Confesso di essere totally addicted, e quindi di parte, per Paulo Dybala. Nel senso che ogni cosa che fa su un campo di calcio mi riempie, mi fa stare bene, mi sembra sempre quella più giusta, l’unica possibile. E, quando proprio non va, sono gli altri a non capirlo, a non parlare la sua stessa lingua (ma se così fosse sarebbe solo uno dei tanti, quindi meglio…).
Non è così, ovviamente. Ci sono anche per lui quelle pieghe della partita in cui il consueto equilibrio tra istinto e ragionevolezza che lo contraddistingue, viene soppiantato dalla voglia di strafare, dal provare a far saltare il banco a modo suo, che non sempre è quello che la partita stessa richiederebbe. Ma, per il resto, vederlo giocare come nei primi 20 minuti ti fa dimenticare tutto, compresi gli sproloqui sulla sua posizione (perché confinare il talento in una sola porzione di campo, del resto?), sul fatto che venga a prendersi palla troppo indietro, sul suo subire la presenza di un Higuain che ha bisogno di tanto spazio per poter esplodere tutta la sua potenza. Dybala è, semplicemente, troppo forte. E’ ovunque, è trama e ordito insieme, fa e disfa a piacimento, si va al suo ritmo e si fa come dice lui. E non guardate i due assist a Khedira (ahi, Sami…), quelli sono il meno, Guardate tutto il resto, quello che fa (o non fa) e quello che fa fare a chi è costretto a stargli dietro. Se non vi viene in mente Messi è perché non avete mai visto giocare Messi.
Il quale, però, dopo 20 minuti continua con quell’incedere, con quel suo lavorare l’avversario ai fianchi, con il suo essere tremendamente superiore anche quando non ne avrebbe più, piazzando, anzi, la stoccata decisiva quando sei convinto che, forse, per oggi basta così. Ma Messi, appunto, è sempre Messi, Dybala è ancora Dybala, non è ancora del tutto continuo ai grandi(ssimi) livelli e tendente a cedere alla stanchezza quando, ove non riesci ad arrivarci con lo scatto, puoi arrivarci con il cervello e con la giocata più semplice. Eppure sarebbe comunque bastato per portare agilmente a casa i primi tre punti. Pjanic o non Pjanic, Allegri o non Allegri.
Il giorno che Dybala troverà il suo autore (e non manca poi molto) molti dei nostri problemi saranno risolti e partite così le vinceremo grazie a lui. Fino ad allora, in paziente attesa, senza cavalcare isterismi che hanno il solo effetto di far gongolare altri personaggi (loro si realmente e vanamente in cerca d’autore), rendiamoci conto che potrebbero bastarci anche quei 20 minuti divini. A patto di buttarla dentro. Che, filosofia spicciola di queste righe a parte, è tutto ciò che conta. Soprattutto in questa Coppa che Eupalla ci ha maledetto in eterno.
Claudio Pellecchia