Che qualcosa non girasse per il verso giusto l’ho capito il giorno prima. Sono quattro anni che ogni partita di Champions League la vedo con Alessandro. Quattro anni di grandi gioie e di cocenti delusioni, ma soprattutto di un rito che si perpetua settimana dopo settimana. Non sono scaramantico, è l’abitudine ad avermici fatto diventare.
Poi quel messaggio: “Piè, lo so che c’è lo Sporting, però martedì ho organizzato una festa di Halloween”. E un timido: “Ti va di venire?”.
Per un’infinitesimale frazione di secondo il mondo è collassato su se stesso. L’ultima volta che mi sono travestito ero un moschettiere, e mi disegnai i baffi con un sughero annerito con il fuoco. Sono più o meno vent’anni che i baffi li ho a prescindere dal carbone. Ma soprattutto l’ultima partita che non abbiamo visto insieme è successo che ho preso un aereo e mi sono infilato festante nel Milleniumstadium di Cardiff.
Ancora mi ricordo il suo messaggio prepartita: “Ti invidio”. E quello dopo: “No, non ti invidio per nulla”. Sale sulle ferite. Halloween e la Champions. Era chiaro che qualcosa dovesse andare storto.
E di re che era iniziata alla grande. Pressing alto, a tutto campo, scambi a mille all’ora. Il telecronista, inconsapevole più che maligno, diceva che sembravamo “il Napoli di Sarri”. Attimi di nervosismo, ma si sa, è l’anno del Napoli. Percussione di Alex Sandro, si appoggia su Dybala che gliela restituisce, incrocio dei pali. Imprecazioni.
La prima crepa nell’ordine costituito delle cose verso la metà del primo tempo. Cross di Coentrao, Chiellini e Dost si strattonano in area, la palla sfila innocua, l’arbitro non fischia. Parte alla velocità di Usain Bolt la batteria twittarola del “Eh, lo vedi gli aiutini alla Juve senza il Var”. Gli stessi che fino all’anno scorso dicevano “Eh, in Europa la Juve senza gli aiutini non vince”. Senza senso. Ma se ce ne fosse bisogno mi ricorda quanto sia cruciale vincere il primo campionato con la moviola in campo. Più cruciale di qualunque tipo di record da infrangere.
Dall’episodio nella nostra area la partita cambia. Arretriamo, iniziamo a gestire le fasi di gioco. Max in panchina urla a ogni errore tecnico. La squadra d’improvviso capisce che non si deve perdere, inizia ad aspettare l’occasione giusta. Una mezza occasione di Higuain in chiusura di primo tempo fa appena sobbalzare sulla sedia. Ma è la notte di Halloween, l’oscurità avanza inesorabile, i mostri iniziano a delinearsi all’orizzonte.
Il secondo tempo inizia come era finito il primo. Ormai è chiaro a tutti che solo un episodio la sbloccherà. La ruota gira dalla loro parte. Corner, batti e ribatti in area, la palla schizza fuori. La raccoglie Battaglia, tira un’innocua scarpata. Sembra un flipper, doppia deviazione, la palla in fondo al sacco.Un pensiero fulminante: Casemiro travestito da giocatore dello Sporting, niente dolcetto, solo scherzetto. Lo scaccio via con una mano.
La Juve si riversa nella metà campo portoghese. C’è frenesia, poca lucidità. Un’unica occasione, grande come una casa. Saetta di Mandzukic dal limite dell’area. Entra, dai entra!Ma è la notte delle streghe, Rui Patricio la spizza con le dita, la spinge contro il palo, il secondo che prendiamo. Oscuri presagi.
In pieno recupero si gioca in un campo solo. Perdiamo una palla sulla trequarti. Imbucata per Acuna sulla fascia, corre come se fosse il quinto del primo tempo, sembra posseduto dagli spiriti. La dà in mezzo, c’è Bruno Fernandes, apre il piattone, gol. 2-0. Bruno Fernandes. L’ho avuto due anni al Fantacalcio, poi ho smesso: “Non segna mai”. Lo ha fatto in questa notte maledetta.
Incredibilmente l’Olympiacos raggiunge sul 2-2 il Barcellona al 93’. I catalani non verranno a Torino con la qualificazione in tasca, sarà un inferno. I giornali titolano sullo spettro di Istanbul. I twittaroli attaccano un’altra solfa: “Eh lo vedi, la difesa quest’anno fa acqua da tutte le parti…”. Una televisione lancia una breaking news: “Senza qualificazione agli ottavi esonero per Allegri”.
Vorrei scrivere ad Alessandro, ma in trent’anni di amicizia non abbiamo mai litigato. Non sono lucido, potrebbe essere la prima volta, mi trattengo. Suonano alla porta: “Dolcetto o scherzetto”. Il bambino è travestito da Hamsik. A Roma. Da Hamsik. Lo fisso inebetito per interminabili secondi, fatico a realizzare quello che sta succedendo. Devo avere una faccia strana, perché gli vengono i lucciconi, e silenzioso scappa via. Deve essere un errore di Matrix, non c’è altra spiegazione.
Non sono scaramantico, è l’abitudine che mi ci ha fatto diventare. Per questo ho scritto questo racconto in parte d’immaginazione. Perché la storia della festa, della rottura del rito, è accaduta realmente. E avevo bisogno d’esorcizzarla. Dopotutto è la notte delle streghe.
Pietro Salvatori