Sul lettino di Freud: la Juve dopo Roma affronta il mondo reale

Il narciso ha l’ansia da prestazione. L’ansia da prestazione si combatte con la psicoterapia. Il trattamento in cui crede da sempre Allegri prevede un approccio morbido all’incombere degli eventi, dove per morbido si intende ragionato, concreto rispetto agli ostacoli della vita, persino fatalista.

Questa linea di approccio rende il soggetto calcolatore, votato a gestire ciò che il destino veicolato dalla bravura e dal lavoro gli mette via via di fronte. In fondo, c’è di peggio e di meglio rispetto a una partita di calcio, inutile essere cannibali (ecco cosa la Juve di Allegri mai è stata, volendole trovare un difetto nel triennio: sarà il dolce o l’amaro della finale di Cardiff, il ricamo regale o la macchia indelebile). Inutile perché fuori dalla personalità del narciso, piegato più su se stesso che sul mondo che lo circonda.

Insomma, il sangue non ispira sete alla Juve più celebrata dai tempi della Juve di Capello (che fece a onor del vero molto ma molto meno). La più forte di sempre o meno non conta, adesso è davvero molto chiaro. Conta che la squadra, ribaltata e buttata via all’Olimpico dopo un tempo forse giusto nel risultato (forse) ma tutto sommato appagante alla prova dello specchio. E non si saprà mai, ben venga, la linea adottata dal paziente nel corso dell’intervallo.

Si sa che fuori, nella dialettica del giudizio sociale, il Crotone è e sarà citato tanto quanto la Lazio per le prossime 72 ore. Si sa che là fuori ci sono già stati parecchi gol scudetto, da Alves a Keita, da Higuain a Lemina. Sono le conseguenze naturali di chi non può oggettivamente crogiolarsi delle belle cose autocelebrative che si dicono in seduta. Ci sono momenti in cui esiste e pesa solo e soltanto il mondo reale. E di Siegmund Freud come di Marcello Lippi o Josè Mourinho o Antonio Conte non gliene deve fregare più niente a nessuno.

Luca Momblano.