Un Derby bellissimo, ben giocato, combattuto e deciso dai colpi dei campioni. Il Toro ne ha uno ormai affermato, Belotti, che non ha caso sblocca il risultato. La Juve ne ha a sufficienza per rispondere e fare sua la partita, con uno straordinario doppio Higuain e con Pjanic nel finale, Menzione speciale per Mandzukic, anche oggi uomo ovunque, e per Dybala, che mette qualcosa di più di una firma sulla rete del 3-1.
Il Toro è una squadra tecnica, non muscolare come in passato e così il copione del Derby che da sempre vorrebbe una partenza aggressiva dei granata non è rispettato.È invece la Juve a comandare il gioco all’inizio e a dare fastidio alla difesa granata soprattutto con Mandzukic, che svaria spesso sulla destra, trova la profondità, arriva a colpire di testa sul traversone di Cuadrado, mettendo a lato da buona posizione, e a correggere il tiro di Khedira, trovando la risposta di Hart.
Il tridente schierato da Allegri è atipico, perché Cuadrado gioca più arretrato rispetto a Higuain e Mandzukic e parte praticamente dalla linea dei centrocampisti, trasformando il modulo in un 4-4-2, con Sturaro che si allarga sulla sinistra. Anche nel Toro Ljajic difficilmente è in linea con Belotti e Iago Falque, anzi, svaria spesso alle loro spalle. È comunque nella rapidità delle punte che confidano i granata, che aspettano pazienti l’occasione giusta per colpire in contropiede. Non è una ripartenza in effetti, ma una bella combinazione in velocità quella che porta Baselli a crossare dal fondo e a pescare Belotti in area. La punta anticipa Lichtsteiner e gira di testa alle spalle di Buffon, portando in vantaggio il Toro con il primo tiro in porta.
La Juve reagisce immediatamente, continuando a macinare gioco. Prima arrivano le conclusioni dal limite di Higuain e Marchisio, poi il pareggio del Pipita: Cuadrado mette in movimento Mandzukic che con il tacco, forse involontariamente, serve l’argentino. L’accelerazione è rabbiosa e il diagonale che supera Hart imprendibile.
Dopo mezz’ora di calcio spumeggiante, i ritmi si abbassano e si tira il fiato fino all’intervallo. La ripresa restituisce una Juve ancora pimpante, che si piazza subito nella metà campo avversaria, portando alla conclusione Sturaro e Khedira, puntuali negli inserimenti ma poco precisi.
Entrambe le squadre, quando attaccano danno un’immediata sensazione di pericolosità. Il Toro è forse più attendista, ma ha la qualità per spaventare Buffon e ci riesce al quarto d’ora, quando Benassi calcia a colpo sicuro dal limite dell’area e trova l’opposizione dell’onnipresente Mandzukic, che respinge a un metro dalla linea.
L’occasione sfumata è un’iniezione di fiducia per i padroni di casa, che aumentano l’intensità e, complice qualche errore di troppo in fase di impostazione da parte dei bianconeri, costruiscono qualche contropiede pericoloso. Allegri allora interviene, inserendo Lemina e Dybala al posto di Sturaro e Mandzukic, ma sono ancora i granata a sfiorare il secondo gol con Ljajic che sfiora in palo con una conclusione a giro dal limite.
L’ultimo quarto d’ora è un assalto all’arma bianca da parte di entrambe le squadre, che sono stanche e quindi si allungano, ma che praticamente ad ogni azione riescono ad arrivare nell’area avversaria.
Mihajlovic vuole provare a vincere e non solo cambia tre uomini in un colpo per inserire forze fresche, ma manda in campo addirittura altre due punte, Boyé e Martinez. La Juve risponde con Pjanic al posto di Cuadrado e, soprattutto con Higuain: appena dopo le sostituzioni, il lungo lancio di Chiellini trova il Pipita al limite dell’area. L’argentino è spalle alla porta ed è francobollato da Castan, ma lascia scorrere il pallone, si gira con il mestiere del grande attaccante e scarica un destro in diagonale che Hart può solo guardare.
A questo punto mancano meno di dieci minuti al termine e sarebbe lecito aspettarsi una reazione rabbiosa del Toro, ma la Juve ha troppa esperienza, troppa classe, troppa voglia di vincere per temerla.E poi hanno Paulo Dybala… La Joya prima serve un pallone d’oro in area che Higuain mette alto, poi decide di chiudere la partita, prendendo palla a metà campo, bevendosi tre avversari e mettendo ancora Higuain davanti ad Hart. Il portiere respinge la conclusione ravvicinata e il pallone termina ancora sui piedi di Dybala, che allora serve Pjanic a centro area. Hart si supera anche sul bosniaco che sulla ribattuta però non sbaglia, spendendo in rete il gol del 3-1. Il gol che chiude il Derby. Il gol che colora ancora una volta Torino di bianconero.
TORINO-JUVENTUS 1-3
RETI: Belotti 16′ pt, Higuain 28′ pt, Higuain 37′ st, 47′ Pjanic
TORINO
Hart; Zappacosta, Rossettini, Castan, Barreca; Benassi (37′ st Boyé), Valdifiori, Baselli (37′ st Acquah) ; Iago Falque (37′ st Martinez), Belotti, Ljajic
A disposizione: Padelli, Cucchietti, Moretti, Ajeti, Bovo, De Silvestri, Vives, Gustafson, Boyé, Maxi Lopez
Allenatore: Mihajlovic
JUVENTUS
Buffon; Lichtsteiner, Rugani, Chiellini, Alex Sandro; Khedira, Marchisio, Sturaro (22′ st Lemina); Cuadrado (37′ st Pjanic), Higuain, Mandzukic (26′ st Dybala)
A disposizione: Neto, Audero, Benatia, Evra, Hernanes, Asamoah
Allenatore: Allegri
ARBITRO: Rocchi
ASSISTENTI: Costanzo, Passeri
QUARTO UFFICIALE: Manganelli
ARBITRI D’AREA: Banti, Irrati
AMMONITI: 35′ pt Castan, 36′ pt Mandzukic, 11′ st Rugani
A CALDISSIMO / Torino-Juve 1-3: Mihajlovic s’è scansato, sentenza Higuain!
L’avevano caricata in casa Torino, quasi come mai in precedenza, ci avevano parlato del solito ed immenso cuore Toro, ed invece alla fine è finita come è finita grazie alla sicura ed evidente superiorità della qualità delle giocate offensive.
Con Pjanic non al meglio delle condizioni, Allegri ripropone il “falso” 4-3-3 con Cuadrado in appoggio a Mandzukic ed Higuain, Sturaro sulla mediana accanto a Marchisio e Khedira, Lichsteiner ed Alex Sandro terzini, Rugani vince il ballottaggio con Benatia per il posto accanto a Chiellini.
Sin dalle prime battute il ritmo è altissimo, il pressing bianconero mette in difficoltà i granata, è soprattutto Mandzukic a tenere sulle spine Castan, ma il croato spreca male un paio di occasioni favorevoli ed allora alla prima occasione dei padroni di casa Buffon capitola: Chiellini e Sturaro lasciano troppa libertà a Zappacosta, Baselli trova il fondo con cross perfetto dove Belotti sovrasta il “leggero” Lichtsteiner e fa esplodere la gioia dei suoi. E’ un’illusione pura: Higuain mette subito le cose in equilibrio con una conclusione sporca che corona alla perfezione un contropiede veloce nato da una palla persa da Ljajic e recuperata da Cuadrado. Nella ripresa subito occasione per Khedira, ma il tedesco non trova la deviazione vincente sul lancio di Marchisio, ed allora il brivido corso alcuni istanti dopo è forte: Ljajic grazia Lichtsteiner e Buffon con un tiro a giro che si perde di poco sul fondo. Gol sbagliato, gol subito: Mihajlovic ne cambia tre in una volta, precedentemente Allegri aveva inserito Dybala e Pjanic, e l’equilibrio si spezza con Higuain ad approfittare dell’errore di Barreca. Nel recupero poesia Joya: ne supera tre con assist al bacio per Gonzalo, Hart fa gli straordinari sia sul n.9 che su Pjanic, ma è ancora il bosniaco a trovare l’angolo giusto che fa partire i titoli di coda.
Una vittoria che galvanizza l’ambiente bianconero, e permette ai bianconeri di aspettare comodamente sul divano il lunedì sera durante il quale si affronteranno Roma e Milan.
A CALDO / Toro-Juve 1-3: frappé a centrocampo, -78 per il Pipita
Senza Pjanic, perché i fastidi nel derby si rischia di farli pagare a tutta la squadra, Allegri va secondo logica gerarchica e non si impantana nel ragionamento sul sistema in quanto tale. Così, con Cuadrado e senza il rombo di centrocampo che è rombo solo se funziona in almeno tre angoli su quattro, si va almeno a giocare con i più in forma (Mandzukic e Rugani, due non a caso) contro il reparto avversario più problematico (la difesa, caro Mihajlovic, la difesa).
Succede che prendi la sberla perché anche nelle giornate più sane e intraprendenti il calcio sa essere malsano, gol di Belotti al primo tentativo di tre totali di squadra in partita, ma succede anche che se le partite vengono preparate con saggezza queste tendono a raddrizzarsi da sole. In questo Allegri ha delle ragioni, peggio quando invece pasticcia, e contro il Torino ci è successo nella parte centrale della ripresa, concomitante all’apnea di Sturaro e alle grandi voglie di Lemina (che nella vita vorrebbe essere la versione da strada di Paul Pogba).
Benintesi, non ha colpe l’ex Marsiglia, ma a centrocampo non ci si raccapezzava più con Khedira a sinistra e strani tourbillon nelle altre zone di campo. La difesa accorciava e scappava, sapeva soffrire con un Chiellini che è derby tatuato sulla fronte (due tackle aerei vinti ed è 1-1, lancio profondo ed è 1-2), ma rischiava anche senza poi rischiare. Ecco, questo faceva preoccupare. Anche perché nessuno qui era più abituato al fatto di dover gestire parità numeriche difensive. Ma un conto, appunto, è accettarle; un altro conto è subirle senza coscienza. Insomma, il post-Marassi è anche questo. Guardare avanti, guardare agli avanti, guardare a un reparto che può diventare un nuovo epicentro, senza precedenti nella gestione Agnelli, della squadra.
Ci siamo appesi a lui, l’attacco. In qualche modo sempre di più. Allegri si mostra consapevole nella pratica così come nelle parole. Sarà la parte più entusiasmante e più difficile. Gestirli, incastrarli, calmarli, caricarli, assortirli, educarli, sublimarli. Ribadire a ognuno il motivo per cui si trova in questa rosa. Higuain erano 90 gol in tre anni e poi il quarto varrà come surplus. Siamo a -78, un countdown che ha del dilettevole e La vera sfida del 2017 è iniziata nella settimana che si è appena chiusa e riguarda l’arsenale offensivo. Sì, va ammesso, nonostante un gran frappé a centrocampo (no, davvero, non ho capito i criteri di interscambio tra Lemina e Marchisio, detto che quest’ultimo ha dovuto fare una gara di mestiere perché non in palla), e una cerniera centrale difensiva che non tradisce perché, in fondo, ha basi italiane e fortemente italiane.
Morale: ragione, sangue freddo e raziocinio se si tratta di tradurre tutto questo sul mercato. Un incastro, uno solo, anche se il mister in quanto tale ne pensa sempre uno in più dello stretto necessario. Nessuna smania, limitatamente al centrocampo. Per tutto il resto armatevi di tanta, tantissima fantasia. La stagione si promette romanzesca. Soprattutto se verranno normalizzati i primi quattro passi di Khedira e Higuain
16a Serie A: Torino-Juventus 1-3
L’attesa della battaglia non dev’essere certo piacevole. Il derby di Torino è quasi sempre stato una lotta. Allegri, e con lui tutto l’ambiente bianconero, è reduce dalla lezione di Genova, una sberla educativa che ha insegnato alla Juventus a pareggiare l’intensità agonistica, la rapidità di pensiero, di corsa e di piede contro formazioni che a livello di determinazione, velocità e aggressività hanno la chiave per poter sperare di superare squadra dal livello superiore. Il tecnico juventino decide così di scegliere un assetto più da battaglia, offre la maglia di titolare a giocatori pronti a correre e lottare, inserisce Cuadrado e Sturaro, abbandona momentaneamente la soluzione Pjanić trequartista. Per i giornali e le grafiche delle tv la Juventus dovrebbe sistemarsi in campo con un 4-3-3, imitando lo schieramento granata, ma sin dall’inizio è il 4-4-2 il sistema di gioco con cui Allegri affronta il derby. Per Mihajlović nessun dubbio di formazione, davanti il trio che ha in Belotti il perno centrale, a centrocampo Valdifiori, l’uomo delle verticalizzazioni, affiancato da Benassi e Baselli, sulle fasce Zappacosta e Barreca a garantire ampiezza e inserimenti.
Il 4-4-2 difensivo della Juventus è perfettamente disegnato.
Nei primi quindici minuti la Juventus crea tre occasioni da gol. I meccanismi di gioco sulle catene laterali sono dipendenti dalle caratteristiche dei giocatori. Sulla destra Cuadrado si muove in prevalenza per tracce esterne con Lichtseiner che si sovrappone o offre sostegno sfruttando la pigrizia di Ljajić nei rientri, permettendo a Khedira di attaccare lo spazio centrale ricercando una giocata tra le linee al fianco di una delle due punte. Sulla sinistra Sturaro stringe maggiormente la propria posizione con continui movimenti esterno-interno-esterno per combinare in continuazione con Alex Sandro.
Col passare dei minuti poi Higuain giocherà sempre più sulla linea dei difensori con Mandžukić che svaria lungo tutto il fronte.
Concettualmente il sistema difensivo delle due squadre è analogo. Entrambi gli allenatori intendono pressare sia l’uomo che la palla con continue scalate da parte dei difensori per coprire il pressing dei centrocampisti. La Juventus,col suo 4-4-2, è potenzialmente in inferiorità numerica in mezzo al campo, specialmente quando Cuadrado resta largo e non copre lo spazio; il piano partita prevede un pressing medio pronto ad alzarsi quando viene effettuato un retro passaggio costringendo il Torino a giocare lungo. Marchisio sale spesso su Valdifiori, Sturaro su Zappacosta, Khedira stringe sull’interno più vicino. In questo modo però Chiellini e Rugani sono fortemente sollecitati, spesso abbandono la posizione centrale: è un pressing a uomo, non sulle traiettorie, che senza adeguate coperture rischia di creare varchi.
Qui Baselli viene seguito addirittura da Khedira sulla linea dei difensori, mentre Marchisio è salito su Valdifiori. Lo spazio tra centrocampo e difesa non viene così coperto.
Ed è quello che succede in occasione del gol del Torino; Alex Sandro segue senza ragione Benassi creando lo spazio per la percussione di Zappacosta; Chiellini e Marchisio sono incerti sul da farsi, uno dovrebbe coprire l’inserimento senza palla di Baselli che è invece libero di crossare pescando Belotti in area che da vero centravanti insacca.
Nemmeno il pressing del Torino è alto. I due difensori centrali della Juventus vengono invitati a costruire, il passaggio in orizzontale è generalmente l’innesco che avvia l’aggressione senza palla di Belotti, i due esterni sono maggiormente preoccupati a uscire sui terzini, mentre Valdifiori sale su Marchisio coi due interni che si occupano generalmente di Sturaro e Khedira. Resta libero il passaggio in diagonale per Cuadrado, così come questa forte attenzione all’uomo permette a una delle punte di poter ricevere tra le linee. Una volta che la Juventus si è insediata nella metà campo avversaria sono Benassi e Baselli a uscire sui due difensori centrali mentre il mediano, in alternativa alla punta, si occupa di Marchisio.
Mentre il Torino attacca specialmente sulla destra con Benassi che attacca lo spazio centrale giocando sulla stessa linea dell’attaccante e con Ljajić che accentra la propria posizione, la Juventus sfrutta in egual misura le varie fasce senza pendere eccessivamente sulla zona in cui si muove Cuadrado. L’alta aggressività sugli uomini comprime gli spazi e rende maggiormente complicate le trame di gioco; nessuna delle due formazioni riesce a controllare la partita, le azioni spesso confusionarie. Il gol del pari di Higuaín nasce da una palla recuperata da Cuadrado, il Torino si fa trovare aperto e scoperto, la sponda al volo di Mandžukić permette al numero nove bianconero di involarsi davanti a Hart e non sbaglia.
Di fatto il primo tempo finisce qui. La partita è bloccata, combattuta, il Torino è pericoloso quando può attaccare in campo aperto, mentre la Juventus è combattiva ma dopo un buon inizio non riesce a creare occasioni da rete.
Nella ripresa l’atteggiamento della formazione di Mihajlović è teso a colpire gli avversari in contropiede; per questa ragione la formazione granata rinuncia a qualsiasi tentativo di pressing alto, aspetta i bianconeri con un 4-5-1 nella propria metà campo, lasciando l’iniziativa ai due difensori bianconeri. Le trame di gioco juventine non funzionano quando si sviluppano sulle corsie laterali, ma creano maggiori difficoltà quando i due centrali riescono a trovare qualche giocatore tra le linee puntando poi centralmente la difesa, o Marchisio viene lasciato libero.
Una partita bloccata può essere decisa dagli episodi o da un cambio tattico. Il primo a cambiare un giocatore in campo è Allegri con Lemina al posto di Sturaro e il conseguente spostamento di Khedira sul centro-sinistra, sempre libero di cercare la soluzione migliore per trovare una ricezione tra le linee o un inserimento senza palla; è il primo segnale della volontà di giocarsi negli ultimi venti minuti la gara inserendo calciatori di maggiore qualità (e il gabonese rispetto a un dinamico e volenteroso ma tecnicamente imperfetto Sturaro lo è) e di corsa. Il secondo cambio prosegue su questa strada: fuori Mandžukić, dentro Dybala. Ancora una volta nessun cambio di modulo, ma iniezione di tecnica.
Eppure le due occasioni pericolose sono del Torino. La prima sfruttando un errore in fase d’impostazione di Chiellini; la seconda è figlia di una delle poche azioni tipicamente granata con una classica giocata da 4-3-3: Falque col primo controllo entra dentro il campo, il movimento in diagonale di Belotti apre maggiormente lo spazio sul lato opposto dove può essere servito Ljajić il cui tiro si spegne di poco fuori dalla porta di Buffon. Nell’occasione la Juventus difende malamente una situazione facilmente leggibile ed è l’ennesima dimostrazione d come un pressing portato malamente (nell’occasione sono in ritardo sull’uomo sia Marchisio che Alex Sandro) permetta la creazione di spazi.
Mentre Allegri si gioca l’ultimo cambio (Pjanić al posto di un Cuadrado confusionario) passando al 4-3-1-2, Mihajlović si gioca tutte e tre le sostituzioni in un unico colpo: fuori Baselli, Benassi e Falque dentro Acquah, Boyé e Martinez. Il Torino passa a un 4-2-4 per provare a vincere la partita nel momento in cui le squadre si sono allungate e i ritmi calati. Pochi secondi però dopo le sostituzioni arriva la giocata che decide il derby ed è il classico colpo di un campione: il lancio di Chiellini pesca Higuaín uno contro uno con Barreca, l’argentino riesce a girarsi per poi coordinarsi in pochissimo tempo facendo partire un destro violento e preciso sul quale Hart può fare niente. Nell’occasione il movimento ad abbassarsi di Dybala è stato seguito da Rossettini provocando il conseguente passaggio a una difesa tre col giovane terzino che si è trovato in marcatura sul centravanti bianconero.
Il Torino è colpito nel momento in cui ha creduto davvero di poter vincere il derby all’ultimo. Non ci crede. Sostanzialmente esce dal campo. Gli ultimi dieci minuti della partita sono però l’occasione per vedere in campo, dopo diverso tempo, la Juventus con Pjanić, Dybala e Higuaín assieme: i due, con Khedira sempre libero di scambiare la posizione col bosniaco, agiscono prevalentemente dietro la punta con il fantasista argentino che si apre sulla destra per poter poi tagliare dentro il campo e pescare gli inserimenti senza palla dei centrocampisti o i tagli dell’attaccante.
Così arriva la terza e definitiva rete. Un Dybala che tiene a far ricordare a tutti che è tornato (e chiuderà la partita con 3 assist), porta a spasso i granata, Higuaín che attacca la porta dettando il passaggio, Pjanić e Khedira che seguono l’azione e riempiono l’area. La qualità vince. Il derby è juventino.
Allegri ha rispettato il Torino. La scelta di schierare dall’inizio una Juventus in assetto di battaglia, con un lineare e semplice 4-4-2 ha portato a una partita in cui le trame di gioco non hanno brillato. Probabilmente responsabilità di Cuadrado e Alex Sandro, quest’ultimo troppo spesso attratto dalla palla in fase difensiva, i due giocatori cui era demandato il compito di creare pericoli dalle fasce. Il calcio è uno sport episodico, in cui la qualità dei giocatori fa sempre la differenza ed è la ragione per cui i grandi centravanti vengono pagati anche centinaia di milioni. La Juve è stata anche fortunata, ma ha vinto grazie alla tecnica dei propri campioni. Il tecnico bianconero però dovrà certamente essere in grado di presentare una Juventus in grado di coniugare qualità e intensità: Pjanić e Dybala sono i due giocatori che possono cambiare il volto di qualsiasi squadra e chiaramente dovranno essere al centro dei prossimi mesi in cui si vincono i campionati e le coppe. Allegri dovrà anche riflettere su questa difesa eccessivamente aggressiva sull’uomo che può risultare controproducente con formazioni di maggiore qualità. Il Torino ha fatto la partita che poteva. Attesa, aggressività, attacco in verticale. Non ha particolarmente brillato, ma contro aveva sempre una squadra semplicemente più forte.