di Davide Terruzzi
Perché Allegri viene continuamente osteggiato e criticato da una parte dei tifosi della Juventus?
S Siamo dei risultatisti. Questo, ormai, lo sapete. Il calcio è uno sport in cui vince la squadra che fa più punti e che vince una Finale; non è un concorso di bellezza, una gara di tuffi o di ginnastica ritmica in cui la giuria valuta l’esecuzione, la coreografia e lo spettacolo. Il calcio è legato agli episodi e agli eventi: un pallone che sbatte contro il palo ti fa diventare un coglione; il pallone che colpisce la testa dell’avversario ed entra in rete ti fa diventare il fenomeno di turno. La partita con l’Inter è la dimostrazione della natura episodica del calcio: c’è una squadra, la Juventus, che ha giocato meglio, concesso zero occasioni, creato diverse, sbagliato alcuni gol, contro un’altra che è la prima in classifica, la miglior difesa, più riposata e fresca. L’andamento della sfida è ben analizzato e spiegato dall’amico Charles in questo articolo, ma voglio ora soffermarmi sulle critiche che sono piovute nei confronti d’Allegri. L’allenatore bianconero è stato chiaro nelle interviste post partita: “Oggi speravo e credevo che la Juventus facesse una buona partita ma non a questi livelli perchè la sensazione che ho è che la squadra non sta benissimo come vorrei io“. Una semplice dichiarazione che spiega il piano della partita e le scelte di formazione: la condizione atletica globale non è al massimo, ci sono giocatori non brillanti (Dybala), altri che hanno giocato per disputare una gara fisica e intensa. Il risultato è stato quello di limitare alla perfezione la fase offensiva dell’Inter, costringendola a fare quello che non vogliono fare, creando occasioni sfruttando al meglio la debolezza nerazzurra sul lato debole dove Mandžukić ha sbagliato dei gol. Allegri viene accusato di essere stato un cagone, d’aver rispettato eccessivamente l’Inter, di non aver osato nel secondo tempo: premesso che era fondamentale non perdere, evitando di concedere ai nerazzurri contropiede e azioni sulle fasce, probabilmente avrebbe potuto inserire un giocatore (Dybala) nel momento migliore e non passata la sfuriata. Sono dettagli, ma sappiamo benissimo che se avessimo preso un gol in contropiede, Allegri sarebbe stato massacrato; ormai lo conosciamo, sappiamo perfettamente il suo modo d’impostare le partite, di gestirle e di vincerle. Con l’Inter non ha vinto per gli episodi. È un manager pagato per vincere, per essere un calcolatore, logico e razionale, non per mettere in campo chi vuole il popolo o chi è stato pagato di più: la Juventus vuole questo, vuole vincere, lui lo ha fatto e lo sto facendo. Dovremmo smettere di confondere la nostra fantasia e sogni, dominare contro chiunque, con la realtà dei fatti. Questo non significa affatto non criticare, ad esempio è più che giusto affermare che si deve migliorare nel possesso, nella penetrazione, nello scaglionamento, ma evitando di partecipare alla gara di rutti.
Dopo la gara con la Sampdoria, le preoccupazioni erano legittime, perché la Juventus non era più una squadra solida, tosta, aggressiva, nella quale i giocatori si sacrificano e s’aiutano. Quella sconfitta è stata salutare: cinque gare, zero gol subiti, accorciata la distanza dalla vetta, superato il turno in Champions, ritrovata la solidità e la concentrazione sono i risultati che testimoniano quanto fatto. Allegri è un allenatore molto bravo, uno dei migliori, a limitare le squadre avversarie, facendo partite diverse per costringere chi si trova di fronte a giocare dentro uno scenario nemico: il Napoli è stato mandato sulle fasce, 41 volte a crossare, l’Inter a giocare al centro, negandole i cross, appena 7.Questa fluidità e duttilità della Juventus rappresenta una delle armi migliori a livello tattico e organizzativo: rispetto a un allenatore come Sarri, dogmatico e schematico, prevedibile come il prefisso telefonico di Milano, tanto da schierare fuori ruolo Zieliński pur di non cambiare modulo e e sistema di gioco, Allegri sa neutralizzare al meglio gli avversari, creando occasioni da gol puntando sulla qualità dei singoli. Si può fare meglio? Sì. La soluzione attuale è transitoria? Indubbiamente, perché il tecnico deve ancora trovare, prima però la condizione atletica deve essere al meglio per tutti, il modo per far coesistere i migliori giocatori a disposizione; nel frattempo, la solidità è stata ritrovata, la base su cui lavorare.
Un altro vantaggio della Juventus è la profondità della rosa. Attenzione: è vero che il Napoli ha meno alternative, ma Sarri ha dichiarato di preferire un giocatore stanco ma forte a uno più brillante ma meno bravo. È il contrario di quanto deve fare un allenatore per gestire una squadra durante un’intera stagione, avendo come obiettivo quello di non arrivare spompati a fine stagione. Potendo contare su una squadra di qualità e profonda, Allegri può ruotare i calciatori, effettuando diversi cambi tra partita e partita. Gestire le forze durante una stagione significa anche avere il realismo e la consapevolezza di affrontare le partite dosando le energie: andare sempre col piede a tavoletta, ciuccia energia. Si può fare come Sarri, cercare scuse, l’ultima è sulla preparazione anticipata, ma per arrivare bene in fondo è necessario sapersi misurare e dosare. Questa settimana, inoltre, oltre alla capacità della Juventus di fare partite diverse in base all’avversario, dimostra nuovamente la forza mentale della squadra bianconera: poteva arrivare a meno 10 punti dal Napoli e 8 dall’Inter, è pienamente in lotta per vincere nuovamente il campionato e ha passato il turno in Champions. Giocare per vincere, ovvero fare risultato quando bisogna farlo, è uno sport diverso dal giocare per fare bene: questa pressione si sentirà ancora più nel girone di ritorno, quando i punti diventeranno d’oro.
Ci sono molti aspetti, quindi, per guardare con fiducia rinnovata e positivo realismo ai prossimi mesi: i mezzi della Juventus sono chiari, come quelli delle altre squadre. La squadra d’Allegri è superiore alle altre, ci sono ancora categorie di differenza, e resta il principale nemico di sé stessa. Il tecnico bianconero non viene stranamente amato, nonostante i successi ottenuti negli anni, apprezzato, stimato da parte della tifoseria bianconera: come sempre, però, sono i risultati che contano. Su quelli va giudicato il suo operato, non sulla simpatia, non se risponde ai desideri di nerd calcistici. C’è uno iato profondo tra quanto fatto e percepito: la Juventus ha il miglior attacco, ha segnato per 44 gare consecutivamente, ma Allegri viene considerato uno che ha paura, un cagone, solo perché parla d’equilibrio e punta a fare risultati non giocando sempre al massimo. Dopo 3 anni, però, si può solamente dire che è uno dei più vincenti nella storia della Juventus. L’impressione è che questi anni di vittorie abbiano però fatto male a diversi tifosi bianconeri.
Coach Allegri e la nostra più grande paura
“La nostra più grande paura non è quella di essere inadeguati. La nostra più grande paura è quella di essere potenti al di là di ogni misura. È la nostra luce, non la nostra oscurità che più ci spaventa. Ci chiediamo, chi sono io per essere brillante, bellissimo, pieno di talento e favoloso? In realtà, chi sei tu per non esserlo?“
(Marianne Williamson, A return to love)
Ho dismesso da tempo i propositi, anzi le speranze, di una Juventus proattiva, consapevole, appagante, certamente diversa, comunque vincente. Non è per noi, non in questa vita. O, almeno, è questo quello che ci vogliono far credere i vecchi padri putativi della tradizione bianconera, pronti a richiamare all’ordine chiunque provi a mostrare agli altri che un mondo diverso non solo è possibile ma addirittura replicabile, se solo lo si volesse. E si avesse la pazienza di aspettarlo.
Ma non è questo il punto. Il punto è che, nonostante non abbia più la forza e la voglia di combattere una crociata che non si può vincere, odio lo spreco di talento. E la Juventus il suo talento lo sta sprecando. Anzi, lo sta sacrificando. Sull’altare della gestione a tutti i costi, del controllo, della paura di perdere partite che si dovrebbero e potrebbero vincere, di un marzo che sembra ancora così lontano nel tempo e di chissà cos’altro. Tutto condensato in 90 minuti in cui l’attuale capolista è stata dominata, a tratti scherzata, riuscendo comunque a tornarsene a casa con il punto per cui era venuta. E ce la si può prendere con i pali e Handanovic (che, giova ricordarlo, sta lì per parare. Nel suo caso bene) fino a un certo punto: per l’ennesima volta la sensazione che ho avuto è stata quella di una squadra che ha quasi paura di ribadire e dimostrare la propria superiorità, di diventare quello che dovrebbe già essere, di anticipare troppo la deadline temporale imposta dall’allenatore, scoprendo in anticipo le proprie carte. Che sarebbero tante e di valore, oggi come a marzo, a patto di volerle usare fino in fondo. Non saprei altrimenti come spiegarmi la completa rinuncia a Douglas Costa, i quindici minuti di Dybala che somigliano tanto ai sei di Rivera a Messico ’70, l’ennesima demineralizzazione delle qualità di Higuain (appena 31 palloni toccati da chi sarebbe potenzialmente da 30 gol a campionato ogni singola stagione), l’ultimo cambio tenuto in faretra in attesa di tempi migliori che potrebbero anche non arrivare o arrivare troppo tardi, soprattutto se saranno gli altri a non voler aspettare.
Certo si dirà, giustamente, che il piano partita era comunque buono (anzi, è andata addirittura meglio di quel che credessi dopo aver visto la formazione iniziale e sembra anche essere ritornata la compattezza dei tempi migliori) e che se Mandzukic avesse sfruttato almeno una delle due colossali occasioni a disposizione, Allegri avrebbe avuto ancora una volta ragione sul resto del mondo; così come, magari, ha ragione Luca Momblano quando scrive di “un semplice soundcheck a cui non ha partecipato il frontman” in funzione del classico bicchiere mezzo pieno da guardare con ottimismo e fiducia. Eppure, è più forte di me, non riesco a farmi piacere questa rinuncia quasi scientifica a voler esprimere compiutamente noi stessi: perché mi rifiuto di credere che, a questo punto di 2017/2018, non si possa fare di più e meglio di così, che Dybala sia questo, che Sandro sia ancora alla ricerca di se stesso, che Bernardeschi non sia ancora pronto per certe partite, che Douglas Costa sia ancora troppo anarchico, che di Mandzukic e Khedira non si possa fare a meno mai ma proprio mai.
Ma come ho imparato a farmi una ragione dell’impossibilità di aspirare a una Juventus che appagasse occhi, intelletto e risultati, così imparerò a farmi una ragione di questo nostro modo di essere. È solo questione di tempo, proprio come l’attesa del nostro mese salvifico. Sperando che Coach Allegri abbia visto giusto per l’ennesima volta.
Claudio Pellecchia.
Allegri ci ha visto giusto, ancora una volta
Mandzukic Douglas Costa, Dybala… La partita di ieri ha portato tante critiche e perplessità all’allenatore toscano. Ma Allegri ci ha visto giusto ancora una volta. Quando una squadra crea 4-5 nitide occasioni da gol, l’allenatore ha fatto il suo, ampiamente, a meno che non si giochi contro il Pizzighettone. E l’Inter attuale non è affatto il Pizzighettone. È una formazione quadrata e ben assortita, con varia qualità sparsa in diverse zone del campo. Non è l’Inter degli ultimi anni. Spalletti ci sa fare, lo sappiamo, sa dare identità alle sue squadre, creare trame di gioco e allo stesso tempo essere molto concreto. Non è Sarri che si fa incartare una volta si è l’altra pure da Allegri. Sa badare al sodo quando serve e far pungere la squadra quando serve.
Ma torniamo a noi. L’inserimento di Douglas Costa per Mandzukic (la mossa maggiormente richiesta dall’opinione generale) ci avrebbe dato sicuramente molta più pericolosità offensiva, ma ci avrebbe garantito lo stesso equilibrio e dominio in mezzo al campo? Quanti palloni ha difeso e recuperato il croato? In coppia con Asamoah, Mario ha cancellato dalla partita il loro esterno destro e mentre faceva tutto questo è andato almeno tre volte vicino al gol, con una traversa clamorosa. Vedere Mario oggi attaccato da molti mi fa davvero sorridere. Higuain sarà pure stato poco servito, ma era in campo esattamente come Mario ed un centravanti deve farsi vedere e trovare pronto più spesso. Combinazioni basse assenti, sui cross mai pervenuto, sulla profondità sempre in fuorigioco, insomma, se proprio volessimo attaccare qualcuno dalla partita di ieri mi sembrerebbe più papabile l’argentino del croato. Ma non troverei lucida neanche questa conclusione.
La partita di ieri ci ha fornita una Juventus assolutamente solida, ordinata ed equilibrata come forse mai in stagione, ed in tutto questo ha saputo creare diverse nitide occasioni da gol. Credo che il compito dell’allenatore sia stato svolto al meglio, centrando quasi quel compromesso inevitabile tra equilibrio e pericolosità offensiva. Se non si fossero create occasioni le trombe della critica sarebbero state giustificate, ma così non è stato. La Juventus è stata viva, ordinata, equilibrata e pericolosa. Inoltre l’allenatore toscano non è stato neanche aiutato dai cambi. La giusta panchina a Dybala non ha dato ancora quella sperata reazione di orgoglio, e quando Max voleva inserire Alex Sandro per il Ghanese, avendo capito che quella era la zona maggiormente scoperta dell’undici nerazzurro, il problemino fisico di Pjanic lo ha impedito.
Ecco, se proprio dovessimo trovare una scelta non felice ieri potremmo puntare su Asamoah, che pur ha fatto una buona prova. Era l’uomo che godeva nettamente di maggiore libertà, ma non avendo purtroppo nelle sue corde la lucidità e la qualità offensiva necessaria a far male alla solida linea interista. Ma per lo stesso terzino brasiliano, vale il discorso fatto per l’ex Bayern Monaco. Ci avrebbe dato maggiore pericolosità, ok, ma avrebbe fornito garanzie difensive? Questo attuale Alex Sandro? Criticare le scelte di Max nella partita di ieri è davvero difficile a mio modo di vedere. Sinceramente mi prenderei sempre una Juventus che crea 4-5 nitide palle gol, subendone zero. Quel famoso compromesso equilibrio-pericolosità… Quello è lo scopo da raggiungere di un bravo allenatore…e ieri è stato raggiunto come pochissime altre volte in questa stagione.
Alexander Supertramp.