Luciano Spalletti sarebbe potuto diventare allenatore della Juventus? Forse. E’ una storia di anni recenti eppure lontani. Qualche operatore di calciomercato ricorda che, allora, fu organizzata una amichevole per cercare di convincere il tecnico di Certaldo a intraprendere il decisivo viaggio per Torino, ma lui si tirò indietro. C’è chi dice che consigliò Ciro Ferrara, suggerì un amico e rimandò a data da destinarsi ogni cosa. In casa bianconera restò un sapore agro, di fregatura. Per questo non se ne fece nulla, si spiega. Resta il valore del personaggio, il peso del modo di fare, la forza data dal gioco di alcune sue squadre. A Roma, in questi giorni, si dibatte molto del carattere di Spalletti, della sua umanità, dell’essere più o meno attento alla storia ed ai valori, che significano Daniele De Rossi e Francesco Totti. Le radio, le televisioni, i commenti dei quotidiani più diffusi in riva al Tevere, sono tutto un florilegio di psicologie, di analisi e di relazioni. E’ il carattere, suggerisce qualcuno. Bisogna guardare i risultati, risponde un altro. In mezzo a tutto questo il rammarico per le cose che potevano essere e non sono state, per spiegarla con Guido Gozzano (che non era un calciatore), viene più guardando la parabola di Giampaolo o Verratti e non quella di Spalletti.
Massimo Allegri è il toscano giusto, l’uomo del destino, quel mix di Capello e Lippi a cui si può donare un Platinì od un Dybala per far diventare maionese il battuto delle uova. Questo è il panorama da immaginare. Il paesaggio con una sfida in salita con il Bayern e dieci partite di campionato raccontate da tv e giornali che vogliono tutto tranne un quinto scudetto firmato Vecchia Signora. E’ il muro di idiozie e pregiudizi, quello che Marotta ha sempre saputo aggirare. E’ la sciocca risposta dell’intrattenitore di turno, il ballo idiota del campione di periferia che mai diventerà come Del Piero e resterà incompiuto e confinato al recinto dei giornalisti amici che firmano biografie e interviste. Allegri da mezzala titolare ha fatto poco o niente e quasi tutto in provincia. Sarà per questo che merita, da allenatore, di divertirsi con Pogba e Sturaro, Khedira e Marchisio. Alcuni amici spiegano che Paul, il nostro Paul con i capelli colorati e la forza dentro come un Jedi, dovrebbe stare lì in mezzo, con un alfiere a destra e uno a sinistra. Perché lì si impone meglio. Allegri la vede diversamente. Come Conte fino a che c’è stato. Quasi come Deschamps che ha poco in nazionale transalpina.
Le prossime partite non me le godrò, l’ammetto. Troppa tensione all’ombra del Colosseo, in faccia a quelle televisioni che parlano di quinto scudetto da mesi e gioiscono per ogni infortunio o piccolo disastro. Non sarà una bella serata nemmeno quella con il Bayern, a casa loro. Perché bisognerà sopportare ancora queste critiche interessate, frutto di pennivendoli strabici. Neanche la programmazione riescono a premiare. L’oculatezza di dirigenti che quasi non hanno eguali in questo Paese che non merita quasi la maiuscola. Il racconto di Domenico Berardi non riescono più a farlo. Troppo piegati a leccare le risposte di quelli che dicono che forse alla Juve non lo mandano, che magari lui ha voglia di altro, che forse sarebbe bello provare una esperienza in Inghilterra od in Cina. Verrebbe voglia di urlare ‘Mandateci Balotelli’ e ve lo rimettiamo a posto. Verrebbe voglia di partecipare al dibattito con il savoir faire di Zampini o l’anima pugnandi di Angelini o Corsa. Ma poi uno capisce che è arrivata l’ora di far cambiare la storia e allora ad Allegri chiede solo di far giocare Zaza e Sturaro con il Bayern.
Simone Navarra.