Di parole sulla Juve di Allegri se ne sprecano anche troppe. I risultati complessivi hanno dato ragione al tecnico livornese e noi tutti ne riceviamo beneficio ma, per il modo in cui si stanno producendo quelli stagionali (altalenanti, in verità, per i nostri palati viziati: supercoppa italiana persa, quarta finale di Tim Cup di fila, secondo posto in campionato ad un punto dalla prima ed ottavo di ritorno di CL in forte predicato) è perfettamente normale sentirsi preoccupati. In alcuni casi, ciò comporta persino un distacco, non dalla propria fede, chiaramente, ma da quei sacrifici che ogni tanto si cerca di fare per guardare una partita, specie se giocata in orario da ufficio o con il fuso-orario a sfavore: e così, qualcuno non segue più la Juve in TV, né tantomeno allo stadio o nelle notizie, perché sa già che assisterà ad uno spettacolo deludente, irritante e scoraggiante.
C’è da dire che lo scoramento sarebbe pienamente giustificato dal combinato disposto di un’assenza di gioco e successi: qui, siamo “solo” in presenza di una pressoché totale, apparente, assenza di gioco. Quindi, ridimensioniamo intanto la questione, riconducendola ad un modo di tentare di raggiungere un obiettivo, dissonante rispetto ad una serie di valori e criteri soggettivi ed oggettivi, che genera frustrazione. Il calcio è uno spettacolo che dovrebbe anche far divertire, ma il principale obiettivo della squadra che lo pratica (e della società retrostante) è vincere; se non diverte, alcuni tifosi più critici (beninteso: non si parla degli occasionali) hanno pensato, per la stagione corrente, di diluire o accantonare l’interesse per le sorti della squadra, perché la fede, che riguarda il cuore, rimane, ma la mente può pensare, ad esempio, che la rosa sia stata costruita in modo non coerente con gli obiettivi dichiarati o che l’assenza di schemi di gioco sia insostenibile. Sono coloro che non vedono nella Juventus un nuovo logo o un prodotto da vendere in Asia, ma una fonte di autentica emozione: se viene meno, dopo un po’, si prendono una pausa.
Dal canto loro, Allegri, in questa stagione, non li “agevola” particolarmente, perché sembra che si limiti esclusivamente a schierare undici giocatori in campo in ogni partita, curando più che altro la fase difensiva, stanti i troppi gol presi nella prima parte di stagione. La fase di costruzione e quella offensiva, che generano lo spettacolo di cui lo spettatore necessita, appaiono interamente lasciate all’estro del singolo, all’occasionalità del rimpallo, alla fiducia nella forza fisica di alcuni interpreti o nella statura di qualcun altro: così, abbiamo l’iniziativa consegnata all’avversario e la ricerca sistematica dell’intercetto, del fallo, del contrasto per recuperare il pallone, da parte di giocatori di talento schierati “fuori ruolo” e liberi di improvvisare trame di attacco che implicano che vi sia almeno un compagno casualmente smarcato, da raggiungere con passaggi spesso neanche troppo precisi. Come si vede, c’è un danno sia estetico sia pratico: più il primo che non il secondo, visto che poi, in un modo o nell’altro, la squadra vince quasi sempre la partita.
Ma colui che non segue la squadra in questo periodo è deluso anche dal mercato effettuato, con un malcontento nato nel 2015 e cresciuto di anno in anno per la mancata sostituzione a centrocampo dei suoi ex, fantastici protagonisti e, al contrario, l’inserimento di giocatori che ritiene tecnicamente inferiori e/o di difficile amalgama.
Ad esempio, l’ex Hernanes, pur non essendo un fenomeno e senza alcun rimpianto da parte nostra, ha comunque denunciato di aver subito un’alterazione della propria carriera nel biennio trascorso con noi (anche) per via del posizionamento impostogli dal tecnico. Non mi sento di dargli completamente torto, anzi, lo ritengo verosimile, specie nel suo caso specifico. Il dubbio, semmai, è sempre lo stesso: o la società non ha comprato i giocatori che ha richiesto il tecnico o è il tecnico ad aver richiesto questi giocatori. Nel primo caso, Allegri si sarebbe accontentato, da aziendalista, di ciò che ha passato il convento marottiano e starebbe facendo di necessità virtù, a modo suo; nel secondo, risulterebbe incomprensibile aver acquisito dei giocatori per ruoli diversi da quelli per cui erano stati selezionati, così sprecandone l’iniziale talento, con i successivi, inevitabili, deprezzamento del cartellino, involuzione tecnica ed aumento del rischio di infortuni (ma tu guarda).
Prendiamo, tanto per citarne una particolarmente significativa, la gara di ritorno di Coppa contro l’Atalanta.
Pjanic, da regista arretrato, è stato richiamato più volte da Allegri per non saper “giocare lungo” ed ora tenta più spesso, ma anche più irrazionalmente, la giocata in profondità rispetto a quella corta dove, come si è reso evidente anche soltanto ieri, tende a tenere troppo il pallone, consegnandolo al pressing avversario, quando quest’ultimo è ben organizzato. Tiri in porta, sua ex specialità, rigore a parte, zero.
Mandzukic, apparso ieri inidoneo nel suo vecchio ruolo di prima punta, perché ormai ala o mediano adattato, è stato collocato sul lato sinistro del campo per sfruttarne i centimetri e il fisico, persi con la cessione di Pogba; e, in sua assenza, è stato scelto Khedira, per le medesime, opinabili, ragioni, così ottenendo un ulteriore snaturamento di un giocatore che, peraltro, non ha nella rapidità di esecuzione o di corsa la propria caratteristica primaria. Questo denoterebbe l’incapacità di trovare un’alternativa tattica al giocatore alto e grosso sul lato sinistro, se non fosse che Sturaro viene saltuariamente a trovarsi nella stessa posizione, pur non avendo, neppure in quel settore del campo, alcun pregio degno di nota, se non quella dell’impegno.
Alex Sandro, in emergenza (altro termine molto discutibile, data l’ampiezza dell’attuale rosa), è stato spedito nella posizione di ala sinistra, avanzando il proprio baricentro abituale e perdendo, così, la possibilità di dribblare e crossare con continuità, a favore di un deciso accentramento che, già nella partita di ieri, lo vedeva impostare il contropiede basso e centrale davanti alla propria area di rigore, assediata dagli avversari.
Dybala, ormai tuttocampista, rientrando dal lungo infortunio, deve incontrare la maggiore difficoltà di dover risalire il campo dal basso, destreggiandosi tra diversi marcatori, prima di arrivare al massimo nei pressi dell’area di rigore. Dal canto suo, Higuain, anch’egli adibito a compiti di impostazione, risulta molto meno preciso sottoporta.
Douglas Costa, vera nota positiva di questo scorcio di stagione, dal suo ruolo naturale di ala è stato lasciato libero di muoversi per il campo, specie in assenza di Dybala, di fatto ricoprendo due incarichi contemporaneamente.
Marchisio è da tempo un giocatore indecifrabile e, al momento, non in grado di fare la differenza né di essere trascinatore, forse perché non possiede quelle caratteristiche di forza fisica che predilige Allegri. Sul già citato Sturaro, che invece le possiederebbe e per questo viene preferito, anche in ruoli non suoi (terzino destro o ala sinistra), credo non occorra dilungarsi.
Bentancur, apparso talentuoso, anche se acerbo, è scomparso dai radar (ieri era squalificato), così come Rugani: persino ieri gli è stato preferito Chiellini, mossa a mio avviso improvvida in quanto, già diffidato e in assenza di consegne tattiche quantomeno coerenti con il suo bagaglio tecnico, ha effettuato una delle sempre più frequenti risalite palla al piede che prima compiva Bonucci, soltanto che, a differenza della partita con la Fiorentina, questa volta ha perso palla e commesso un fallo fatale. Una perdita considerevole per la finale, che poteva senz’altro essere evitata, schierando Rugani.
Non intendo tirare in causa Buffon: forse troppi si dimenticano che certe “guasconate” (poche) le ha sempre compiute, anche da giovane.
In sostanza, gli unici schierati nei ruoli naturali sono Bernardeschi, Matuidi e i quattro difensori: e, salvo mio errore, mi sembra che siano i protagonisti con maggior continuità di rendimento, anche considerato che, in questa Juve, l’assenza di Matuidi (ottimo giocatore, ma non esattamente Edgar Davids) pesa più della nefasta presenza di Sturaro in campo.
Si può ipotizzare che questo atteggiamento da “furbo”, che adotta Allegri – che consiste nello “svangare” la partita in un modo o nell’altro affidandosi agli episodi ed impegnandosi unicamente nel non prendere gol, tanto poi in attacco qualcuno ci pensa – paghi in Italia (almeno, sinora), ma non in Europa, dove solitamente le “astuzie” italiane vengono smascherate da effettive qualità e sostanza. Le squadre che adottano schemi di gioco ripetitivi possono sempre ancorarsi a questi, in caso di difficoltà; noi, per il tramite di Allegri, possiamo solo sperare che il singolo faccia la differenza o che i giocatori riescano, tra di loro, ad imbastire un’azione offensiva efficace, ma siamo, ad oggi, in carenza anche di veri leader e basti considerare che uno come Pjanic, che potrebbe fare la differenza, di fatto scompare nei momenti critici. Lo stesso si può dire di Dybala e di Higuain, in cui non rivedo il carisma e la tenacia di un Del Piero o un Vialli, per capirci: e anche questo influenza l’attaccamento di alcuni nei confronti di questa specifica Juventus.
Siamo entrati nel periodo dipinto dal nostro tecnico come quello in cui le gambe e la testa girano all’improvviso (qualcuno dovrà poi spiegarmi perché nei restanti nove mesi questo non è concepibile), quindi può ancora accadere di tutto e voglio confidare che l’apparente disorganizzazione sia in realtà una machiavellica strategia per indurre gli avversari a sottovalutare la squadra, con la stessa leggerezza con cui ci si siede su una pietra in montagna, non immaginando che sotto possa esserci una vipera.
Se sarà così e riusciremo a tornare a divertirci, magari si tornerà anche a guardare le partite tutti insieme… Altrimenti, non vi preoccupate, vi aggiorno io come al solito!
Vittorio Aversano