Regina di Spagna

La Juve sbanca Siviglia e vola agli ottavi. Sotto di un gol i bianconeri ribaltano il risultato con il rigore di Marchisio, Bonucci e Mandzukic e tornano primi nel girone

La Juve centra la terza vittoria in altrettante trasferte di Champions e vola agli ottavi con un turno di anticipo, riprendendosi per di più la testa del Gruppo H. Riuscirci è tutt’altro che semplice perché il Siviglia non a caso è la terza forza della Liga: è una squadra tignosa, rude ma tecnica e qui al Ramon Sànchez Pizjuàn difficilmente esce sconfitta.
Ai bianconeri però serviva solo una vittoria per passare già questa sera il turno e se la prendono con carattere, orgoglio e coraggio. Tutte qualità indispensabili non solo per far fronte a diverse assenze pesanti, ma anche per ribaltare una gara che si mette subito male.

Allegri ha solo una punta di ruolo a disposizione oltre al giovanissimo Keane e allora propone un inedito 4-3-3, con Cuadrado e Alex Sandro a supporto di Mandzukic, una soluzione che permette di allargare il gioco e anche di favorire gli inserimenti di Pjanic e Khedira. L’inizio è promettente, perché i bianconeri sono aggressivi in avanti e ordinati in fase difensiva, ma al primo tiro in porta il Siviglia passa con Pareja, che dal limite calcia al volo un pallone spiovente e infila l’angolino alla destra di Buffon.

La Juve accusa il colpo e perde un po’ di precisione, mentre gli spagnoli alzano il ritmo e si rendono ancora pericolosi con Escudero, che supera in velocità Dani Alves e sfiora la traversa dai sedici metri. Dalla parte opposta risponde Cuadrado, con un tiro-cross insidioso, messo in angolo da Rico È con le iniziative del colombiano che la Juve riprende a macinare gioco e riprendere il controllo del match. Dal suo destro arrivano i servizi per Mandzukic e Khedira, le cui conclusioni non centrano la porta, ma allarmano, e non poco gli spagnoli, che cominciano a entrare duro. Un po’ troppo, tanto che Vazquez in cinque minuti rimedia due gialli e lascia i compagni in dieci.

La Juve insiste, schiaccia gli avversari, ma manca sempre qualcosa a finalizzare l’azione. Così sembra che si debba scontato andare al riposo sotto di un gol, sugli sviluppi di un angolo, il  signor Clattenburg vede una trattenuta su Bonucci in area e concede il rigore. Dal dischetto va Marchisio che calcia angolato e rasoterra, Rico tocca, ma non respinge e i bianconeri agguanto il più che meritato pareggio.

Il Ramon Sànchez Pizjuàn ora è una bolgia e anche quando le squadre rientrano in campo dall’intervallo il pubblico non smette di fischiare e protestare dopo ogni contatto. La Juve può sfruttare la superiorità numerica per comandare il gioco, anche se deve stare attenta a non concedere contropiedi e palle inattive, sulle quali il Siviglia è sempre pericoloso.

L’atmosfera dello stadio, sempre più “calda”, non aiuta la serenità di Sampaoli che protesta troppo con il direttore di gara per un fallo non fischiato sulla tre quarti campo e viene allontanato dalla panchina. Aiuta però i giocatori spagnoli, che nonostante l’uomo in meno a tratti riescono a mettere in affanno la difesa bianconera.

La Juve si fa vedere in avanti con una discesa di Pjanic conclusa da un rasoterra bloccato in due tempi da Rico, ma il più delle volte le azioni si infrangono contro il muro di maglie bianche eretto a protezione dell’area. Poco prima della mezz’ora Allegri interviene sostituendo Evra con Sturaro. Alex Sandro arretra in difesa mentre Cuadrado Khedira e Pjanic agiscono alle spalle di Mandzukic.

Il pallone è sempre tra i piedi dei bianconeri, ma è un possesso sterile e allora Allegri cambia ancora: fuori Pjanic e dentro Keane, che a sedici anni, dopo l’esordio di sabato contro il Pescara, scopre anche il fascino della Champions. Appena il tempo di operare il cambio e gli sforzi della Juve vengono premiati. Il gol sembra quello di Pereja che ha aperto le danze nel primo tempo, perché la porta e la stessa e la dinamica pure: su respinta della difesa al limite dell’area, si avventa Bonucci che scarica un destro rasoterra imparabile.

La partita non è finita, c’è da portare a casa il risultato e Chiellini rileva Cuadrado per dare più protezione sui palloni che il Siviglia inizia a spedire in area. Dopo una sfuriata dei padroni di casa però la Juve riprende in controllo delle operazioni e negli ultimi secondi  passa ancora con il diagonale di Mandzukic.

È il gol che chiude la partita e il “conto in sospeso” che i bianconeri avevano lasciato lo scorso anno qui al Sànchez Pizjuàn. Allora, nonostante un dominio pressoché assoluto si erano dovuti arrendere al gol dell’ex Llorente. Quest’anno si sono rifatti. Con gli interessi.

SIVIGLIA-JUVENTUS 1-3

RETI: Pareja 9′ pt, Marchisio (rig) 47′ pt, Bonucci 39′ st, Mandzukic 49′ st

SIVIGLIA
Rico; Rami, Pareja, Mercado; Mariano (31′ st Kranevitter), Iborra, N’Zonzi, Vitolo, Escudero; Vazquez, Vietto (1′ st Sarabia)
A disposizione: Sirigu, Carriço, Kyotake, Ganso, Ben Yedder
Allenatore: Sampaoli

JUVENTUS
Buffon; Dani Alves, Bonucci, Rugani, Evra (27′ st Sturaro); Khedira, Marchisio, Pjanic (39′ st Keane); Cuadrado (41′ st Chiellini), Mandzukic, Alex Sandro
A disposizione: Neto, Hernanes, Lemina,  Asamoah
Allenatore: Allegri

ARBITRO: Clattenburg (ENG)
ASSISITENTI: Collin (ENG), Bennett (ENG)
QUARTO UFFICIALE: Hussin (ENG)
ARBITRI D’AREA: Marriner (ENG), Taylor (ENG)

AMMONITI: 25′ pt Mandzukic, 31′ pt Vazquez, 36′ pt Vazquez, 36′ pt Mercado 42′ pt Khedira, 20′ st Evra, 27′ st Cuadrado, 49′ st Iborra
ESPULSI: 36′ pt Vazquez

A CALDISSIMO / Siviglia-Juve 1-3: vincere non è importante, è l’unica cosa che conta

A CALDISSIMO / Siviglia-Juve 1-3: vincere non è importante, è l’unica cosa che conta

Torna in Europa la Vecchia Signora dopo le fatiche di campionato, e lo fa su un campo tutt’altro che facile come quello del Siviglia (mai nessuna italiana qui in gol): gli uomini di Sampaoli occupano il primo posto del girone, ci si gioca la qualificazione anticipata oltre alla leadership del gruppo.

I tanti forfait costringono Allegri a cambiare ancora, stavolta è 4-3-3, o forse sarebbe meglio dire 4-5-1: c’è Rugani con Bonucci davanti a Buffon, Dani Alves ed Evra sulle fasce dietro, Marchisio in regia con Pjanic e Khedira ai suoi lati, Cuadrado ed Alex Sandro in appoggio a Mandzukic unica punta.

I primi dieci minuti sono di sofferenza seppur non evidentissima, i campioni d’Italia non riescono a prendere le misure al possesso palla spagnolo, ed è quasi naturale ritrovarsi sotto di una rete nonostante la realizzazione di Pareja arrivi sugli sviluppi di un corner dopo una doppia non perfetta respinta della difesa prima con Mandzukic, poi con Rugani. Si soffre soprattutto dal lato di Dani Alves, ex di turno, più volte infilato alle spalle, ma col passare dei minuti Marchisio e compagni mettono il naso fuori con più insistenza: due iniziative di Cuadrado liberano al tiro Mandzukic e Khedira, ma i due non trovano la porta di poco. Al 36′ l’episodio che spacca il match: Vazquez, già ammonito, stende Khedira sulla trequarti, è il secondo giallo per l’ex Palermo, inevitabile l’espulsione. Il giro-palla non si velocizza comunque, ma quasi allo scadere l’1-1 arriva comunque: trattenuta in area su Bonucci, per l’arbitro è calcio di rigore, dagli undici metri si presenta Marchisio, conclusione deviata dal portiere, ma la palla si infila comunque in rete. Nella ripresa il copione è quasi scontato: tanto possesso per i bianconeri, padroni di casa che provano a ripartire anche se comunque Buffon resta inoperoso sino al fischio finale, latitano le occasioni da gol: solo Pjanic prova con una conclusione da fuori respinta goffamente dal portiere iberico. Allegri ci prova con Sturaro e Kean al posto di Evra e lo stesso Pjanic, ma il gol del vantaggio lo firma Bonucci: cross da destra respinto centralmente dalla difesa del Siviglia, sinistro da fuori di Leo che pesca l’angolo basso a destra che di fatto consegna ai suoi il pass per gli ottavi. Il nervosismo degli uomini di Sampaoli – espulso ad inizio ripresa – aumenta, e così in pieno recupero Mandzukic ha tutto lo spazio per controllare indisturbato e pescare una facile conclusione che si infila allo stesso modo del gol di Bonucci: è l’1-3 che fa partire i titoli di coda sul match e sulla prima fase della Champions League bianconera.

Non è stata una vittoria esaltante, ma è comunque un risultato largo contro una squadra che sino a questo momento non aveva mai subito gol in Europa: fra l’altro la Juve centra ora il primo posto del girone che dovrà essere difeso nel match interno contro la Dinamo Zagabria, col Siviglia che invece sarà costretto allo spareggio-qualificazione col Lione.

A CALDO / Siviglia-Juve 1-3: non è la Copa America, lasciamoli fare

A CALDO / Siviglia-Juve 1-3: non è la Copa America, lasciamoli fare

Andiamo sotto su una onesta e precisa grattugiata di Pareja, siamo per lunghi tratti solo la verve di Cuadrado, poi due ingenuità che sono sotto gli occhi di tutti travolgono la partita e il contesto, ci riconsegnano Marchisio e ci certificano il calcio di Massimiliano Allegri (tra Trap, Ancelotti e il Dalai Lama) in attesa del fatidico marzo.
Il cuore della ripresa è una litania, noi che guardiamo l’autodistruzione di chi non può trasformare un campo di provincia spagnolo nell’Estadio Nacional de Chile, allungando di tanto in tanto la mano per capire che roba è, per una sera, questa strana creatura che dicono chiamarsi Siviglia.
Fanno molto, non tutto, loro.

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C’è Bonucci, che sa solo fare cose epiche, come un Bud Spencer a cui bastano uno sguardo sprezzante e un cazzottone ben assestato.
E c’è Kean che s’è gasato ammirando Bonucci ingobbirsi come Higuain contro il Napoli, stesso parziale, solo un po’ più lontano perché sennò non sarebbe Bonucci e quindi non sarebbe epico, tenendo basso il sinistro. Kean. E’ grosso e ambizioso, Kean. Pure veloce. Esulta come un bambino, per primo, cercando la corsa al primo abbraccio, quando il truce Mario dichiara chiusa la contesa. Seconda palla utile per lui, nove gol in un mese e mezzo, gente strana gli slavi.
Quasi strana come Allegri, un tipo al quale i livori della Copa America farebbero un baffo mentre Conte ci lascerebbe la vita.
Due modi diversi di essere torinesi, chi dentro e chi fuori. Chi con la camicia, chi con la canottiera. Chi in collina, chi a Porta Palazzo. Chi non ti strappa mai una lacrima, chi non ti strappa mai un sorriso.

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Certo, se Sturaro può giocare un quarto degli Europei davanti alla difesa, di posizione, non si capisce poi perché non possa fare cose decisamente più semplici. A dimostrazione che il calcio non sono i muscoli, sono i compiti, a questo punto da rendere chiari anche a Pjanic e chi inizierà un giorno a correre anche per lui. Mire al 24′ non ne aveva già più (altro che confronti statistici con Pogba, uccidiamolo e facciamo prima), andate a recuperarvi le immagini. Da quel minuto in avanti, improvvisamente, appare Alex Sandro e nel bene o nel male resterà vivido fino alla fine.
Succedono cose strane sulle nostre catene di gioco. Solo Dani Alves, un Camoranesi prima maniera che gioca 25 metri più indietro, può un giorno svelarci il codice segreto. Quello di questa roba qui, che si chiama Champions League (prima italiana a vincere in Spagna grazie all’ipnosi) e che senza più l’arbitro da infinocchiare con il “metodo corrida” chiede solo di catturare i momenti.
Dagli ottavi in avanti saranno solo Polaroid, tecnologia analogica, chi ne azzecca di più va a Cardiff. Che, appunto, non è né in Bolivia né in Uruguay.
E’ l’Europa, bellezza.
E purtroppo chi bazzica la Juve lo sa molto ma molto bene.

Minuto 84

Minuto 84

Fino al minuto 84, il titolo di questo pezzo avrebbe dovuto essere “Sempre la stessa storia” o Same old story, che detto in inglese fa pure più figo. Poi, per fortuna, Bonucci, Mandzukic, Eupalla e chissà chi altro hanno deciso che per le Cassandre, i #moriremotutti, le critiche al (non) gioco e ad una mentalità europea che non cambia (anche del sottoscritto, che domande) ci sarà tempo la prossima volta. Anche perché a questo giro, ci ha detto bene quel che di solito ci dice male. Inspiegabilmente, soprattutto perché stiamo parlando della coppa di Magath, di Ricken, della traversa di Conte, della neve di Istanbul, di Evra che non spazza.

Val la pena, quindi, soffermarsi sulla portata storica dell’evento e su quel che “sembra” (mille e una virgolette per i motivi di cui sopra) un’inversione di tendenza (la nostra, of course) in quella che Mourinho definiva «la competizione dei dettagli». Intesi come episodi che ti cambiano il corso di una stagione e che tu devi essere bravo a sfruttare ma anche a crearti, perché nessuno ti regala niente. Ed è ciò che non abbiamo fatto fino al già citato minuto 84 quando, sul primo attacco sulla seconda palla degno di tal nome, quello che ha “la protervia del campione irrisolto ” (cit.), ha cambiato corso della partita (forse della stagione: ma ne parliamo a maggio) e titolo del pezzo e ha esultato allo stesso modo, con la stessa “enfasi puerile” (ricit.) per la quale fu attaccato in maniera inspiegabile e irresponsabile da certa stampa.

Di quel che (non) è stato fino ad allora – insipienza del giro palla, incapacità di far valere la superiorità numerica, pressoché totale assenza di giochi e schemi offensivi che derogassero dal “lancio per Mandzukic e sponda per il primo che si inserisce tra le linee” – ci sarà tempo e modo per discuterne. Perché per citare Marcelo Bielsa, che di Sampaoli è il maestro, «ci sono le vittorie che non servono a niente e le sconfitte che servono a qualcosa».

 

Non fosse la coppa, QUESTA coppa, staremmo certamente ricadendo nella prima ipotesi. Ma, almeno per una notte, godiamoci la sensazione, la stessa di Lione, dell’episodio che ti dice bene e ti fa sperare oltre il lecito. Senza dimenticare che è ancora più dolce quando tutto questo te lo crei tu. Anche solo andando ad attaccare banalmente una seconda palla al minuto 84.

5a Champions League: Siviglia-Juventus 1-3

di Davide Terruzzi


La Juventus vince a Siviglia. Ha il grande merito di restare dentro la partita, non si scompone, agisce bene in campo aperto nel primo tempo. Nella ripresa le difficoltà in attacco posizionale nonostante l’uomo in più.


Siviglia. Ancora una volta il crocevia della stagione in Champions. Un anno fa la Juventus arrivava in Spagna con la qualificazione già ottenuta e la necessità di ottenere un solo punto per blindare il primo posto, mentre per gli andalusi vincere era la condizione necessaria per raggiungere un posto in Europa League. I bianconeri giunsero in terra iberica con convinzione e fiducia. La partita fu poi tremendamente episodica, e in negativo, con il classico gol dell’ex e diverse occasioni non concretizzate da Morata e altri juventini. Un anno dopo la Juventus ritorna a Siviglia in un contesto completamente cambiato. La formazione di Sampaoli è in ottima salute, a un passo dagli ottavi, mentre Allegri deve fare fronte a una ricca teoria di infortuni che lo priva di Higuaín, Dybala, Pjaca e Barzagli. Non proprio le condizioni migliori nelle quali ti auguri a inizio stagione di affrontare una partita comunque decisiva, sebbene l’ultimo turno del girone preveda lo scontro agevole in casa con la cenerentola Dinamo Zagabria. Il tecnico livornese schiera la sua Juventus mettendo gli undici migliori a disposizione nell’unico schieramento razionale possibile: il 4-5-1 con Cuadrado e Alex Sandro dietro l’unica punta Mandžukić potrebbe rispondere alle esigenze di una partita di contenimento e rapide ripartenze negli spazi. Per Sampaoli l’unica defezione è quella di Nasri, giocatore diventato fondamentale per il suo ruolo fortemente associativo e le qualità tecniche nello stretto. Le grafiche della Uefa disegnano il Siviglia schierato con il 3-5-2 con Rami-Pareja-Mercado in difesa, Escudero-Vitolo-N’Zonzi-Iborra-Mariano alle spalle del duo d’attacco composto da Vitolo e Vázquez.Le strategie di gioco.

Le prime battute di gioco però evidenziano il reale schieramento degli andalusi. Come nelle previsioni, e come da manuale del gioco di posizione, l’allenatore argentino opta per una difesa a 4 – i due centrali creano superiorità numerica contro l’unica punta bianconera – , un centrocampo a 4 in cui Vitolo parte dalla sinistra per accentrare molto la propria posizione permettendo a Escudero di correre sulla fascia, Vázquez posizionato sul centro-destra dietro Vietto. Il Siviglia attuale è una squadra diversa da quella affrontata a metà settembre, molto più padrona dei dettami tecnici e tattici del proprio allenatore, una formazione che fa del pressing a uomo l’arma principale per recuperare il più alto possibile il pallone e cercare la via della porta avversaria con transizioni ficcanti e rapide; a questa soluzione s’unisce un possesso palla corrispondente al manuale del gioco di posizione, una filosofa che vede nel salir jugando, cioè alzare il proprio baricentro manovrando pazientemente dalle retrovie sempre col pallone, uno dei punti salienti. La disposizione tattica scelta da Sampoli con la Juventus però è più prudente e sembra rispondere alla volontà di non concedere troppo spazio alle ali bianconere; i meccanismi di pressing sono sempre fortemente orientati a uomo, ma gli andalusi sono con un giocatore in meno a centrocampo e questo comporta un sistema di coperture e scalate non sempre di facile attuazione. Generalmente la pressione inizia col passaggio orizzontale tra i due difensori con la punta del lato che attacca la ricezione del difensore mentre l’altra punta scivola su Marchisio con i due di centrocampo che salgano su Khedira e Pjanić.  Il blocco dei quattro centrocampisti dovrebbe costringere il gioco bianconero sulle fasce dove è più facile recuperare il pallone sfruttando i limiti fisici del campo. Una soluzione che però consente alla Juventus, teoricamente, di muovere il pallone tra i due difensori coinvolgendo sempre Buffon per girare velocemente il lato e aggirare la morsa andalusa.

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I meccanismi di pressing del Siviglia nel 4-4-1-1 disegnato da Sampaoli. La manovra avversaria viene costretta a svilupparsi sulle fasce dove scatta la morsa. 

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La Juventus dei primi minuti riesce a mantenere il pallone senza dover forzare e sviluppa un gioco verticale che le consente di restare nella metà campo andalusa. In fase di non possesso le intenzioni di Allegri sono quelle di rallentare e creare difficoltà alla manovra del Siviglia già a partire dalla costruzione bassa: quando i due difensori centrali effettuano tra di loro un passaggio o ricevono uno scarico da parte di uno dei centrocampisti, scatta il pressing bianconero con Khedira che si alza al fianco di Mandžukić portando pressione sui due centrali, mentre gli appoggi più immediati sul lato forte vengono controllati a uomo od oscurati. Viene stranamente coinvolto poco Rico, ma per superare il pressing alto della Juventus è fondamentale il movimento di N’Zonzi, abile a scivolare sulla linea dei difensori sfruttando lo spazio lasciato libero dalle avanzate dei terzini; il piano B prevede la posizione più bassa e stretta di Mercado per andare a formare quella difesa a 3 necessaria per superare i tentativi bianconeri.

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Khedira si alza sulla stessa linea dell’attaccante. Il Siviglia romperà il pressing con un passaggio orizzontale per l’uomo libero. Sotto il pressing della Juventus costringe gli andalusi ad andare sulle fasce.

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Il gol dell’iniziale vantaggio di Pareja, giunto su ribattuta sugli sviluppi di un corner, non cambia l’andamento della partita. La Juventus è brava a restare dentro la partita senza agitarsi continuando a seguire la propria strategia, mentre il Siviglia compie quello che appare un errore. Sampaoli non fa il Sampaoli, la sua squadra è sì aggressiva ma non coglie il momento della gara, non alza il pressing, non prova ad addormentare la partita col palleggio basso e prolungato facendo girare a vuoto gli avversari. La formazione di Allegri ha diversi modi per risalire il campo superando l’iniziale pressing mostrando una buona duttilità pragmatica; c’è Pjanic che si può abbassare al fianco di Marchisio, ci sono le qualità degli esterni, c’è il cambio di gioco sulle ali. Spesso non c’è il possesso basso e troppo spesso le giocate sono forzate.

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Un uomo lasciato libero in quella posizione non è qualcosa che il Siviglia è solito fare. Sotto Rugani forza una giocata in verticale anziché ripartire da Buffon.

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Il Siviglia così si rende pericoloso sfruttando gli errori in fase di costruzione da parte dei giocatori bianconeri con transizioni nel breve, oppure evidenziando un difetto della Juventus. Il pressing alto non viene accompagnato dalla difesa che troppo spesso non accorcia il campo creando un varco tra il centrocampo e la stessa retroguardia che viene così attaccata in campo aperto; gli andalusi sono effettivamente bravi nel cercare anche i lanci per poi attaccare la zona in cui cade il pallone con più uomini e sviluppare triangolazioni coinvolgendo ala e punta. In questa maniera però non riescono a gestire i ritmi della partita e si espongono a situazioni di contropiede in cui i bianconeri possono mettere in mostra le qualità dei propri giocatori.

La formazione di Allegri effettua quindi il consueto pressing orientato sull’uomo abbinato a una difesa posizionale con l’intento di sporcare-oscurare le linee di passaggio e recuperare il pallone tramite intercetto. Il secondo giallo di Vázquez nasce da una pressione portata su N’Zonzi da parte di Pjanić. La partita evidentemente cambia. Il Siviglia si schiera con il 4-4-1 (Vietto unica punta), abbassando il proprio baricentro senza però rinunciare al proprio pressing. La Juventus ha così la possibilità d’iniziare l’azione coi due difensori centrali ma inizia a far intravedere quei limiti che esploderanno nella ripresa. Il rigore di Marchisio fa entrare le squadre sul punteggio di parità e con un ambiente che diventa da corrida.

Pochi movimenti, poco spazio.

Il secondo tempo è effettivamente un manifesto delle attuali difficoltà in fase di attacco posizionale. Chiaramente le assenze contemporanee di Dybala e Higuaín, due giocatori bravi nello stretto e con un repertorio tecnico e tattico di incredibile qualità, hanno pesato, ma è specialmente il centrocampo a rappresentare l’attuale rebus di Allegri. Il Siviglia continua col proprio 4-4-1 (con Vitolo unica punta e Sarabia sugli esterni) con un baricentro che si abbassa e con una forte densità centrale difendendosi in maniera ordinata e aggressiva con un sistema che pone attenzione alla aggressione sull’uomo; la fase offensiva è ovviamente lasciata alle ripartenze e ai timidi tentativi del mantenimento del pallone più che per tenere lontani dall’area di rigore la Juventus che per pungere.

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La formazione di Allegri evidenziava diverse sbavature: gli interni abbassavano notevolmente la propria posizione senza che ce ne fosse bisogno; gli esterni lavorano sulla stessa linea e la punta era isolata. Come sempre è una questione di spaziature, di posizionamenti, di movimenti senza palla e di velocità nella circolazione del pallone stesso. La Juventus poteva e doveva abbassare i ritmi a inizio ripresa sapendo di trovarsi di fronte un ambiente accesso, mantenendo il pallone senza eccessive forzature, mentre Pjanić ha esagerato nella ricerca dell’immediata verticalizzazione e dagli esterni si è troppo spesso provato la via più semplice del cross. Una manovra che spesso nasceva su un lato e moriva sullo stesso senza cambiare fronte ripartendo indietro sfruttando la libertà dei due difensori centrali.

Dani Alves, che non a caso ha giocato per anni nel Barcellona, ricorda a tutti cosa fare quando si ha la possibilità di portare su palla senza ostacoli: conduzione veloce, aspettare che un giocatore esca in pressione, passare il pallone al compagno che si libera alle spalle dell’avversario. Sotto, una tipica azione del secondo tempo che si conclude con un tiro respinto.

Dopo i cinque minuti di garra del Siviglia seguenti all’espulsione di Sampaoli, la posizione dei due interni si è modificata con Pjanić e Khedira a lavorare maggiormente in una posizione più alta lasciando la fase di avvio della manovra alla coppia Rugani-Bonucci aiutata da Marchisio. Il possesso palla prolungato, sebbene eccessivamente lento, ha avuto l’effetto di schiacciare e abbassare maggiormente il baricentro del Siviglia inibendo le ripartente e lasciando spazio per le conclusioni dal limite e la riconquista delle respinte da parte della difesa andalusa. Se è vero che il Siviglia è stato molto bravo a difendersi, lo è altrettanto il fatto che i movimenti senza palla da parte dei giocatori bianconeri sono stati largamente insufficienti e hanno aiutato la strategia di Sampaoli, perché come è noto senza movimenti non c’è la possibilità di creare spazi.

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Il Siviglia è racchiuso in pochi metri a ridosso della propria area di rigore. Complicato trovare spazi, specialmente se poi si forzano giocate come farà nell’occasione Marchisio. Sotto il posizionamento rivedibile della Juventus, una giocata di Alex Sandro permetterà di uscire dal pressing e attaccare la porta.

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Allegri toglie Evra per inserire Sturaro con la sua squadra schierata con un 4-4-1-1 in cui è Pjanic a giocare dietro la punta, una soluzione pensata per trovare con più facilità un uomo tra le linee, ma è un tentativo che non offrirà i risultati sperati. In un contesto simile il gol della Juventus non poteva che nascere o da un colpo di testa in area di rigore o da un tiro dalla media distanza. E così arriva la rete di Bonucci, grazie anche all’ingresso di Kean che comporta un uomo in più in area di rigore. La gestione successiva da parte della formazione di Allegri non è perfetta. Il tecnico livornese cambia modulo inserendo Chiellini al posto di Cuadrado e passando al 5-3-2, ma diversi errori tecnici banali (in particolare di Sturaro), passaggi affrettati, ingenuità clamorose (come quella di Alex Sandro) impediscono alla Juventus di controllare e congelare la partita e consentono al Siviglia di rendersi pericoloso su palle inattive. In pieno recupero, su contropiede, arriva poi il gol del definitivo 3-1 da parte di un Mandžukić fino ad allora in ombra.

E quindi?

La Juventus così torna dalla Spagna con la qualificazione in tasca e con altissime possibilità di centrare il primo posto. Siviglia questa volta è stata dolce. La formazione di Allegri ha dimostrato di trovarsi a proprio agio quando la partita è aperta, giocata su ritmi elevati, senza incontrare grosse difficoltà contro una compagine che fa del pressing e del ritmo le proprie armi più pericolose. Il primo tempo rappresenta la nota migliore, quella che sicuramente farà maggiormente contento Allegri: non era scontato reagire positivamente a un immediato svantaggio contro una formazione in salute, in un ambiente caldo e senza giocatori determinanti. Il secondo tempo, invece, fotografa al meglio quelle che sono le difficoltà in fase di attacco posizionale. Non tutti si difendono con la stessa aggressività e qualità del Siviglia, ma questo rappresenta, assieme alla gestione dei minuti finali e al palleggio basso, il punto focale su cui dovrà concentrarsi maggiormente il tecnico nelle prossime settimane in cui avrà la possibilità di lavorare in settimana. Il centrocampo è davvero il rebus principale di Allegri; Pjanić sembra non riuscire a interpretare correttamente i momenti migliori della partita e dimostra ancora una volta di trovarsi meglio nella posizione d’interno destro. La formazione di Sampaoli ha disputato una prestazione inferiore alle aspettative, merito anche dell’avversaria che si è trovata di fronte. Forse troppo concentrata sul risultato e sulla sua importanza non ha saputo cogliere il momento propizio della gara e si è portata dietro la Juventus, errore che non si può commettere. Le scenate del tecnico argentino hanno acceso l’ambiente, coinvolto i giocatori, ma hanno comportato uno stress emotivo notevole. Reagire alle difficoltà, anche quelle esterne, è una dote che questo Siviglia non possiede. La calma la Juventus invece la possiede, un po’ troppo, ma ancora a intermittenza.


di Andrea Lapegna


Focus tattico: le fasce nel 4-3-3 di Siviglia e le fasi offensive della Juventus


C’era grande curiosità attorno alla formazione di Siviglia, non foss’altro per la novità rappresentata da modulo e interpreti. Il 4-3-3 di base si declinava in un 4-5-1 molto stretto in fase di non possesso, per poi sganciare le ali una volta riconquistata palla. La Juventus ha così prodotto il 74% delle proprie azioni offensive sulle fasce (39 a destra, 35 a sinistra), un dato inusuale, ma ampiamente pronosticabile sulla base del modulo prescelto. Se però l’idea di partenza era quella di replicare la partita di Monaco di Baviera contando sugli strappi degli esterni – ma con un Morata in meno – , il piano gara del Siviglia e la superiorità numerica hanno de facto imposto un nuovo contesto.
Il campo

L’interpretazione offerta da Alex Sandro e Cuadrado (e dai rispettivi terzini) è stata molto diversa, volutamente diversa. La manovra bianconera sovraccaricava di uomini il lato destro del campo, con un flusso costante di passaggi sulla direttrice Rugani-Alves-Cuadrado: a fine partita quest’ultima combinazione sarà la più sfruttata, con 19 palloni dal brasiliano al colombiano. Cuadrado e Alves sono entrambi grandi accentratori di gioco, e soprattutto nella seconda parte del primo tempo hanno trovato con continuità tagli orizzontali e spunti tra le linee: se uno prendeva il mezzo spazio interno, l’altro si portava dietro l’avversario sull’esterno. Con la palla tra i piedi, la superiorità numerica è stata trovata con costanza (3 dribbling riusciti su 4 tentati per il colombano, 2 su 2 per l’ex-Barça). Cuadrado in particolare è stato una spina nel fianco durante i primi 45 minuti: bene le ricezioni su traccia interna.

Dall’altra parte del campo, l’interpretazione di Evra è stata prevedibilmente più conservativa, senza che però Alex Sandro rinunciasse ad entrare dentro il campo palla al piede. Senza il francese ad accompagnare, il nostro esterno si è ritrovato puntualmente – e specialmente nella prima frazione – imbottigliato tra 2 o 3 maglie bianche, senza linee di passaggio pulite e senza un compagno che gli portasse via un uomo. Caparbio, talvolta si è accentrato per poi cercare uno scarico liberatorio verso Khedira o Cuadrado. La mancanza di una sovrapposizione lo ha spesso obbligato a tornare indietro o a cercare il cross dai 25 metri, soprattutto nella ripresa. Il grande dispendio di energie ha poi probabilmente avuto ripercussioni nel secondo tempo, quando qualche errore di valutazione in disimpegno ha fatto scattare sul divano più di un tifoso (è stato il bianconero ad aver perso più palloni, 3).

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Heatmap di Cuadrado e di Alex Sandro: notare la tendenza all’accentramento di Cuadrado, molto più forte rispetto al brasiliano.

Perfettibilità

La stessa costanza con cui Cuadrado ha cercato il corridoio dietro Escudero è venuta meno nel secondo tempo; il colombiano è sembrato accontentarsi di un autoimposto confino sull’esterno, ma questo ha reso più difficile trovare uomini tra le linee, castrando un già difficoltoso giro-palla che ha finito con l’assumere l’inquietante forma a “U” (o a “W”, coinvolgendo Marchisio). Nelle combinazioni tra Cuadrado e Alves mancava forse un piedino educato a supporto, capace di assecondare con giocate di qualità i tagli dell’uno e dell’altro. A sinistra invece, dato l’isolamento di Alex Sandro e la contestuale difficoltà di Sampaoli a prendere tutta l’ampiezza del campo col suo 4-4-1, ci si sarebbe aspettati di vedere più cambi di campo diretti, per dare un casus belli alla battaglia Sandro vs Mariano (o meglio ancora Mercado). In simili situazioni, mancava un centrocampista che si inserisse sulle ricezioni dell’esterno brasiliano, seguito da un avversario che avrebbe così aperto un fisiologico corridoio interno.

Per questo, in molti hanno avuto la sensazione che invertendo Pjanić e Khedira le catene laterali della Juventus ne avrebbero tratto benefici sostanziali, non solo in termini di fluidità di circolazione palla – Pjanić è tremendamente più rapido ed efficace a destra, vedendo uno spettro di campo maggiore sul primo controllo – , ma anche in quanto a pericolosità. Food for thoughts per mister Allegri.