Ripartenze (breve tutorial su come rialzarsi dopo la sconfitta di Monaco)

Come si riparte dopo una sconfitta del genere?

Con una vittoria, semplice.
Nella prima competizione a tiro, il campionato.

Uscire così fa male, perché il primo tempo era una specie di “sogno o son desto?” illustrato, ma a mente fredda sarebbe stato peggio perdere per manifesta inferiorità, come tre stagioni fa, quando il Bayern ci scherzò allegramente all’andata e al ritorno, come un pugile che tiene a bada l’avversario affondando qualche colpo ogni tanto quanto basta.
Stavolta invece ha dovuto usare tutta la forza, e per un’ora abbondante non è bastata.
“Non è tutto, non è poco”.

Alcune considerazioni:

– Le assenze, contrariamente a quello che molti di noi pensavano, hanno pesato più in panchina che nei titolari;
I secondi hanno giocato una partita perfetta, quadrata, senza uno spiffero concesso al Bayern e con le ripartente letali.
Chi invece ha preso il posto di Morata Cuadrado e Khedira non ha reso come era lecito (o sperabile) attendersi, mentre gli innesti del Bayern hanno cambiato la partita (ci rimarranno negli occhi gli ultimi 20 minuti di Coman, complice anche il calo bianconero)

– Il vero peccato mortale (il primo) è stato non fare il terzo gol, che avrebbe reso il secondo tempo una sfilata.
E alla fine, ma solo alla fine, la scelta di Evrà al minuto 89:58 quando decide che è meglio uscire palla al piede piuttosto che spazzare.

 

Poi ci sarebbe anche la notte di Siviglia, ma c’entra poco con la partita di Monaco.

– L’andata e il ritorno sono state speculari nell’andamento, con una squadra che gioca meglio dell’altra, passa in vantaggio, non la chiude pur avendone la possibilità e subisce la rimonta.
La qualità generale della rosa ha determinato il risultato “aggregato” e alla fine ha passato il turno la squadra migliore, perché la squadra migliore è sempre quella che realizza più gol.
L’ultima frase è di un’ovvietà imbarazzante, ma in un periodo di crociate a favore del “bel gioco” ogni tanto fa bene ricordare il vero scopo del giuoco del calcio e cioè fare gol.

– Massimiliano Mingioni ha visto a ragione una similitudine tra questa partita e Bayern Real 0-4 del 2014.

 

Io ci ho rivisto la finale dello stesso anno, con la Juve nei panni dell’Atletico: 90 minuti perfetti, e poi una volta preso il pareggio quando sembrava fatta, la condizione “animica” (cioè psicologica, citazione di Guardiola dopo l’andata) ha preso il sopravvento e ha fatto il resto.

– Ho sentito le dichiarazioni dei protagonisti dopo;
Fa bene Allegri a sorvolare sugli episodi arbitrali: sono gli unici su cui non hai controllo.
Meno bene Marotta a lamentarsi (se proprio vuole farlo, non vada in TV, ma semmai in altre sedi, dove conta farsi sentire e in altri momenti);
mi ha ricordato Bettega dopo la finale del ’97 e allora ci pensò l’avvocato a tirargli le orecchie.

Mi piacerebbe inoltre che un dirigente della Juventus non parlasse mai a nome del calcio italiano, auspicando un qualsiasi tipo di tutela in nome della federazione a cui appartiene.
La Juve non rispecchia nulla del calcio italiano dentro e fuori dal campo, specialmente oggi.
La Juventus rappresenta solo se stessa e solo per se stessa dovrebbe esprimersi per bocca di un suo dirigente.

 

Come ripartire quindi?
La grandezza di una squadra si vede anche in questi momenti dalla capacità di rialzarsi, e fortunatamente la stagione della Juve non finisce qui e non finisce così.
Ci sono altre partite da vincere, in Italia e c’è zero tempo per recriminare sull’arbitro (che non significa non prendere atto degli errori, che ci sono stati)

Per l’Europa se ne riparla a settembre, consapevoli che questa è un’epoca dura per la Juventus per rimpinguare il palmares europeo, altre sono le stagioni da infilare nel cassetto dei rimpianti.
La consapevolezza, guardando in prospettiva, è quella di aver fatto in 3 anni, dal Bayern al Bayern, un salto in avanti pazzesco, che la differenza di budget a volte può quasi scomparire in campo, e che quello che sembrava impossibile 5-6 anni fa, cioè giocare alla pari, sfruttando le proprie armi coi top team europei è assolutamente possibile.

La strada è ancora lunga (si, perché in tutti quei se che stasera abbiamo pensato c’è la differenza tra una squadra che vince e una che ci arriva solo vicino), ma è quella giusta, e la destinazione non può che essere una sola.
O se preferite il bicchiere mezzo vuoto, la strada è giusta ma è ancora lunga.