Il viaggio della Juve verso la finale Champions contro…
Lo spiegano le mappe: per spostarsi secondo logica da Oporto a Cardiff si dovrebbe passare in prossimità di Madrid e Parigi, in questo rigoroso ordine. A dicembre tutto questo lo si può solo sognare, e lasciarsi trasportare. Sì, è un esercizio di stile, frutto di un’imbeccata squisitamente geografica, al quale vanno aggiunti, per associazione d’idee calcistiche e un minimo di senso di veridicità, una spruzzata di storia, aneddoti a granelli e i soliti immancabili luoghi comuni che solo nel calcio a volte funzionano. Il match conclusivo del possibile percorso netto della Juventus, come sovente accade, sarebbe un inedito. Maledetta fantasia…
OTTAVI DI FINALE
Tutto nasce da una traiettoria. Si va dall’estremo occidente europeo, lusitano, alla provincia più operaia del Regno Unito. La Juve, in pratica, salterebbe sul vagone “Portogalles” nel momento stesso dell’eliminazione da infliggersi ai Dragoes: andata 2-2 con Bonucci che la riprende sul gong, sotto di due reti accorciate da un tiraccio disperato di Pjanic; ritorno 1-0, ancora Leo, Higuain infortunato al 10′, due pali di Dybala, Khedira che salva sulla linea, arbitraggio che lascia correre tutto da entrambe le parti, Stadium che si accende e si spegne. Allegri la chiude con un 4-4-1-1 Pjanic a supporto di Dybala con i crampi.
Altri campi: Psg che non si sa bene come (Cavani che supera Messi in classifica marcatori generale?) elimina il Barcellona (lo dice Google Maps: da Parigi ci dobbiamo passare in semifinale); Atletico due volte di misura su un Leverkusen leggerino e poco fortunato; Benfica contro pronostico ai danni del Borussia Dortmund che tutto e niente può; Bayern facile all’Emirates, fortino dell’Arsenal, dopo la partita soporifera dell’andata (Ancelotti ha la storia del club bavarese dalla sua, sempre fatale a Wenger negli ottavi della competizione); Manchester City di giustezza sul Monaco dopo una partita d’andata in cui Pepper Guardiola applaude il pubblico indicandosi le meningi; infine Sampaoli con quella faccia lì, tra il genio di Agassi e le autoflagellazioni di Malesani, 0-0 e 1-0, gol partita di testa nel mucchio di due difensori di Ranieri che colpiscono in contemporanea a dieci dal termine dei 180 minuti.
QUARTI DI FINALE
All’urna si presenta Lilian Thuram. La mappa parla chiaro, non c’è via d’uscita: la prossima sosta è al Santiago Bernabeu.
Contro i grandi numeri (che sono clamorosamente dalla parte della Juventus nella doppia partita) e contro Alvaro Morata. Ci sono quattro Palloni d’Oro da affrontare, ma sono tutti dello stesso uomo. Sempre meglio che nel 2003. I bianconeri, nonostante tutto, non sono i favoriti. Troppa sofferenza nel turno precedente, e poi il Real è il Real e Zidane è Zidane. Sergio Ramos preoccupa relativamente, Allegri può scegliere tra due carte: Higuain o Sturaro. Ballottaggio risolto con sopresa: entrambi in campo, addirittura con Rincon terzino sinistro (Alex Sandro squalificato) e Mandzukic in tribuna per una scenata durante la rifinitura. Prima partita in Spagna, ovviamente Bale ha nel frattempo recuperato e si è ulteriormente ingrossato: è ormai pronto per sfidare Bolt. Dani Alves non è ancora a posto, Lichtsteiner è l’uomo giusto (anche perché l’unico) per affrontare il gallese che ha pubblicato un calendario dedicato alla sua capitale. Termina 0-0, superiamo il centrocampo una volta con Cuadrado nella ripresa, azione da coyote sulla destra e seguente cross teso al buio. Tutto bello, decisamente più bello di Birindelli al Camp Nou. Solo che Witsel non è Zalayeta e finisce come Vieri a Daejeon. Tre minuti per rialzarsi, arbitro che indica l’orologio, il recupero sarà di sette, Buffon chiuderà baciando il gesso della linea di porta. Ritorno invece lineare: Juve in emergenza difensiva. Rugani terzino destro, Evra centrale con Barzagli, troppa gente con la camiseta blanca in gita a Torino. Fa tutto Alex Sandro: assist a Higuain e gol dell’ex. Riposo. Raddoppio del brasiliano di testa su corner di Marchisio (Pjanic sostituito al 50′ da Asamoah). Sandro poi ingenuo su Lucas Vazquez, palla che rimbalza e lo supera, 2-1 madrileno. Allegri che lo richiama, gli indica di stare piatto sui centrali e lui invece che nitrisce e va. Sandro, Alex Sandro, ancora Alex Sandro, di forza, Carvajal finisce steso a terra a mezzo metro dai tabelloni pubblicitari. Tiro, anzi cross, è tirocross, più cross che tiro, uno che dovrebbe fare il portiere (insomma, dai, noi siamo abituati bene) smanaccia. Arriva Pjaca, ha praticamente ancora la tuta addosso. Gol. Mancano 6 minuti. Ci siamo. E’ finita solo quando è finita, però. C’è il tempo per l’apoteosi. Segna Marchisio in campo aperto, pescato da Khedira alla ventiduesima consecutiva da titolare. E’ anche la sua rivincita. Gente che piange, altri che insultano Zidane. “Sotto la doccia!”. Morata ignorato in campo e fuori, dura legge di questo sport. Ma, al momento è soltanto passaggio alle semifinali. Top-trend di Twitter: #CRexit.
Altri campi: il Bayern Monaco fa a fette il Benfica con Lewandowski e Muller (3 gol a testa tra andata e ritorno); Simeone stoicamente eliminato da Vardy, ora abbinato su tutte le prime pagine nazionali all’Inter proprio per volere del possibile tecnico argentino. Icardi a un passo dall’Arsenal che paga la clausola. L’altra semifinale, in pratica, ha una nettissima favorita.
SEMIFINALE
Pesca Frank De Boer, che saluta il pubblico in italiano. Era scritto lungo i muri: viaggio a Parigi. Per estetica, la più juventina delle capitali europee. L’ambiente Psg è più spossato di me che scrivo queste righe viaggiando come una palla dentro questo vaneggiante disegno europeo. Tutti contro tutti, da pochi giorni Balotelli ha aperto ufficialmente lo stato di crisi intorno a Unay Emery nello scontro diretto per il titolo transalpino. Verratti è fuori rosa. Cavani ultimo dei fedelissimi. Thiago Silva ha rinnovato da mesi ma radiospogliatoio rimbomba ancora: Marotta lo vuole e viceversa (detto così sembrerebbe brutto), ma forse l’obiettivo del direttore è distogliere l’attenzione dall’abruzzese. Partita a rischio: sicurezza nazionale al massimo livello di allerta. Sulle televisioni francesi è psicosi. Soffriamo per mezz’ora, Rabiot però non tira mai, sempre un tocco di troppo. Chiellini su Cavani è un mantra, ci sono la difesa a tre e il gol di Mandzukic con la punta del piede a inizio ripresa. Tutto molto all’italiana, il pubblico ha fretta di andare a casa. Per il Psg nel dopogara parla solo Jean-Claude Blanc e cita Sarri che intanto i rumour danno in ballottaggio con Allegri per la panchina parigina. Minimo vantaggio col minimo sforzo dopo 90 minuti. Buffon deve intervenire una sola volta, da aggiungersi alla videoteca personale, su staffilata di Lucas Moura che poi non ha la forza di restituire il cinque del capitano bianconero. Sembra di buon umore, Buffon Abbraccia tutti, Buffon. Come se avesse nulla da perdere. Allegri in conferenza stampa parla di “fattore incoscienza” ricordando un proverbio livornese. Mancano novanta minuti al tunnel sotto la Manica. Buffon ha però capito l’aria che tira, ha capito tutto. Gara-due è senza storia e senza particolare verve. 2-0, Dybala e Higuain, come si poteva sognare sulle formazioni cartacee dell’estate precedente. Loro due. Con assist involontario reciproco. Al triplice fischio sono abbracciati. Vengono svegliati da Barzagli che li schiaffeggia sulla nuca prima della corsa sotto le curve dello Stadium. Nessuno se n’è ancora reso bene conto, ma in società hanno già prenotato i biglietti per Londra. Sì, Londra. C’è un saluto da portare. Quartiere bleus. C’è una persona che è stato cristo e anticristo di questo nuovo vangelo apocrifo juventino.
FINALE
Bayern Monaco o Leicester.
Pensateci bene.
Prendetevi il giusto tempo.
Tanto poi, come un lampo, arriverà il 22 febbraio.
Luca Momblano.