Una vittoria consistente e convincente è un ottimo modo per iniziare l’anno e se a questa si accompagna un record, c’è ancora più gusto. Ecco allora che la Juve apre il 2017 con un secco 3-0 sul Bologna, 26esimo successo consecutivo ottenuto in casa: una serie da primato iniziata proprio contro gli emiliani nell’ottobre 2015.
La serata è di ghiaccio, ma per scaldare lo Stadium, Higuain e compagni ci mettono appena sette minuti, con il Pipita è subito protagonista: prima va al cross dalla destra e Oikonomou anticipa Khedira sulla linea di porta, poi scatta sul filo del fuorigioco suggerendo a Pjanic un morbido assist: il bosniaco asseconda l’idea e l’argentino gira al volo di destro alle spalle di Mirante, che riesce solo a toccare.
La Juve ha il comando di gioco e punteggio, ma il minimo vantaggio, Doha insegna, non può bastare. Lichtsteiner sfiora il palo con un tocco di prima intenzione, dopo il corner di Pjanic e la deviazione di Sturaro, altrettanto fa Higuain, mettendo a lato di testa il traversone di Khedira, mentre Marchisio ci prova con una sventola dai venti metri che Mirante alza sopra la traversa.
Il Bologna alza il pressing nel tentativo di alleggerire la pressione, riuscendoci solo a tratti. È piuttosto stringendo le linee che l’azione difensiva si fa più efficace, ma la Juve sa come allargare il gioco e continuare a spingere, specie dalla sinistra, con un ottimo Asamoah. Al 40′ è proprio il ghanese a mettere in movimento Sturaro che, appena entrato in area, viene steso da Oikonomou: il signor Mariani indica il dischetto e Dybala infila l’angolino, mandando i compagni al riposo sopra di due gol.
A chiudere definitivamente la pratica ci pensa ancora Higuain dopo neanche dieci minuti dall’inizio della ripresa. Il Bologna si fa trovare scoperto sul contropiede di Khedira, che lancia Lichtsteiner sulla destra; il cross dello svizzero è perfetto ed è un invito a nozze per il Pipita, libero di staccare nell’area piccola e prendere in contro tempo Mirante.
A questo punto la gara a poco da dire, ma ora che il Bologna si spinge in avanti per rendere meno pesante il passivo, può offrire ancora qualche ripartenza sfiziosa per i bianconeri. Allegri, per sfruttarle al meglio, manda in campo Cuadrado per Pjanic e il colombiano lo ripaga immediatamente con uno scatto bruciante sulla destra e il tocco per Khedira, che manda in porta Dybala. L’occasione è ghiotta, ma l’argentino alza troppo la mira.
A un quarto d’ora dal termine Higuain lascia il posto a Mandzukic e si prende la sua meritata dose di applausi, così come Tomas Rincon, accolto dall’ovazione dello Stadium quando rileva Khedira, e come il resto della squadra, quando arrivano i tre fischi di Mariani che mandano tutti al caldo, finalmente…
JUVENTUS-BOLOGNA 3-0
RETI: Higuain 7′ pt, Dybala (rig.) 41′ pt, Higuain 10′ st
JUVENTUS
Neto; Lichtsteiner, Barzagli, Chiellini, Asamoah; Khedira (36′ st Rincon), Marchisio, Sturaro; Pjanic (24′ st Cuadrado); Dybala, Higuain (29′ st Mandzukic)
A disposizione: Audero, Del Favero, Rugani, Semprini, Hernanes, Pjaca
Allenatore: Allegri
BOLOGNA
Mirante; Torosidis, Oikonomou, Maietta, Masina; Donsah, Viviani, Dzemaili (26′ st Pulgar); Krejici (26′ st Rizzo), Destro, Di Francesco (43′ st Mounier)
A disposizione: Da Costa, Sarr, Krafth, Gastaldello, Ferrari, Nagy, Mbaye, Floccari, Okwonkwo
Allenatore: Donadoni
ARBITRO: Mariani
ASSISTENTI: Cariolato, Valeriani
QUARTO UFFICIALE: Fiorito
ARBITRI D’AREA: Massa, Abisso
AMMONITI: 17′ pt Lichtsteiner, 35′ pt Torosidis, 46′ pt Di Francesco
A CALDISSIMO / Juve-Bologna 3-0: si riparte da qui, in spalla a Gonzalo Higuain
Hanno vinto tutte, hanno vinto soffrendo, hanno vinto con qualche aiutino, ma c’è pressione e va fatta scivolare: per farlo serve percorrere una sola strada, quella che porta ai tre punti. E’ quella strada che la fuoriserie bianconera conosce bene, ed è quella che Higuain (e Dybala) hanno saputo indicare ai compagni in novanta minuti che alla fine si sono dimostrati essere d’ordinaria amministrazione: è questa la specialità bianconera della serata, un 3-0 che arriva come fosse la cosa più normale di questo mondo, senza soffrire, senza strafare, ma serviva ed è arrivato.
L’improvviso precipitare del caso Evra costringe mister Allegri a schierare Asamoah dietro a sinistra, per il resto scelte quasi scontate, tutte confermate le indiscrezioni della vigilia complici anche le assenze di Dani Alves ed Alex Sandro.
Si parte subito forte, l’asse Pjanic-Higuain funziona meravigliosamente come a Zagabria, e il match viene subito indirizzato sui giusti binari. Si gestisce bene, si rallenta all’occorrenza, si alzano i ritmi come in occasione del colpo di testa del Pipita fuori d’un soffio a corredo di un’azione corale che è un piacere per gli occhi: uscita palla al piede, Lichtsteiner per l’accorrente Khedira, cross e deviazione d’un soffio alla destra di Mirante. Al 10′ della ripresa, questa sequenza si ripete invertendo gli interpreti della rifinitura: il tedesco lancia Stephan, sul cui cross Higuain stavolta aggiusta la mira firmando il 3-0. In mezzo il raddoppio di Dybala dal dischetto, a scacciare i fantasmi di Doha, e soprattutto a premiare la cazzutissima (per la qualità delle giocate passare altrove) prestazione di Sturaro. A proposito di Dybala: qualche errore di troppo, ma per stasera va benissimo così, che la Joya sfoderi i suoi colpi quando servirà per risolvere partite più complicate.
Comincia nel migliore dei modi il 2017, già domenica prossima sfida difficile a Firenze, sarà l’occasione giusta per dare un ulteriore forte segnale alle inseguitrici: la Juve ci arriverà senza terzini destri di ruolo, Allegri la prepari al meglio, sarà un match-point mentale.
A CALDO / Juve-Bologna 3-0: solidi alle spalle, liquidi davanti. Come vorrebbe Allegri
Delle insidie della partita post-pausa natalizia si era letto un po’ ovunque. Un bel miscuglio di verità che sono quasi luoghi comuni o viceversa. Una cosa è certa, però: di squadre in progressiva decomposizione dopo una spaesante delusione all’ultima dell’anno ne è intrisa la storia. Dalla Juve di Del Neri all’ultima Inter di Mancini il passo è breve, quando non c’è qualcosa di davvero buono alle spalle. E non è dalle sole individualità che si può ripartire.
Così, contro un Bologna che sapeva come fare (a detta loro), Allegri ha fatto ciò che la Juve richiede: proseguire il lavoro sulla linea della continuità, puntando sul doppio binario delle vecchie e necessarie certezze di squadra (vedi la cerniera Lichtsteiner-Barzagli con Khedira davanti a loro) e quelle intraviste dal tecnico cammin facendo (Pjanic svincolato dai movimenti tattici del centrocampo a tre, quindi protetto, quindi libero di muoversi da regista/fantasista a tutto campo, anche se con quel suo passetto corto). Infine, ed è il dippiù della serata, Asamoah terzino e Sturaro mastino. Una catena lontana dagli immaginari delle grandi lezioni di calcio. Non è quella la missione. Non ancora.
Insomma, solidità alle spalle del calcio liquido che Allegri predica dalla cintola in su. Si sono paradossalmente visti meno tocchi individuali e più giocate di prima, la palla che va veloce quando la testa va veloce, anche nella serata no di Dybala.
E’ il movimento nel breve, felino, che chiama (il vero marchio di fabbrica di Higuain, a metà strada nei 30 gol stagionali pronosticati, sfiancandosi meno e sfiancandoli di più); è il colpo d’occhio di qualcuno che risponde, questa volta Pjanic, progressivamente sostituito da un Khedira che viaggia meglio centralmente piuttosto che aprendosi da ala tattica.
E’ la corsa lunga di Sturaro che chiama; è l’undicesimo penalty (su undici calciati) realizzato dalla Joya a dirci che Doha deve a tutti i costi rimanere una parentesi.
E’ un traversone dosato giusto, su un quantitativo giusto che serve farne, non troppi e non pochi; ed è quindi il calcio semplice, la finalizzazione semplice ma ammazzapartite.
Tanto di cosa prometteva l’estate.
Ma siamo ancora in inverno.
E marzo è quasi primavera.
Quasi tutto come vorrebbe Allegri.
Solo che, non possiamo negarlo, lo voleva già a Doha.
Ed è rimasto scottato.
E, pare, qualcuno anche più di lui.
Avanti con il 4-3-1-2: giusto così perché…
Quando ci si trova insoddisfatti della naturalezza del gioco, di come si è stati o meno proprietari delle sorti della partita, quando si ripensa all’estate 2016, è il momento in cui si pensa al sistema di gioco. È lui che diventa la spiegazione agli interrogativi a cui si fatica a trovare risposta certa, semplificazione statica dei crucci che riguardano la dinamica della squadra.
In questa stagione Allegri si è piegato a questa elementare logica (ritoccare il modulo base) soltanto dopo la legnata di Genova, virando in maniera decisa e continuativa sul 4-3-1-2 cogliendo anche il momento degli infortuni a rotazione di Chiellini, Barzagli e Bonucci (ma attenzione: a Marassi ci presentammo con difesa a tre che includeva Alves e Benatia). Dalla lezione il mister ne ha tratto una serie di necessità impellenti, prima tra tutte quella di spostare l’attenzione della squadra da ciò che è stato a ciò che potrà essere. Perché novità chiama novità, nessun calciatore è uguale a un altro, e la somma dei calciatori (nuovi) stimola e chiede soluzioni differenti.
Dunque, Allegri pare non rinnegare la svolta di dicembre, che è ieri. Non per una sola partita, giacché l’unica che, se sbagli, non puoi rimediare. Giusto così. Perché i motivi non mancano, in attesa che scocchi la scintilla nei meccanismi:
1 – La posizione di Pjanic. Trequarti o quasi nient’altro, per quel che richiedeva il lavoro da intermedio nel 3-5-2 delle larghe distanze visto con la gestione Allegri. Lì il campo si accorcia, lo spazio che lo separa dai compagni si accorcia, il vuoto alle sue spalle si accorcia, tutto si accorcia. Forse, e lo si auspica perché è stato preso proprio perché ottimo giocatore da trasportare nella categoria dei top, si accorcia anche il tempo di esplosione (che negli ingranaggi non si misura solo con assist e gol, tanto più nel rombo). Se non tra gennaio e febbraio, quando?
2 – L’arrivo di Rincon, in attesa di comprenderne il livello medio reale, consegna il jolly che copre ogni buco nel fatidico centrocampo a tre del mister. Niente più scompensi alla prima unghia rotta, si può respirare senza dover inventare, si può forse tornare anche a catturare palloni con gli spalla a spalla e con i tackle senza portarci l’avversario ai 30 metri.
3 – La coppia vecchia maniera. La si era pensata così e la si deve ancora far esprimere così prima di pensare a qualcos’altro. Higuain e Dybala, uno che annusa la porta e l’altro che gli gira intorno, uno che si prende i riferimenti e l’altro che li toglie. Salendo come baricentro. Che vuol dire salendo con il tono del centrocampo prima ancora che con gli esterni, per quanto fondamentali. Loro devono rimorchiare, non essere i nostri epicentri. Tamponare e ripartire, pochi concetti ma semplici. Da fare bene, o stupendamente bene come può Alex Sandro.
Ci sono poi anche piccole controindicazioni, che possono al contrario generare i cambi di spartito cari a questa gestione tecnica. Il riferimento va a Cuadrado, unico pezzo difficilmente collocabile in questo immaginario a caselle fisse. Per prendere la maglia da titolarissimo, quanto l’investimento chiederebbe, il colombiano ha solo tre possibilità: il flop di Pjanic, l’inimmaginabile rinuncia al centrocampo a tre o dimenticarsi scientemente del mercato dei terzini destri.
Ci si riaggiornerà soltanto appena prima della doppia sfida con il Porto, non prima, se la piega degli eventi sarà stata quella auspicata.
19a Serie A: Juventus-Bologna 3-0
di Andrea Lapegna
Nel freddo di Torino, la Juventus riscalda i cuori dei tifosi con una prestazione solida, sicura e in cui il risultato non è mai stato in dubbio. Ottima prestazione complessiva, e note più che positive dai violini di Khedira e Pjanić.
Il modo migliore per riprendersi da una sconfitta cocente è raccogliere i cocci e tornare subito in campo. Purtroppo per la Juventus, 16 giorni sono dovuti passare dalla brutta prestazione di Doha, ma la voglia di rivalsa della formazione bianconera è, nei proclami iniziali, ben presente.Al netto dell’inquietante caso Evra (ne parliamo stasera nel podcast), le scelte di Allegri rispecchiano l’intento di schierare una formazione votata alla qualità del palleggio. Con Buffon influenzato e nemmeno convocato, c’è Neto a difendere i pali bianconeri, e un Dybala desideroso di riscatto al posto di Mandžukić. Per il resto, la formazione è la stessa della finale di Supercoppa. Nel Bologna, Donadoni conferma il canonico 4-3-3, ma sceglie Donsah al posto di Nagy e soprattutto lancia Federico Di Francesco al posto di Mounier.
Jingle bells
Il modulo della Juve è il 4-3-1-2 adottato nelle ultime uscite, ma c’è una sfumatura che Allegri aveva velatamente descritto e che è invece passata inosservata (benché naturalmente intuibile). Il 4-3-1-2 è tale e funziona se c’è la corsa di Mandžukić ad aprire il campo in ampiezza e a chiuderlo in fase negativa. Con l’effetto Dybala, le posizioni in campo sono giocoforza più fluide. Il caratteristico movimento a scendere dell’argentino disegna sul campo una forma che in molti abbiamo avuto in casa nell’ultimo mese: l’albero di Natale.
Higuaín è fuori dal campo per una pallonata al volto, ma sta per rientrare: le posizioni di Dybala e Pjanić sono troppo precise per non essere volute
La cosa più interessante delle posizioni dei due trequarti è che viaggiano comunque su tracce diverse, sia in ampiezza che soprattutto in profondità. Dybala si muove al suo solito su una direttrice diagonale che va dal limite dell’area all’out didestra. Pjanić invece prediligeva una corsa più verticale, aiutando spesso Marchisio nella costruzione del gioco e spostando la sua azione su un asse più arretrato; il suo elastico lo portava dal cerchio di centrocampo sino in zona 14 a ridosso dell’area avversaria.
La zone di movimento dei due ci aiutano a visualizzare i loro diversi compiti
Nei primi minuti di gioco la Juventus si è avvicinata molto alla creatura pensata ad inizio anno da Massimiliano Allegri. Pjanić veniva giù sino all’altezza di Marchisio a prendere la sfera e portare fuori un avversario (generalmente Donsah); Dybala si abbassava tra le linee a raccoglierne i suggerimenti, facendo esitare a sua volta un centrale di difesa. L’ordine in campo, garantito anche dai puntuali avanzamenti di Sturaro e Khedira – bravissimi a tenere bassa la difesa avversaria con Higuaín – ha schiacciato il Bologna a ridosso della propria area.
Donadoni ha scelto di non aggredire la circolazione bassa della Juventus, preoccupandosi piuttosto di difendere lo spazio a disposizione dei trequartisti bianconeri. Il primo gol però è una conseguenza diretta della qualità della Juventus negli ultimi 25 metri, e senza la giusta dose di dinamismo consentita da modulo e interpreti non si sarebbero creati i necessari spazi per permettere a Pjanić una conduzione pressoché verticale del pallone. Il genio del bosniaco e il “sentire” di Higuaín hanno fatto il resto.
Maietta è preoccupato dalla ricezione di Dybala, esce, e crea quel minimo spazio che serve a Higuaín per andare in 1 vs 1 contro Oikonomou
La catena di destra ha funzionato meglio di quella di sinistra, anche per una precisa volontà tattica. Lichtsteiner rimaneva molto più alto di quanto non facesse un più bloccato Asamoah (da migliorare la sua posizione per sfruttare maggiormente i cambi di campo). Khedira offriva appoggio laterale, senza l’obbligo di dover coprire la profondità della fascia in corsa, incastrando Masina tra sé e il terzino svizzero, e schiacciando Dzemaili in perenne ritardo. Quando invece Dybala lasciava la traccia centrale per spostarsi sulla destra, Khedira attaccava verticalmente l’area di rigore, ogni tanto giocando addirittura da muro per i due trequartisti.
Mezz’ali e mezzi spazi
Esaurita la consueta spinta iniziale della Juventus, Donadoni ha cercato di uscire dal piatto e disordinato 4-5-1 in cui era caduto. Gli emiliani sono così riusciti a distendersi in verticale, sfruttando le doti dei due esterni d’attacco: sia Krejčí che soprattutto Di Francesco sono esterni moderni, votati ad entrare nel campo per cercare l’uno contro uno con il diretto avversario. Troppe volte il figlio d’arte si è ritrovato isolato nell’uno vs uno con Lichtsteiner che – complice un giallo rimediato dopo soli 17 minuti di gioco – ha avuto qualche difficoltà a contenerne l’esuberanza, comunque fumantina.
Quando invece il Bologna attaccava da situazione posizionale, gli esterni tagliavano dentro il campo portandosi dietro gli interni bianconeri. Marchisio si ritrovava così preso in mezzo agli accorrenti interni avversari. Un problema tattico non da poco, considerando che la difesa bianconera rimaneva spesso stretta in 35 metri: se il Bologna avesse osato anche l’ampiezza alzando Masina e Torosidis, avrebbero avuto spazio sufficiente per arrivare sul fondo con costanza.
Benché ogni tanto in ritardo nei ripiegamenti, il lavoro degli interni è stato fondamentale per la manovra della Juventus. In particolare, la corsa verticale (senza palla di Khedira, con la palla di Sturaro), è stata sufficiente ad attirare su di sé gli avversari e lasciare pericolose ricezioni nei mezzi spazi a Pjanić e Dybala. Una di queste corse ha causato il fallo da rigore che ha virtualmente chiuso la partita dopo 41 minuti.
In quanti abbiamo avuto un po’ più paura del solito dopo Doha?
Sicurezze
Le prestazioni dei singoli hanno spinto la squadra, ma è stato l’intero sistema a porre i giocatori nelle condizioni di esprimersi al meglio. Un esempio su tutti: Pjanić, spesso eretto a monumento delle difficoltà di attacco posizionale della Juventus. Con 2 key passes (di cui uno trasformato in assist da Higuaín) e una precisione al passaggio del 90,7% (impressionante nonostante abbia giocato più dentro la difesa avversaria del solito) è stato uno dei migliori in campo. I suoi movimenti senza palla hanno permesso di scompaginare la pur ottima difesa posizionale avversaria, creando spazi in zone pericolose. Il numero 5 ha anche avuto occasione di mostrare come – in posizioni adeguate – riesca a dare il suo contributo anche nelle due fasi difensive: ieri si è reso protagonista di ben 8 recuperi.
Anche Khedira ha offerto una prestazione sopra la media, aiutato da una forma atletica ritrovata. La corsa del tedesco è risultata determinante sia in occasione delle folate iniziali che nelle transizioni offensive che hanno poi portato alla terza marcatura.
Da sottolineare anche la prestazione complessiva di un buon Lichtsteiner, da rinnovare (?)
Per non far morire la partita sui binari della prevedibilità, nel secondo tempo Allegri ha scelto di provare un 4-4-2 “fisso”, senza posizioni fluide, mettendo dentro Cuadrado al posto di uno stanco Pjanić. In un momento della partita che offriva uno sterile possesso emiliano, la vivacità del colombiano è stata – al netto di qualche imprecisione di troppo nelle rifiniture – una scintilla per le transizioni bianconere, che hanno avuto il merito di far capire al Bologna che non valeva la pena cercare il gol con insistenza, pena il rischio di scoprirsi eccessivamente.
Sturaro largo a sinistra, qui più interno del dovuto perché uscito in pressione
Quella di ieri sera è stata una partita in cui la maggiore qualità bianconera ha permesso di avere anche un piano gara più efficace. Con le cruciali posizioni e prestazioni degli interni di centrocampo a controbilanciare i movimenti dei trequartisti, la Juventus sembra aver trovato un buon equilibrio tra palleggio ragionato e tracce profonde. Il 4-3-e-poi-vediamo con Dybala è un modulo decisamente più verticale e garibaldino del caro vecchio 3-5-2, ma Allegri è stato bravo a non privare la squadra dell’indispensabile filtro a centrocampo (a un buon Marchisio si sono aggiunti gli ottimi Sturaro e Khedira). Una rondine non fa primavera, e un 3-0 al Bologna non ci porterà a Cardiff, ma ha mostrato che la strada intrapresa dai bianconeri potrebbe essere quella giusta. Il periodo delle sperimentazioni sembra essere finito e, forte del primato in campionato, Allegri può guardare con fiducia al prossimo futuro.