Scirea l’extraterrestre

Un uomo venuto da un altro pianeta. È Dino Zoff, e chi altrimenti potremmo dire, a darci, in “Buffa racconta Scirea”, quella che forse è la descrizione più esatta di chi era Gaetano Scirea. Un extraterrestre. E si capisce bene anche dai volti di Tardelli e Prandelli, che dopo quarant’anni non si capacitano ancora del perché Gaetano non si arrabbiasse mai, non parlasse male di nessuno, non avesse reazioni eccessive. Uno che, racconta Buffa, mentre torna a casa alle sei del mattino dopo aver festeggiato tutta la notte in discoteca, luogo in cui non era mai entrato in vita sua, lo scudetto appena vinto, si vergogna quando incontra un operaio della Fiat che invece sta andando a lavoro, si vergogna al pensiero di papà Stefano che per tutta la vita ha fatto proprio quello. Perché l’eccesso, la maleducazione, la reazione eccessiva, la perdita di lucidità, soprattutto nel calcio, riusciamo ancora a giustificarle, a riconoscerle, in fondo sono elementi umani, ci sentiamo pure grandi quando le condanniamo e ancora più grandi quando riusciamo addirittura a perdonarle e andare avanti, mentre la gentilezza, il rispetto e l’educazione, ecco, quelle robe lì ci sembrano ancora di un altro pianeta.

Scirea parla al microfono con la voce di uno che non vuole fare perdere tempo al giornalista e sembra uno di quei ragazzini che in classe si siedono all’ultimo banco non perché vogliono fare caciara, ma perché non vogliono disturbare gli altri e sono pure i più bravi di tutti e nei compiti e nelle interrogazioni prendono tutti 10.  Non è timidezza, lo spiega bene la moglie Mariella, è rispetto, è voler entrare in punta di piedi nelle vite degli altri. Come tutti i più grandi estimatori del silenzio, che pratica splendidamente, Scirea è un grande osservatore, sa che il passaggio da un equilibrio e l’altro deve essere delicato, naturale e indolore, ha bisogno di tempo di prima di sentirsi a suo agio in una nuova situazione e non disturba. Quando deve andare per la prima volta a Villar Perosa, si fa accompagnare dal fratello Paolo e dai genitori, ma appena vede i macchinoni dei suoi nuovi compagni di squadra, non vuole scendere, non vuole entrare, cosa c’entra lui con Zoff, Gentile e Altafini, cosa c’entra con la Juventus, e allora Paolo deve spingerlo dentro con la forza. Lega con i ragazzi della Primavera, perché quelli della prima squadra sono inarrivabili, va a giocare spesso a carte nel pensionario dove alloggiano e lì incontra Mariella, che all’inizio saluta timidamente con la mano, una, due, tre, quattro e cinque volte, e poi invita al cinema. Il resto lo conosciamo bene.

In punta di piedi, dicevamo. In punta di piedi, ma neanche tanto, nel senso che sì, aveva dei piedi gentili, come piace ribadire a tutti, era riservato e silenzioso, ma in campo era una presenza possente, il più bravo di tutti, Scirea ha vinto qualunque cosa possa vincere in carriera un giocatore di calcio. Lo dice bene pure Zoff, ha vinto tutto, ha vinto più di me, e allora perché i media gli hanno sempre dato meno spazio di quanto meritasse? Forse perché Gaetano, per come era fatto, è sempre stato meno mediatico degli altri.  D’altronde, a uno che andava agli allenamenti in autobus e copriva con lo scotch nero la scritta Juventus della borsa da allenamento, cosa vuoi che importi quante volte va in tv e quante volte il suo nome viene menzionato.

Poi vengono i piani altissimi: “Chi è questo ragazzo che non sembra destinato a fare cose eccezionali?”. Inizia più o meno così, racconta sempre Buffa, il rapporto tra l’avvocato Agnelli e Gaetano Scirea. Una frase che si capisce bene solo se si capisce bene chi era e cosa piaceva a Gianni Agnelli. Scirea era la Juventus prima di diventare un giocatore della Juventus, Scirea è stato ed è l’essenza della Juventus, Scirea è forse il primo giocatore noi juventini sceglieremmo per raccontare cos’è la Juventus. Mi piace pensare che quel giorno a Villar Perosa l’avvocato Agnelli l’avesse già capito. In fondo le grandi storie hanno una buona dose di verità e una buona dose di epicità. Non si è mai capito bene se Scirea sapesse quanto fosse grande, professionalmente e umanamente parlando, quanto significasse per il mondo del calcio e dello sport in generale, ma probabilmente non era a lui che dovevamo chiederlo. Mettendo a confronto tutte le interviste di chi lo ha conosciuto da vicino da compagno o da avversario, saltano fuori sempre le stesse cose, cose bellissime, per altro, il che non è assolutamente scontato. Gaetano Scirea è per tutti la stessa, e cosa vuoi giungere allora tu.

È vero, c’è Buffa che racconta Scirea, ma c’e soprattutto Zoff che racconta Scirea, forse la mia scatola cinese preferita.  C’è Zoff che dice che solo col tempo ha capito la calma e la gentilezza di Gaetano, c’è uno Zoff giovane che si alza, va a fare un’intervista al posto di Scirea e parla solo di quanto è bravo Scirea, c’è Zoff che ci tiene a ribadire che lui ha vinto meno del numero 6 della Juventus, c’è Zoff campione del mondo che beve vino e fuma una sigarettina insieme a Gaetano. Insomma, c’è Zoff che fa Dio e che fa venire voglia di un nuovo format: Zoff racconta tutti quelli che ci mancano tanto.

Poi arriva la tristezza, e non perché Scirea è morto troppo presto, certo anche quello, ma perché da lui non abbiamo imparato nulla.