Quattro gol e tanto spettacolo contro l’Udinese. La Juve stacca il biglietto per i quarti di finale di Coppa Italia.
La Juve, priva di Ronaldo, fermato dalla sinusite, asfalta l’Udinese e stacca il biglietto per i quarti di finale di Coppa Italia con un calcio spumeggiante e con gol da cineteca. Dybala e Higuain sono spesso incontenibili e la presenza di Douglas Costa aggiunge fantasia al tridente e Bernardeschi, da mezz’ala, garantisce qualità e accelerazioni a centrocampo.
DYBALA-HIGUAIN, UN CAPOLAVORO
Il copione della gara all’inizio è fin troppo scontato, con la Juve tiene palleggia a lungo per sfondare il muro eretto dai friulani nella propria metà campo. Higuain ci prova subito due volte, con un rasoterra dal limite, debole e centrale e con una bella sforbiciata che termina alta. Quindi, al terzo tentativo, colpisce. Il merito va equamente diviso con Dybala, con cui imbastisce forse la più azione della stagione finora, un capolavoro a metà strada tra il flipper e PES: tre triangoli, con sei passaggi di prima, che iniziano al limite dell’area e si concludono sul dischetto del rigore, dove il Pipita riceve l’assist che lo libera davanti a Nicolas, fulminato senza avere la minima possibilità di intervenire.
RADDOPPIA LA JOYA
Ora che l’Udinese è, suo malgrado, costretta ad osare, inevitabilmente si aprono spazi che la Juve non tarda a sfruttare. Dieci minuti dopo il vantaggio, arriva il raddoppio, grazie ad una perentoria discesa di Bernardeschi che, arrivato ai sedici metri, scambia con Higuain e viene atterrato in area dall’uscita a valanga di Nicolas. Dal dischetto Dybala infila il rasoterra nell’angolino.
DYBALA ALLA DEL PIERO, DOUGLAS DAL DISCHETTO
La gara, già molto ben indirizzata, potrebbe definitivamente chiudersi prima dell’intervallo, se il destro dal limite di Bentancur non centrasse in pieno il legno, o a inizio ripresa, quando Nicolas respinge una conclusione ravvicinata di de Ligt e Higuain corregge in rete, ma il VAR annulla per posizione irregolare dell’olandese. Poco male, basta pazientare ancora un po’ e il gol arriva. Anzi, ne arrivano due in tre minuti. Il primo è una perla di Dybala, che dal vertice sinistro dell’area piazza sotto l’incrocio una palombella alla Del Piero. Il secondo è un altro rigore, questa volta concesso per un fallo di mano di Nuytinck, che “para” una girata a porta sguarnita di Rugani, servito in area da Alex Sandro. Questa volta a incaricarsi della battuta è Douglas Costa, che infila e lascia poi il posto a Cuadrado.
LA JUVE VOLA AI QUARTI
L’ultima parte di gara offre un po’ di minutaggio a Ramsey che rileva Rabiot, e una meritatissima standing ovation a Dybala, sostituito dal rientrante Pjaca, anche lui applauditissimo. L’ulteriore dose di spettacolo è garantita dalla contagiosa allegria trasmessa dal gioco dei bianconeri, che con una serie di scambi stretti portano ancora al tiro Higuain, fermato da Nicolas, che centrano un altro palo con l’incornata di Rugani e che sfiorano il pokerissimo con la discesa di Cuadrado conclusa a lato. Non arrivano altri gol, ma i quattro messi a segno sono più che sufficienti ad deliziare il palato del pubblico dell’Allianz e a proseguire il cammino in Coppa che, settimana prossima, vedrà la vincente tra Parma e Roma sulla strada della Signora.
JUVENTUS-UDINESE 4-0
RETI: Higuain 16′ pt, Dybala rig. 26′ pt e 13′ st, Douglas Costa rig. 16′ st
JUVENTUS
Buffon; Danilo, de Ligt, Rugani, Alex Sandro;
Bernardeschi, Bentancur, Rabiot (26′ st Ramsey); Dybala (30′ st Pjaca),
Higuain, Douglas Costa (18′ st Cuadrado)
A disposizione: Szczesny, Pinsoglio, Bonucci, Emre Can, Pjanic, Matuidi, Coccolo
Allenatore: Sarri
UDINESE
Nicolas; De Maio, Opoku, Nuytinck; Ter Avest, Jajalo, Walace (31′ st Fofana), Teodorczyk (1′ st Lasagna), Sema (17′ st Stryger Larsen); Barak, Nestorovski
A disposizione: Musso, Perisan, Ekong, Becao, Mandragora, De Paul, Okaka
Allenatore: Gotti
ARBITRO: Aureliano
ASSISTENTI: Tardino, Scarpa
QUARTO UFFICIALE: Prontera
VAR: Piccinini, Alassio
AMMONITI: 15′ st Nuytinck
Juve-Udinese 4-0: Coppia Italia
È una Juventus sull’orlo del fallimento
economico quella che scende in campo nel già pignorato Allianz Stadium.
Il rapporto di KPMG redatto in francese che nessuno ha saputo tradurre
in modo corretto ha sconvolto alcuni giornalisti dalla schiena dritta a
cui non la si fa, proiettando ombre inquietanti sui bilanci della
società bianconera. Poi hanno usato google traduttore e hanno capito
cosa c’era scritto.
La situazione non è grave, attenzione, ma ai
giocatori è stato chiesto un obolo di 15 € a testa per il gasolio del
pullman, e la CONSOB muta.
Una volta entrati allo stadio si
capisce che è una di quelle sere in cui guardare la partita dal vivo è
un’impresa: corpi senza vita impossibili da recuperare giacciono ancora
congelati da Juve-Avellino del dicembre 2013. Le gradinate dello stadium
diventano una sorta di death zone del monte Everest.
Ma veniamo
alle cose importanti: di questi tempi c’è da rimanerci secchi anche in
campo, così alla fine si tirano ampi sospiri di sollievo quando escono
sulle loro gambe Costa e deLigt. Invece De Sciglio si sloga un polso
aprendo una bottiglietta di Tourtel analcolica, si attendono
aggiornamenti sulle condizioni di salute.
Assente CR7 che mica è
scemo e non esce di casa a prendere freddo motivando l’assenza con una
sinusite fulminante che sa tanto di “motivi familiari” da
giustificazione scolastica.
In campo scendono una versione non troppo rimaneggiata della Juventus e una rappresentativa del CRAL di un’azienda friulana con la seconda maglia del Valencia.
La
qualificazione si chiude abbastanza presto, di buona c’è tutta la
prestazione dal primo al novantesimo, senza cali, senza momenti di
dormiveglia, nessuno che snobba l’impegno o si spiaggia a metacampo.
Sembrano tutti concentrati con la voglia di fare bene, di provare a
giocare, correre, sfidarsi per ottenere il meglio.
Higuain e Dybala
sono gli Adam Driver e Scarlett Johansson in bianconero, fanno quello
che vogliono con un’intesa da coppia perfetta: a marriage story.
Rugani calca il campo come un guerriero celtico, Rabiot sempre più in palla, in ascesa Alex Sandro.
Bernardeschi calcia di suola per non sporcarsi le scarpe, incredibile
la sua capacità di fare sempre la cosa sbagliata al momento sbagliato.
Si rifà vivo Pjaca. Non sappiamo cosa sarà di lui, ma in periodo di
ginocchia infortunate è bello anche soltanto rivederlo in campo.
4-0 finale, secondo consecutivo in casa, Damon Albarn benedice la SIAE.
L’avversario rappresenta una tara che pesa quasi quanto il totale, ma si sono visti segnali molto positivi quando non si molla niente, quando non ci si tira indietro nemmeno a risultato acquisito, quando l’allenatore bestemmia a bordo campo fino al 90°.
Willy Signori.
“Il gol di Higuain con l’Udinese è schema o giocata individuale di due campioni?”
Il magnifico primo gol della Juventus con l’Udinese, quello che nasce da uno squisito scambio tra Higuain e Dybala, è l’ennesima causa per alimentare un dibattito che ormai imperversa in Italia.
Grande è la confusione sotto il cielo della narrazione del calcio giocato. Il nuovo anno è iniziato nel peggiore dei modi per come il nostro amato sport viene affrontato: il risultato è un dibattito completamente inquinato da un mix letale di ignoranza e malafede nel quale è assai difficile fare selezione tra la narrazione e quanto dice il campo.
L’ultimo spunto di polemica è la classificazione degli allenatori tra risultatisti e giochisti, tra quelli che insomma vorrebbero che la propria squadra ottenga la vittoria e coloro i quali invece preferirebbero scegliere la strada dell’estetica per poi giungere eventualmente al risultato. Una querelle che non ha senso d’esistere e non bisogna avere frequentato un corso a Coverciano o avere nel proprio cv un patentino da allenatore per comprendere come qualsiasi persona chiamata a guidare una squadra voglia vederla vincere grazie alle proprie idee. Ognuno di noi si augurerebbe lo stesso: vincere, il che ovviamente non comporta “alza la coppa, capitano, alzala”, perché per un tecnico significa centrare il traguardo posto dalla società che ti paga ogni mese. Per arrivare a questo obiettivo le strade possono essere diverse, alcune contrapposte alle altre, ma l’allenatore di qualità è quello che riesce ad arrivare a destinazione scegliendo la via più congeniale alle sue idee e alla caratteristiche dei giocatori che allena.
Questa classificazione insensata viene alimentata ad arte anche da alcuni ex allenatori che amano mettersi in cattedra per affermare e sentirsi dire che quel modo (il proprio) di giocare e intendere il calcio è l’unico vincente. Lo fa Arrigo Sacchi dalle colonne della Gazzetta; lo fa Fabio Capello in televisione; lo fa Massimiliano Allegri nelle interviste che rilascia. Non esiste, ed è talmente ovvio da scrivere che uno non avrebbe mai pensato di dover digitare la prossima frase, un unico modo per vincere, altrimenti qualsiasi allenatore andrebbe a replicare quel modello. Anzi, pure un top tecnico come Guardiola deve evolversi e adattarsi alle caratteristiche dei giocatori e della realtà in cui si trova pur mantenendo saldi i suoi principi; lo stesso Lippi, lo dimostrano le sue Juventus, lo ha fatto. Ed è quello che Maurizio Sarri intende svolgere oggi e lo afferma in conferenza quando sottolinea come la squadra che allena oggi non può essere come il Napoli che guidava qualche anno fa.
Il dibattito di cui sopra è ancora maggiormente inquinato tra chi segue abitualmente la Juventus. Lo è perché tra coloro che reputano legittimamente Massimiliano Allegri un grande tecnico che non andava esonerato ci sono coloro che utilizzano argomentazioni scellerate per andare a screditare, non criticare, la scelta della società e l’operato attuale di Sarri. Lo spunto più recente riguarda il primo gol realizzato contro l’Udinese in Coppa Italia: nello scambio continuo, una continua giocata a due, c’è chi ci ha visto unicamente tecnica individuale, sintonia naturale, libertà concessa ai giocatori, senza che ci sia un elemento tattico. Ora, e voglio essere chiaro, chi afferma questo o non sa minimamente cosa sia la tattica o/è in malafede. “Altro che schemi, quella è la libertà, la tecnica, dei giocatori come diceva Allegri”. Questa è la argomentazione nemmeno troppo nascosta. Ed è una minchiata. Perché quella giocata nasce dalla tattica, nasce da una situazione voluta da Sarri, uno che chiede appunto sviluppo centrale e fraseggio nello stretto, provata in allenamento nelle partite a tema e nelle esercitazioni. Chi ha buona memoria si ricorda un allenamento estivo, uno dei primi, in cui lo stesso Sarri si libera urlando “oh così mi piace” riferendosi proprio a una combinazione stretta tra Cristiano Ronaldo e Higuain. Alla base di quella giocata ci sono competenza, capacità e continuità: solamente dando continuità a qualcosa puoi fare in modo che non sia estemporanea, dando ai giocatori quel linguaggio comune per leggere la realtà e praticare quello che si vuole.
Lo fa Sarri, lo faceva Allegri ma in un altro modo. La giocata sul secondo palo per Mandzukic è tattica, è una scelta, è una soluzione efficace. Affermare che queste giocate sono unicamente tecnica e libertà significa sminuire il lavoro e i meriti di qualsiasi allenatore oltre che a inquinare ulteriormente il dibattito e alimentare confusione. Noi vogliamo parlare dei meriti e delle difficoltà che Sarri sta incontrando, noi vogliamo parlare di calcio commentando serenamente quello che accade.