Che cavolo racconti, il giorno dopo una partita del genere?
Vai con ordine, è sempre la cosa migliore. Parti dall’andata.
Dalla delusione di una partita in cui, pur avendo giocato bene per un’oretta, hai commesso troppi errori, tali da indurti a pensare di avere fatto un enorme passo indietro, che la distanza si è accentuata, è tornata incolmabile, Cardiff non è stata assorbita e cominciamo a soffrire anche psicologicamente il gap con certe squadre.
Brutto, siamo fuori dalla Champions e nel modo peggiore. E me la ricordo, quella cena torinese passata a discutere di come rinascere, da chi ripartire, come riprovarci, degli applausi a Ronaldo, o meglio al suo gol, “vedi che noi siamo diversi?”, “sì ma noi dobbiamo pensare a sostenere la squadra, non ad applaudire gli avversari” e così via, in discussioni sterili, inutili, col sorriso ma anche un po’ amare, che di solito non ci appartengono, perché se ci si perde a disquisire di altro vuol dire che l’obiettivo è già perso e la serata, anzi l’intera settimana che porta al ritorno, è svuotata del suo unico significato: la speranza di passare il turno.
Poi racconti al volo questi otto giorni un po’ così, tra l’andata e il Bernabeu.
Ti ricordi di Nedved insultato in tribuna per il rigore più netto della stagione (non visto “live” dall’arbitro a due metri), perché qui il calcio lo hanno distrutto da tempo, il clima è questo, perennemente avvelenato dall’ormai incontrollabile frustrazione dei soliti noti,deflagrata pure in campi dove non ci hanno mai visto e chissà quando ci rivedranno.
Fai un cenno alla grande partita della Roma, che speravi vivamente non ce la facesse ma ha meritato nettamente di passare, e allora “rosicata” dichiarata ma sinceri complimenti nostri e della società, perché siamo fatti così e non ce ne frega nulla che in questi oltre duemila giorni consecutivi di trionfi veri non sia mai arrivato neanche mezzo tweet di congratulazioni di un dirigente, di una società, persino di un tifoso, non ce ne frega nulla perché possono farci di tutto, pure mandarci in B, ma non farci diventare come loro, quello proprio no.
Pensi ai tanti tuoi compagni di tifo che per portare avanti le proprie sterili battaglie non si godono appieno questi anni di vittorie, perché “in Italia vincerebbe chiunque perché giochi contro nessuno”. Ecco, oggi, uno di questi Nessuno, dopo avere fatto quasi 90 punti l’anno scorso, ha appena distrutto il Barcellona ai quarti. Ma tu continua pure a non godertela, eh, chi vuole convincerti…
Poi però devi arrivare alla partita ed è sicuramente la parte più difficile.
Perché vivi la giornata, per la prima volta, senza tensione, proprio per quella maledetta andata. Ceni prima della partita e hai pure fame, e quando mai ti è capitato, a ridosso di un quarto di finale di Champions?
Controlli le statistiche sul Bernabeu: inutile, non c’è mai riuscito nessuno.
Scherzi su come si potrebbe rimontare: “allora, facciamo un gol entro il decimo minuto”, ridi, neanche fai in tempo a dirlo e sei già sopra uno a zero.
Vedi Mandzukic implacabile, Khedira e Matuidi pronti a inserirsi, Pjanic a farla girare, i difensori attenti, Buffon para quello che deve parare, Ronaldo si tuffa e si lamenta dal primo minuto, altro che applausi, e vai 3-0 sul serio, al Bernabeu, quasi senza accorgertene.
La gestisci perfettamente, senza caricare a testa bassa, sapendo aspettare il tuo momento, rispettoso dei rivali e allo stesso tempo conscio della tua forza, come abbiamo imparato da almeno 4 anni, ma ormai la Champions la conosci e infatti finisce come sappiamo, al minuto che sappiamo.
Intanto, in giro, sono partiti i commenti, sempre sintomatici della frustrazione dilagante ma un po’ più debolucci del solito, perché è dura passare una settimana tronfio nel definirci l’Ascoli europeo e poi aggrapparsi al rigorillo al Bernabeu al 93esimo dopo una partita così contro i pluricampioni d’Europa.
Ecco allora gli strali contro le frasi post partita, non tanto di Agnelli che parte dal VAR europeo e Collina designatore (mediocre) da troppo tempo e finisce difendendo Ramos e facendo un in bocca al lupo a chi un in bocca al lupo non gliel’ha fatto mai, né di Allegri, che non sbaglia una parola, un tono, si mantiene sempre distante e leggero, ed è un altro dei mille motivi per i quali ci mancherà quando non sarà più di noi.
No, loro ce l’hanno con Buffon, ancora incredulo e furioso per questo finale di carriera europea, in cui racconta quanto accaduto con emozione evidente e termini non sempre azzeccati. “Che vergogna quelle dichiarazioni post partita”, ci rinfaccia indignata gente per la quale di solito gli episodi arbitrali durano 30 o 40 anni, che durante la settimana – mica a caldo dopo un rigore all’ultimo secondo – sbraita contro squadre che si scansano, troppi prestiti, presunti tunnel segreti nello stadio, “vedi che ora con il Var non vincete più?” e dopo sei mesi “vedi che rubate anche con il VAR?”, così, con la stessa faccia e senza un briciolo di pudore, e poi gli orari delle partite, i calendari, le convocazioni in Nazionale, gente che ha come avatar Cacciatore con le manette, come idoli chi sta festeggiando il ventennale di un presunto torto arbitrale come fosse un trofeo o come presidente chi nel 2018 se la prende ancora con quanto accaduto durante l’unità d’Italia, ma non può proprio accettare che Buffon, dopo un rigore e un rosso all’ultimo minuto della sua ultima partita, sia visibilmente arrabbiato.
Per non parlare di quelli che “vedete perché abbiamo tifato per la Roma e non per voi?”, come ci dovesse interessare per qualche motivo.
No, i commenti altrui decisamente non meritano troppo tempo.
Rimarrebbe da raccontare il finale.
E il finale sarebbe la risposta alla domanda: “e oggi, il giorno dopo, come stai?”.
E la risposta sarebbe semplice, perché, senza sprecare troppe parole, sarebbe la foto dell’espressione di qualunque juventino sul pianeta stamattina. Ferito e fiero. Sollevato perché conscio che non c’è alcuna rifondazione da fare. Che non esiste partita in cui partiamo sconfitti. Che se gioca la Juve, anche se ha perso l’andata 3-0 in casa, fai male ad avere fame subito prima della partita.
Perché sarà una serata esaltante pure quella. Pure quando non ci credevi neanche te, che nella Juve hai creduto proprio sempre.
Il Maestro Massimo Zampini