Tre anni, forse più, per dirsi addio senza mai essersi neppure baciati. Anzi sì, giusto uno schiocco sulla guancia, come promessa e poi sarà quel che sarà.
Tra la Juventus e Witsel è andata così. La Cina è stato il matrimonio più logico per la logica del calcio: il matrimonio di interesse. Non ci si rimprovera nulla quando non era l’amore della vita.
Quest’ultima può sembrare una metafora da soap, ma i fatti storici raccontano che la freccia di Cupido è sempre rimasta nella faretra. Ed è il lato Juve il primo adesso a farsene una ragione.
Ma andiamo per ordine, per come la si è potuta intuire, ascoltare e osservare.
Tre anni fa Paratici può uscire allo scoperto, perché la fotocopia di Pogba non esisteva già allora: in caso di cessione estiva del francese, l’uomo è Witsel. Ne è convinto, lo segue dai tempi dello Standard, non è un’idea figlia di un lampo come invece lo fu Vidal. Ebbene, toccò invece al cileno lasciare la Juve. Il belga dello Zenit fu tenuto, e rassicurato, in stand-by fino ai primi di agosto (sei il nostro dopo-Pogba). Piuttosto che al Milan, un malaticcio alla porta che bussava, ecco piuttosto resto in Russia (che male non sto, pensava Axel).
L’estate successiva è quella appena trascorsa. La Juve è gradualmente sparita (non Paratici, per convinzione e coerenza). La sequenza è nota, ed è anche condivisa al mille per mille: Andrè Gomes, poi Matuidi e quando arriva l’inatteso no dello sceicco (Raiola, Nedved, Blanc e lo stesso giocatore tutti al lavoro in una sola direzione) è praticamente la notte tra il 26 e il 27 agosto.
Ed è allora che rispunta Witsel, c’è come minimo un Hernanes da switchare in meglio. Molto meglio, visto che il belga fa anche il vertice basso da anni ormai. Se ce n’erano 30 per Matuidi forse sono proporzionali i 22 chiesto dallo Zenit.
Intanto però lo stesso Witsel viene da due trattative piuttosto curiose nel mese precedente, e la Juve non se lo filava più: a Napoli il no è di Sarri, all’Everton dice no il centrocampista perché ne disconosce gli intermediari messi in pista dal club russo. I più maligni sedicenti ben informati sostengono: Witsel voleva a tutti i costi guadagnarci due volte, accettando situazioni in essere con il suo non-procuratore ma mentore Luciano D’Onofrio, che il 31 agosto passerà giornata e nottata in corso Galileo. A sua volta, pare D’Onofrio non piaccia allo Zenit che in Italia avrebbe (sempre secondo i maligni) dato specifico mandato per l’Italia a intermediari terzi.
Poi arriva l’inverno, nessuno sa esattamente se fosse davvero gelo tra la Juventus e lo Zenit. Lucescu ha imparato a essere furbo e nel frattanto si tira fuori dalla querelle. Nel primo giorno della stagione (siamo prima di Natale) Marotta viene a precisa conoscenza dell’offensiva cinese. Amici come prima. A questo punto il minimo che si può fare è prendere Rincon bloccato a fine novembre anche con Preziosi. La Roma incombe, anche se si pensava di poterlo tirare fino a metà gennaio.
E con Witsel, appunto, stima pluriennale, stima come prima e tanta tanta comprensione. Lui magari tiferà Juve, perché l’ha annusata davvero o perché l’ha mantenuto vivo sulla scena che conta (media inclusi). Al contrario no, non si può proprio dire che la Juve abbia tifato Witsel. Diciamo che ne è stata una simpatizzante e che Paratici forse per sempre lo sarà. In questi casi, per congedarsi, non serve neppure un abbraccio.
Luca Momblano.