…E anche per questa edizione, nel nostro “piccolo”, forniamo una minima impronta bianconera alla finale dei Mondiali. Tre giocatori, per la precisione. Ma uno prevale su tutti, per l’imponente statura atletica, sportiva e umana: Mario Mandžukić.
Il nostro Marione non è soltanto l’incarnazione dello spirito di lotta e sacrificio, ma un vero leader anche della propria nazionale, trascinatore come pochi ne esistono attualmente, quasi un giocatore di altri tempi per la professionalità ed abnegazione che mette in ogni gara, con quel suo pressare il portiere avversario, lanciarsi su ogni pallone utile e non, senza badare ad eventuali dolorosi impatti con l’avversario. Intenso e colossale.
Mario spaventa le difese sia tatticamente sia fisicamente e lo stiamo ben vedendo in questo campionato del mondo: costantemente monitorato ad ogni movimento, inamovibile alle sportellate dei difensori, praticamente imbattibile nel gioco aereo. Monolite.
Monumento della stessa nazione croata, amante profondo del proprio popolo, come anche dimostra, tra le altre, la recente donazione di maxi schermo e di migliaia di Euro in birra a favore della sua città natale, Slavonski Brod, per assistere ai quarti di finale contro i russi. Meno parole, più fatti. Sabaudo.
Quella stessa generosità che si vede in campo e lo porta a prendere le parti dei compagni nelle schermaglie di gioco e intimorire gli avversari soltanto con uno sguardo: non è cattivo come si crede (anzi, sono frequenti gli scherzi ai compagni di squadra e lui stesso autoironizza sulla propria apparente severità), ma l’importante è che gli altri così lo percepiscano prima di scendere in campo e durante le partite. Pochi sorrisi, in generale. Leale verso i propri compagni, spietato con gli avversari. Impassibile e coriaceo.
A differenza degli inizi della sua carriera, meno goleador (una sola rete nel Mondiale e qualche altro tentativo, meno fortunato, di andare a segno), ma si è perfettamente calato (grazie anche all’impostazione tattica concordata con Allegri nel 2016, verosimilmente per sostituire la funzione di Pogba) nel ruolo più ingrato di interditore, recuperatore e distributore di palloni, al volo di prima o fungendo da argine per rifinire a vantaggio del compagno in posizione più favorevole, instancabile fino ai crampi in qualsiasi zona della trequarti avversaria, laterale o centrale che sia. Motivatore in campo, censore di chi si deconcentra o, peggio, si azzarda ad esultare con qualche minuto di anticipo, a prescindere dall’ampiezza o meno del vantaggio o del tempo residuo di gioco. No good.
Qual è il suo valore attuale, a 32 anni? La Juventus potrebbe anche ricavare parecchio della sua cessione dopo la performance mondiale, sia per il valore dimostrato e ulteriormente confermato, sia per la mostruosa continuità di rendimento (magari un po’ mancata in stagione), sia per il goal in semifinale nel secondo supplementare che ha regalato la finale alla Croazia ai danni dell’Inghilterra (#finoallafine), sia appunto perché finalista (e non sappiamo ancora cosa accadrà). Decisivo, quando serve e quando conta. Peccato per quella meravigliosa, quanto inedita, rovesciata a Cardiff.
Se non fosse che Mario non si tocca. Pedina imprescindibile per Allegri, idolo di ogni tifoso che ammira o si riconosce nella sua straordinaria combattività e virilità, in un calcio viziato forse da troppi presunti fenomeni, pirotecnici sui social media, ma spesso evanescenti quando conta, in contrasto con la sua riservatezza mediatica ed estrema concretezza. La sua disponibilità al compromesso tattico per il bene comune, con la (temporanea) rinuncia al ruolo naturale di centravanti, ne ha completato la maturità sportiva, come stiamo apprezzando in queste settimane in cui, pur fungendo da riferimento avanzato per i compagni, li aiuta in ogni giocata, senza alcun risparmio. Esemplare.
E, come se tutto ciò non bastasse, portiere in allenamento. Esaltante. Onnipotente.
Vittorio Aversano.