Juventus-Sassuolo, minuto 55. Sansone fa una splendida veronica, lascia sul posto Barzagli (un evento!) ed entra in area. Bonucci e Rugani non lo affrontano. Chiudono l’imbuto, temporeggiano e costringono l’attaccante del Sassuolo a perdere l’attimo buono. Una finezza: anticipi e scivolate si notano molto meglio. E il bello è che questa, per il giovane difensore n° 24, non è affatto una novità. Al contrario del Caceres dei vecchi tempi, per dirne uno particolarmente irruente, Rugani è già molto scaltro nella capacità di temporeggiare, di fare il passo indietro. Insomma, quando è distante dall’avversario, è bravo ad accorciare, ma poi a fermarsi, per impedire di essere saltato.
A Rugani, semmai, manca il contrario. Il passo in avanti, l’anticipo, la pressione, magari anche un po’ cattiva. E questo lo rende più vulnerabile nella posizione di centrale-laterale in cui viene chiamato a giocare quando non ci sono Chiellini o Barzagli. Il passo indietro, di norma, lo fa Bonucci, gli altri due – come ha fatto due volte su Sansone il buon Barzagli, arrivando ad aggredirlo al limite dell’area del Sassuolo – «escono». La buona notizia è che Rugani, contro il Sassuolo, ha finalmente cominciato a «uscire», ad anticipare i tempi e a far sentire il fisico, che certo non gli manca. Si dirà, non contro avversari irresistibili, certo. Ma la bravura di un difensore la fa più la testa che la forza o debolezza dell’attaccante. E non per caso la sua partita è stata in crescendo: mentre la Juve si sgonfiava un po’, Rugani usciva sempre più sicuro e più deciso.
Per un attaccante è tutto più facile mentalmente. Ci vogliono i piedi, per carità. Ma un attaccante ha la grande fortuna di poter sbagliare e potersi rifare un minuto dopo. Per lui un errore e un gol significano un gol fatto. Per un difensore, una chiusura capolavoro e un errore significano un gol subito. Per questo, i difensori sono come il vino, migliorano invecchiando e continuano a farlo fintanto che il loro fisico regge. Perché crescendo impari a leggere la partita e le situazioni (capacità tattica), impari a capire prima come affrontare un avversario complicato (mestiere), impari a essere costante e a fare meno errori (concentrazione) e sei capace di assorbire gli errori che capitano inevitabilmente a tutti evitando che ti condizionino (personalità).
Ma per crescere, un difensore ha bisogno di prendere anche gli schiaffi. Rugani in Coppa Italia contro l’Inter ne ha presi uno bello grosso. Sia chiaro sin da subito, non basterà. Ma è altrettanto chiaro e altrettanto da subito che quello schiaffo gli è servito per capire che non può affrontare in modo troppo passivo situazioni complicate: se ti capita il velocissimo Perisic, sull’erba bagnata, con il centrocampo che non ti aiuta, lì devi avere la freddezza di renderti conto che se lui corre più veloce, tu hai più fisico: e quindi è meglio anticipare, che concedere la profondità; è meglio fare fallo subito che farlo dopo; è meglio essere ruvidi, che eleganti.
Nel calcio, non c’è nulla di più difficile che capire se un difensore diventerà un grande difensore. Un attaccante lo vedi quasi subito. Se ha i numeri (e non è cretino), nove su dieci ce la fa. Il difensore è continuità e quindi lo scopri solo negli anni. Bonera ai tempi dell’under 21 era di gran lunga il migliore al mondo. Tutti, giustamente, ci scommettevano. Non ha fatto un metro avanti, è rimasto bravino, uno dei tanti. Rugani il fisico, il senso della posizione, i tempi li ha. I presupposti ci sono. Ma a differenza di un attaccante un difensore ha un vantaggio: mentre per l’altro contano i piedi, per un difensore conta la volontà. Se hai un minimo di qualità, ti serve solo l’ostinazione.
Perché un difensore non è, un difensore si costruisce.
Giuglio Gori