Il gol di Magomed Ozdoev in zona Cesarini contro il Chelsea ci regala un altro sorteggio da teste di serie; grazie al primo posto nel girone di Champions, la Juventus eviterà corazzate ad oggi ingiocabili per la squadra di Allegri, come Manchester City, Liverpool e Bayern Monaco. Non è tuttavia priva d’insidie l’urna contenente le seconde classificate: una ad una, ecco le possibili avversari della Juve negli ottavi di finale, in attesa del sorteggio di lunedì 13 dicembre a mezzogiorno.
Gruppo A – Paris Saint-Germain
Alla fine è stato Pep ad avere la meglio, nel girone che lo vedeva opposto all’uomo assieme al quale ha dato vita a una delle squadre più vincenti e spettacolari di sempre e che pure l’ha punito nella gara d’andata. Alla fine non sono stati tanto gli scontri diretti, equamente ripartiti, a scavare il solco tra City e Psg, quanto le battute a vuoto degli uomini di Pochettino in Belgio e in Germania. Nonostante il distacco abissale che già separa i parigini dalle concorrenti in Ligue 1, l’impressione che la squadra dona ogni volta che scende in campo è ancora quella di uno splendido gruppo di individualità, più simile al Real Madrid dei Galacticos che non alle precedenti squadre allenate dal tecnico argentino. Non a caso, prima della gara col Bruges l’ex allenatore del Tottenham ha elencato tutti gli aspetti in cui il suo Psg deve ancora migliorare: legare meglio la squadra, aumentare il volume di gioco e il ritmo al quale esso viene espresso. C’è ancora molto da fare e non è detto che si riesca a farlo tanto che, a detta di molti, al Paris Saint-Germain farebbe più comodo sulla panchina un gestore, di risorse e di campioni, che non un ottimo insegnante di calcio come Pochettino. Latitante in campionato, a togliere le castagne dal fuoco in Champions ci ha spesso pensato Leo Messi. coadiuvato da un Mbappé che, accantonate per il momento le sirene madrilene, ha accettato senza particolari mugugni di fungere di tanto in tanto da scudiero dell’alieno albiceleste, risultando peraltro l’uomo più decisivo in Europa con 4 gol e 4 assist in 6 partite. Nonostante il tridente dei sogni si sia visto (e abbia reso) meno di quanto sperato, a non far calare il tasso tecnico ci ha pensato il solito Angel Di Maria, giocoforza meno esplosivo che in passato ma ancora capace di abbaglianti colpi di classe che decidono le partite. Tolto il ballottaggio Donnarumma-Navas, che sembra poter pendere nel lungo periodo a favore di Gigio, la difesa appare ormai consolidata: Hakimi, pur con qualche inciampo, ha mostrato di poter giocare da laterale basso, la coppia centrale Marquinhos-Kimpembé è solida e affidabile (chi gioca a Fifa ne saprà qualcosa), mentre a sinistra si è imposto il nuovo acquisto Nuno Mendes, stante l’esclusione dalla lista Champions di Bernat. In mezzo al campo l’unico certo del posto finora è stato Idrissa Gana Gueye, preziosissimo equilibratore al quale Pochettino non rinuncia mai nei big match, attorno al quale si sono mossi i vari Herrera, Danilo e Wijnaldum, in attesa del ritorno a pieno regime di Marco Verratti. La quadratura è ancora tutta da inventare, non è detto che Pochettino la trovi e nemmeno che sia possibile dare un’identità a questa squadra; noi però, nel dubbio, guarderemmo altrove. Di gran lunga la peggiore del lotto.
Formazione tipo:
Come si è qualificato:
Bruges – Psg 1-1 (Herrera)
Psg – City 2-0 (Gueye, Messi)
Psg – Lipsia 3-2 (Mbappé, Messi x2)
Lipsia – Psg 2-2 (Wijnaldum x2)
City – Psg 2-1 (Mbappé)
Psg – Bruges 4-1 (Mbappé x2, Messi x2)
Gol fatti: 13
Gol subiti: 8
Capocannoniere: Messi (5)
Assistman: Mbappé (4)
Pericolosità:
Gruppo B – Atletico Madrid
“Non è il solito Atletico”, una frase che sentiamo dire ogni anno, prima di ritrovarli lì, puntuali, a giocarsi Champions e Liga in trincea, come piace al Cholo Simeone. Stavolta, però, i colchoneros sembrano davvero sul punto di segnare il passo: la vittoria nella Liga della scorsa stagione, sfruttando il ricambio generazionale al quale stanno andando incontro Real Madrid e Barcellona, somiglia molto al canto del cigno di una squadra che ora in campionato si trova già a 10 lunghezze dai cugini del Real e in Champions, a conti fatti, ha vinto due partite da tripla nelle quali, se l’Atletico avesse raccolto uno o zero punti, non ci sarebbe stato molto da eccepire. Del vecchio Atletico sta sfiorendo principalmente la solidità difensiva, 16 gol subiti in campionato e 8 in Champions non sono numeri da Simeone, architrave sul quale il Cholo ha costruito gran parte dei suoi successi. La colpa non pare essere tanto della retroguardia, sorretta dal mai abbastanza incensato Oblak e da un Hermoso rivelatosi degno epigono dei centrali colchoneros del passato recente, quanto della capacità della squadra nel suo insieme di interpretare un calcio cerebrale, dispendioso e per molti anche superato, che può non piacere ma che è stato di fatto l’unico nella storia moderna dell’Atletico a portare dei risultati. Il ritorno del figliol prodigo Griezmann ha pagato solamente a livello realizzativo, dato che il francese è ormai una pallida imitazione di quello che scardinava le difese da solo nel suo periodo al Vicente Calderon, Suarez è stato (com’era lecito attendersi) sin qui meno continuo dello scorso anno e la stellina Joao Felix sembra non poter proprio sbocciare in un sistema così peculiare, peraltro in stato decadente. Tra gli uomini chiave di questa versione dell’Atletico vi è sicuramente Marcos Llorente, impiegato letteralmente ovunque dall’allenatore argentino: terzino, esterno di centrocampo, mezzala o seconda punta, l’ex Real sembra l’unico dei nuovi arrivati a possedere l’impatto fisico ed emotivo necessario per brillare agli ordini del Cholo, ed è diventato in breve un elemento imprescindibile. L’altro eroe inatteso risponde al nome di Yannick Carrasco (non più Ferreira, cognome abbandonato da qualche anno a causa dei pessimi rapporti col padre): sono davvero pochi i calciatori che, tornando dalla Cina, si esprimono sui livelli del passato, il belga è addirittura migliorato, trasformandosi da ala a esterno a tutta fascia e paradossalmente aumentando la sua incisività nelle zone avanzate. L’Atletico visto nelle gare del girone non può spaventare, eppure Simeone è sempre Simeone, l’identità della sua squadra è da sola garanzia di una doppia sfida tesa, nervosa e incerta, e in rosa vi è più di un calciatore che sa come pungere nei momenti decisivi delle partite. Maneggiare con cautela.
Formazione tipo:
Come si è qualificato:
Atletico – Porto 0-0
Milan – Atletico 1-2 (Griezmann, Suarez)
Atletico – Liverpool 2-3 (Griezmann x2)
Liverpool – Atletico 2-0
Atletico – Milan 0-1
Porto – Atletico 1-3 (Griezmann, Correa, de Paul)
Gol fatti: 7
Gol subiti: 8
Capocannoniere: Griezmann (4)
Assistman: 4 giocatori a 1 assist a testa
Pericolosità:
Gruppo C – Sporting
I ragazzi di Ruben Amorim sembrano non aver alcuna voglia di smettere di divertirsi: riportato all’Alvalade il massimo trofeo nazionale a vent’anni dall’ultima volta (era lo Sporting di Mario Jardel e di un giovane Quaresma), i leoni biancoverdi sono ancora in cima alla Primeira Liga, alla pari col Porto, e hanno staccato il pass per gli ottavi con una giornata d’anticipo condannando il Borussia Dortmund di Haaland al purgatorio dell’Europa League. Sconfitto dall’Ajax e dallo stesso BVB nelle prime due gare del girone, lo Sporting ha costruito la propria qualificazione sul doppio successo sul Besiktas, 8 gol in 2 gare, e sul pesantissimo 3-1 casalingo al Dortmund che ha di fatto reso superflua l’ultima giornata del Gruppo C. Tra i protagonisti del piccolo gioiello di Amorim ci sono anche alcune meteore della Serie A: il portiere Antonio Adàn, toccata e fuga a Cagliari nell’inverno del 2013, il centrale marocchino Zouhair Feddal, 20 presenze tra Palermo e Parma nel 2014/15, e la sua riserva Luis Neto, sbocciato a Siena e con oltre 100 presenze nello Zenit. Tolto il gioiello Pedro Gonçalves, un giocatore che vale davvero la pena approfondire, e l’arrembante laterale destro ex City Pedro Porro, lo Sporting è questo: una squadra senza individualità di spicco, dai movimenti codificati, letale in transizione offensiva ma anche solida e intensa in fase difensiva. Non ingannino i 12 gol subiti, peggior difesa tra le qualificate: 9 sono arrivati nelle due partite contro un Ajax che ha piallato senza pietà ogni avversario, per il resto i portoghesi hanno incassato solo 3 reti nei doppi confronti con Dortmund e Besiktas. Sulla squadra della capitale aleggiava da tempo immemore un velo di depressione, per non dire un’aurea mediocritas, che impediva alla squadra di poter competere per traguardi prestigiosi, schiava e addirittura ostaggio di tifosi che sono arrivati ad aggredire fisicamente i calciatori nel 2018 durante un allenamento. Singolare che a spazzare via tutto questo, similmente a quanto fatto nell’Atletico da Simeone, sia stato un uomo del Benfica come Ruben Amorim; refrattario alle critiche, il tecnico ha imposto dal primo giorno i suoi principi di gioco e fatto piazza pulita di mezze figure, sopravvalutati e giocatori sul viale del tramonto, una rivoluzione senza compromessi. Freschezza, entusiasmo, esuberanza fisica e organizzazione di gioco potrebbero non bastare in una competizione come la Champions, spesso decisa dall’esperienza e dai colpi dei fenomeni, ma sono sufficienti per fare dello Sporting una compagine da non sottovalutare.
Formazione tipo:
Come si è qualificato:
Sporting – Ajax 1-5 (Paulinho)
Dortmund – Sporting 1-0
Besiktas – Sporting 1-4 (Coates x2, Sarabia, Paulinho)
Sporting – Besiktas 4-0 (Gonçalves x2, Paulinho, Sarabia)
Sporting – Dortmund 3-1 (Gonçalves x2, Porro)
Ajax – Sporting 4-2 (Santos, Tabata)
Gol fatti: 14
Gol subiti: 12
Capocannoniere: Gonçalves (4)
Assistman: Nunes, Esgaio (2)
Pericolosità: ½
Gruppo E – Benfica
Curioso come, pur avendo raggiunto lo stesso risultato a livello europeo, l’aria che si respira sulle due sponde della capitale portoghese non possa essere più diversa di così. Il tecnico Jorge Jesus, già guida degli encarnados tra il 2009 e il 2015, è inviso a gran parte della tifoseria, a tal punto che sul portale devolverjesus.com è possibile simbolicamente contribuire al suo ritorno al Flamengo, che rivorrebbe da subito l’allenatore protagonista della vittoria in Copa Libertadores. Il Benfica dista appena 4 punti dalla vetta in campionato, ma il recente KO casalingo nel derby con lo Sporting ha acuito un malessere che affonda le proprie radici nella scorsa stagione, quando le aquile di Lisbona furono eliminate nei preliminari di Champions dal PAOK Salonicco e nei sedicesimi di Europa League da una delle peggiori versioni dell’Arsenal, ma soprattutto furono costrette a veder trionfare in Primeira gli odiatissimi concittadini, un sorpasso impensabile fino a pochi anni fa. In tutto ciò, sta passando sotto traccia il modo in cui il Benfica abbia eliminato, per la prima dopo vent’anni, il Barcellona nel proprio raggruppamento di Champions, ribaltando il facile pronostico che lo voleva in lotta coi campioni d’Ucraina della Dinamo Kiev per il posto in Europa League. Mattatore della storica vittoria per 3-0 al da Luz sui blaugrana è stato Darwin Nuñez, astro nascente dell’Uruguay già nel mirino della Juventus che vi abbiamo recentemente raccontato su queste pagine, mentre al ritorno è stata l’eroica prova del reparto arretrato, su tutti Otamendi e il portiere Vlachodimos, a far sì che la gara terminasse a reti bianche. Per il resto i lusitani hanno disputato un girone di ordinaria amministrazione, serenamente triturati dal Bayern sia all’andata che al ritorno, vincendo solamente un’altra gara, l’ultima in casa con la Dinamo, decisiva per l’annunciato sorpasso in classifica ai danni dei catalani. Oltre al talento di Nuñez e all’imprevedibilità degli esterni offensivi, tra i punti di forza della squadra di Jesus vi sono la doppia regia di Weigl e dell’ex Inter Joao Mario, un vero e proprio tradimento ai danni dello Sporting, che lo aveva cresciuto e riaccolto, che i tifosi non hanno mandato giù, e la solidità di una difesa nella quale è finalmente esploso Lucas Verissimo. Il brasiliano però ha rimediato a novembre la rottura del legamento crociato, e difficilmente rivedrà in campo prima della fine della stagione; al suo posto è stato rispolverato il capitano André Almeida, che di fatto è un terzino e non possiede l’abilità dell’ex Santos in marcatura. Rispetto ai dirimpettai dello Sporting, il Benfica è sicuramente una squadra più esperta e scafata in Europa, ma anche più fragile emotivamente e globalmente meno efficace in fase offensiva. Da qui a febbraio le cose potrebbero cambiare, soprattutto in panchina, ma ad oggi sarebbe preferibile affrontare loro piuttosto che gli spavaldi e smaliziati cugini.
Formazione tipo:
Come si è qualificato:
Dinamo – Benfica 0-0
Benfica – Barça 3-0 (Nuñez x2, Silva)
Benfica – Bayern 0-4
Bayern – Benfica 5-2 (Morato, Nuñez)
Barça – Benfica 0-0
Benfica – Dinamo 2-0 (Yaremchuk, Gilberto)
Gol fatti: 7
Gol subiti: 9
Capocannoniere: Nuñez (3)
Assistman: Mario (2)
Pericolosità:
Gruppo F – Villarreal
La leggenda dell’allenatore più Europa League di tutti sembrava dover per forza di cose riportare Unai Emery nella Sua competizione, invece alla fine sarà l’Atalanta a scendere di categoria, col sottomarino giallo che torna tra le 16 migliori d’Europa a 12 anni dall’ultima volta, quando a incantare il Madrigal erano ancora i colpi dell’ultimo Pirès e del primo Cazorla e i gol di Giuseppe Rossi e Nihat Kahveci. Mentre in Liga il Villarreal annaspa faticosamente al 13esimo posto e a 13 lunghezze dal quarto posto, in Champions i gialli iberici sono probabilmente andati oltre le aspettative, vincendo entrambe le partite con lo Young Boys, dando filo da torcere a uno United troppo assetato di vendetta dopo la finale di Europa League dello scorso anno per perdere ancora, e superando con cinismo a Bergamo un’Atalanta svegliatasi troppo tardi. Della squadra che ha alzato il suo primo vero trofeo lo scorso maggio, sono partiti, oltre a Bacca, quasi esclusivamente comprimari, mentre all’11 titolare si è aggiunto stabilmente l’olandese Arnaut Danjuma, giustiziere della Dea sia all’andata che al ritorno. L’ex Bournemouth, stanti i problemi fisici che hanno tormentato Gerard Moreno, è stato l’arma in più di questa prima parte di stagione, capace di destabilizzare le difese sia partendo dalla fascia che dal centro dell’attacco, permettendo ad Emery di passare agevolmente dal 4-4-2 al 4-3-3 in qualsiasi momento della gara. Rispetto allo scorso anno però la squadra fatica ad andare in gol, un problema di produzione offensiva che lo scorso anno era stato mascherato dal mostruoso stato di forma di Gerard Moreno, mentre in fase difensiva Pau Torres sta pagando dazio dopo una stagione 2020/21 per lui infinita, avendo disputato sia gli Europei che le Olimpiadi con la nazionale spagnola. L’uomo chiave nella gestione dei ritmi della squadra è Dani Parejo, centrocampista che sopperisce a una mobilità ridotta con un’intelligenza tattica fuori dal comune, nonché incaricato della maggior parte dei calci piazzati e dei lanci lunghi ad innescare le corse di Gomez, Pino e Danjuma. Ad oggi il Villarreal, pur possedendo una maggior esperienza internazionale rispetto allo Sporting e al Red Bull Salisburgo, sembra la compagine meno attrezzata tra le possibili avversarie della Juventus; a spostare gli equilibri sarà la condizione fisica di Gerard Moreno, semplicemente immarcabile lo scorso anno. Con lui ai livelli del 2020/21, possiamo tranquillamente aggiungere mezza stella al Submarino Amarillo, che invece senza una bocca da fuoco da 30 gol e 10 assist stagionali fa decisamente meno paura.
Formazione tipo:
Come si è qualificato:
Villarreal – Atalanta 2-2 (Trigueros, Danjuma)
United – Villarreal 2-1 (Alcacer)
Young Boys – Villarreal 1-4 (Pino, G. Moreno, A. Moreno, Chukwueze)
Villarreal – Young Boys 2-0 (Capoue, Danjuma)
Villarreal – United 0-2
Atalanta – Villarreal 2-3 (Danjuma x2, Capoue)
Gol fatti: 12
Gol subiti: 9
Capocannoniere: Danjuma (4)
Assistman: G. Moreno (3)
Pericolosità: ½
Gruppo G – Red Bull Salisburgo
Un girone tutto sommato abbordabile aveva fatto ben sperare i tifosi del Salisburgo, che già al termine del sorteggio sognavano il primo, storico approdo agli ottavi di Champions League. L’inesperienza di una squadra giovanissima, dal manico sino all’intero reparto avanzato, suggeriva cautela, invece i ragazzini terribili scuola Red Bull si sono rivelati uno schiacciasassi in campionato, 10 vittorie consecutive nelle prime 10 uscite, e hanno fatto fin da subito la voce grossa anche in Champions, andando a strappare un pari al Sanchez Pizjuan, e regolando tra le mura amiche i campioni di Francia del Lille e il ben più quotato Wolfsburg. Anche nell’ultima gara, quando la logica li avrebbe voluti timidi ed impauriti nel giocarsi tutto contro il Siviglia, i ragazzi guidati dal classe ’88 tedesco Matthias Jaissle, che non sta in campo ma in panchina, hanno mostrato di saper giocare e vincere anche partite di sofferenza, lasciando il possesso agli spagnoli e trafiggendoli con una splendida e coraggiosa transizione corale finalizzata dallo svizzero Okafor. Non c’è alcuna iperbole quando parliamo di ragazzini, dato che l’unico elemento d’esperienza tra i titolari è il capitano Andreas Ulmer, di 3 anni più vecchio del tecnico Jaissle, mentre il 34enne nazionale austriaco Junuzovic ha disputato appena 4 partite prima di infortunarsi. Jaissle ha deciso di puntare su un nucleo ristretto di elementi, dato che oltre all’11 titolare quasi immutabile sono appena 3 o 4 i giocatori che entrano nelle rotazioni, senza mai guardare alla carta di identità: l’età media della squadra titolare è sempre di 23 anni, in attacco il più vecchio è il già citato Okafor, classe 2000, mentre la stella indiscussa è Karim Adeyemi, 19enne tedesco, capocannoniere del Salisburgo con 15 reti in tutte le competizioni. Altri nomi da segnalare sono il possente centrale francocamerunense Onguéné, solo intravisto a Genova sponda rossoblu, e la mezzala croata classe ’02 Luka Sucic, giocatore dai grandi mezzi tecnici del quale si attende soltanto l’esplosione in termini di gol e assist. Menzione speciale per il trequartista statunitense Brenden Aaronson, un giocatore calcisticamente molto più maturo dei suoi 21 anni, un facilitatore di gioco capace di trovare sempre la traccia giusta per i compagni e di coprire ampie zone di campo senza perdere lucidità nelle giocate, un profilo da tenere d’occhio in chiave mercato. Degno esempio della tradizione calcistica Red Bull, fatta di gegenpressing, attacchi a folate e valorizzazione del talento, il Salisburgo di Jaissle è una squadra senza nulla da perdere e proprio per questo fastidiosissima, non inferiore all’attuale Benfica come pericolosità globale.
Come si è qualificato:
Siviglia – Salisburgo 1-1 (Sucic)
Salisburgo – Lille 2-1 (Adeyemi x2)
Salisburgo – Wolfsburg 3-1 (Adeyemi, Okafor x2)
Wolfsburg – Salisburgo 2-1 (Wober)
Lille – Salisburgo 1-0
Salisburgo – Siviglia 1-0 (Okafor)
Gol fatti: 8
Gol subiti: 6
Capocannoniere: Adeyemi, Okafor (3)
Assistman: 3 giocatori a 1 assist a testa
Pericolosità: