Parola e parole

Carlo Parola è stato un giocatore della Juventus e un allenatore con i fiocchi. Ha vinto scudetti e coppe Italia in anni lontani, dove la Vecchia Signora non riusciva ad imporsi, oscurata dalle milanesi. Eppure un gesto di questo campione spesso dimenticato, la rovesciata, è stata ritratta sulle figurine Panini ed ancora è il simbolo di quel passatempo che avvicina al dorato e splendido mondo del pallone. Gli almanacchi ricordano che quel momento tecnico, per molti versi unico, avvenne il 15 gennaio 1950, all’80’ di Fiorentina-Juventus. Tenere in mente adesso quei fotogrammi sgranati, quelle vite, deve far applaudire i ragazzi con indosso la maglia a strisce bianconere. E la storia di Parola deve essere un motivo per i dirigenti, la società, a tenere insieme tutti gli alfieri di questi ultimi anni, di questo lustro magico, iniziato con il vomito di questo o quel giocatore su un campo d’allenamento negli Stati Uniti. Poteva andare meglio l’anno scorso a Berlino oppure negli ultimi schifosi minuti di Monaco? Certamente. Ma le cose vanno come devono andare fino a quando non si fa voltare indietro il destino. Se poi uno avesse una macchina del tempo si può esser certi che più di un mito dell’82 quella finale di Atene la rigiocherebbe subito.

Sarebbe bello che tutto finisse presto. Anche prima della partita con il Carpi di quel mister che era sulla panca del Rimini tanti anni fa. In faccia a quella maledizione che ogni tanto si abbatte sullo sport, premiando i rossi del Liverpool e bucando le ruote dei rossi del Benfica; eleggendo a santoni dei tecnici sconosciuti e perduti nel tempo come Arthur Jorge e bocciando autentici pezzi di storia del calcio. Perché Maradona e Falcao quella coppa non l’hanno vinta. Eppure non erano certo da meno di tanti loro colleghi. Paulo Sousa è accarezzato e ricordato da tanti juventini, per le sue geometrie semplici quando era in campo e quell’aria morbida di far giocare bene la squadra. Come testimone, nella prossima partita, è quasi perfetto. Si può immaginare che dentro il capoluogo toscano lo stiano già mettendo all’angolo. Li sento dire: “Puoi andare in Russia o dove vuoi, ma l’importante è che vinci con la Juve”. Staranno catechizzando quelli col contratto in bilico e quegli altri dal futuro assicurato. E’ l’eccezione che diventa regola questa prima della classe e vince partite e incontri, bruciando record e tabelle, indicando una strada di successo che andrebbe applaudita a più non posso. Il 1 maggio, in ogni caso, si può organizzare una festa. Perché con la Juventus si può guardare al futuro senza timori, con il cuore pieno di speranze.