Prima gara ufficiale con la Juve e primo gol a condire una prova di classe e sostanza. Se il buon giorno si vede dal mattino, l’avventura di Miralem Pjanic in bianconero ha davvero ottime prospettive. Eppure, non si accontenta: Abbiamo vinto, questa è la cosa più importante, abbiamo preso i tre punti e ne siamo felici, ma possiamo ancora fare meglio. Abbiamo preparato bene la partita contro il Sassuolo che è una bella squadra, ma per esempio potevamo essere più cattivi in zona gol, segnandone anche un paio in più».
Continua Miralem: «Abbiamo tanti attaccanti e tanti giocatori in squadra, giochiamo per raggiungere grandi obiettivi e lo vogliamo fare tutti insieme». Riguardo alla sua posizione: «Oggi mi sono trovato molto bene, posso giocare da mediano o da regista, dovunque il Mister mi chieda. L’intesa con i compagni è ottima».
Infine, fari puntati sul Siviglia: «Una grande squadra abituata a questi palcoscenici: mercoledì iniziamo la Champions e ci teniamo a cominciare nel migliore dei modi, con una vittoria».
Sentite le sue parole ai microfoni di Jtv:
Miralem Pjanic e gli insegnamenti di Mike D’Antoni
In Nba lo chiamano outlet pass, il passaggio che da avvio al contropiede dopo il recupero palla sulla transizione avversaria. Ignoriamo quanto Miralem Pjanic abbia familiarità con la pallacanestro ma, di fatto, il gol dell’1-0 è al 90% merito del suo outlet pass: da lui, a Khedira, a Dybala, a Higuain. Tutto in verticale, tutto in uno spazio tra i 5 e i 7 secondi in quella seven seconds or less che è il caposaldo dell’impiantistica di gioco di Mike D’Antoni, che da stella assoluta dell’Olimpia Milano degli anni ’80, è diventato un discreto allenatore oltreoceano. Il contropiede perfetto è quello che dura massimo 7 secondi, altrimenti ci si ferma e si ricostruisce. Nel calcio, nel basket, forse anche nella vita.
L’intera partita d’esordio di Pjanic in bianconero sembra presa dal libro del perfetto playmaker di scuola D’Antoniana: si va al suo ritmo, finché ne ha, non necessariamente nella (im)prevista posizione di schermo davanti alla difesa, con un’ovvia predilezione per la dimensione verticale rispetto a quella orizzontale. Nella prima mezz’ora si fa come dice lui, nessuno entra e nessuno esce da una gara di cui sembra prendere possesso in maniera tale che il gol sembra il dettaglio meno rilevante di tutti.
Poi il calo, inevitabile, concedendo e concedendosi fin troppo alla platea. Come quando potrebbe giustiziare Consigli per la quarta vota, graziandolo invece con la levità tipica di chi gioca a un differente livello e vuole fartelo notare. Magari, dalle prossime volte il meno possibile: le coronarie dello Stadium ringrazieranno volentieri. Vorrebbe anche dialogare, gestire, gestirsi, risparmiare energie attraverso il palleggio: ma trova compagni poco collaborativi, in particolare quel Dybala che parlerebbe anche la sua stessa lingua ma che, se potesse, passerebbe tutta la vita a cercare la pared nello stretto per poi andare nello spazio alle sue spalle a tutta velocità.
Ci sarà tempo anche per questo. E, ancora una volta, la posizione in campo conterà relativamente: mezzo destro, mezzo sinistro, centrale davanti alla difesa o il ritorno al trequartismo dei fasti lionesi. Conterà far girare pallone e squadra. E chi meglio di uno che gioca da playmaker come Mike D’Antoni?