bandiera di quelli che dovrebbero solo esser cugini avversari e invece per un po’ diventavano nemici. La Juventus è altro. È Platinì che corre, gioca, segna. È Del Piero che non ha mai denunciato giornalisti malgrado offese, diffamazioni e calunnie varie. Sopportare e vincere. È il destino di chi è simile a degli eroi, come dice l’inno bello e domenicale.
Il Torino vuole essere una storia diversa. Gomitate in faccia e anima avvelenata. Gufate a più non posso e scritte per ringraziare questo o quell’attaccante che ha fatto il suo contro i gobbi. Non è di questo mondo il plauso per i bianconeri. In mezzo ci hanno messo la poetica della classe operaia, del campione scomparso nel fiore degli anni, del presidente che gioisce perché non viene costruito lo Stadium. Poi però la realtà è diversa e le loro speranze finiscono nel vicolo cieco della cronaca, dei giocatori che non diventano mai nulla.
Eppure l’osservazione più corretta dovrebbe porre le due torinesi sulla stessa barca. Invece quelli comandano davvero il vapore impongono la divisione, il cugini e coltelli che non avrebbe mai visto spartizioni come quelle ben conosciute all’ombra del Colosseo. Il Torino deve esser nemico? Rispondere con chissenefrega è troppo? Giocheranno alla morte per farci perdere lo scudetto? Proveranno a rompere le uova nel paniere di Buffon? Non fanno paura a nessuno. Pogba e compagni sono pronti. Hanno passato confini ben più gravi e importanti. Queste partite che restano fino al termine del campionato possono essere solo un allenamento. Basta crederci. E volerlo.
Simone Navarra.