Ronaldo ha steccato, colpa delle nostre emozioni

Qualcuno lo deve pur dire: Cristiano Ronaldo in quanto tale, in quanto Cristiano, in quanto Ronaldo, in quanto giocatore di categoria superiore e assoluta, in quanto attaccante, funambolo, cecchino, in quanto spietato e giustamente egocentrico nell’essenziale del campo, ecco… ecco… Cristiano Ronaldo ha steccato la prima allo Stadium. Lo si può dire e non c’è granché di cui ci si possa preoccupare.

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Ciò non toglie che ci sia letteralmente esaltati quando la fionda dell’asso portoghese sembrava averla spedita dritta sotto la traversa alla sua maniera, spostando il pallone e frustando in torsione come solo un atleta vero può fare. Come nessuno può negare di essere rimasto tra l’apnea e lo stordimento negli attimi in cui il piattone da pochi passi su assist di Cancelo si impennava senza gravità, senza il senso delle tre dimensioni, senza capire un accidenti di ciò che stesse realmente accadendo. Qualcuno può aver anche fatto in tempo (perché è stato un attimo lunghissimo, pensate quanto lungo fosse accaduto in un’andata e ritorno di Champions) a pensare la parola “maledizione”, ma Mandzukic è un tipo sul pezzo anche quando va in riserva.

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Però lo ripeto: non c’è nulla di male, nulla che preoccupi. Tra gli juventini c’è una fame di Juve rinnovata, anche esagerata, al punto di voler saltare avanti premendo un bottone, direttamente alle semifinali europee con il campionato che chissà se questa volta sarà già chiuso. Una fame che al solito offusca la memoria a breve termine, una fame che è necessità di sentirsi l’emozione subito addosso. Si chiama fretta, che è anche un po’ di vecchia insana invidia per gli highlights della Liga su Facebook o YouTube. Schegge di un calcio di un altro mondo proprio perché dispensate all’occorrenza, al nuovo record, al nuovo trick – come se non ne avesse mai sbagliata una – di un campione che si mette in discussione (miglior certificato di garanzia possibile). E non è la solita emozione di sempre, di ogni stagione ai primi calci, quindi la voglia che la Juve corra, che il pallone rotoli, che l’arbitro fischi, che uno dei nostri esulti, che Allegri sogghigni. L’emozione-Ronaldo è fuori dal Ronaldo quotidiano che è per noi tutto negli allenamenti e nei social network. Essa sta altrove, sta nel volersi (a proposito di gare decisive di Champions) sentire il Real eppure non il Real non siamo. Sarà bello essere diversi, dovrà essere bello essere diversi. E concludo convinto del fatto che lo stesso Ronaldo abbia voglia che sia tutto nuovo, tutto diverso.

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A proposito: impressionanti ancora i suoi ultimi 20 minuti nonostante le imprecisioni, che quando la partita si sfibra lui resta lo stesso del primo minuto, e dunque sembra trasformarsi. Anche al 50/60% della condizione (la gambina dura gliel’ho vista, a un certo punto, proprio negli uno contro uno, che molto presto saranno un solito ma diverso marchio di fabbrica). E poi: il campo aperto. Se Guardiola è il re pensante dello spingere i migliori ad attaccare, per esaltarsi, negli spazi stretti, Cristiano è il mago degli spazi larghi, dove la capacità di decision-making è decisiva quanto nello stretto perché avviene forse con maggior tempo a disposizione ma con mente, muscoli e nervi sotto sforzo. Allegri lo cita (Ronaldo) parlando di verticalità e dunque ci siamo: fa un certo effetto poterlo scrivere il 26 agosto.

Luca Momblano.