Una vittoria mai davvero in discussione, impreziosita da quattro gol e da altrettante ottime notizie: intanto, prima fra tutte, il rientro di Claudio Marchisio, dopo 182 giorni dall’infortunio patito lo scorso aprile contro il Palermo. È stato assente per molto meno, solo dall’inizio di ottobre, Giorgio Chiellini, masi gusta il ritorno con una doppietta. Altro rientro da festeggiare è quello di Asamoah, impiegato negli ultimi minuti, e per concludere, “last but not least”, ecco il primo gol stagionale di Mario Mandzukic, che apre le danze.
Si diceva di Marchisio: il Principino si piazza in mezzo a Pjanic e Khedira e prende subito il comando delle operazioni. In fase difensiva i bianconeri si schierano con una linea a quattro, dalla quale però Evra è pronto a sganciarsi e a salire sulla sinistra, mentre dalla parte opposta Dani Alves può rimanere più arretrato. A spingere ci pensa Cuadrado ed è dal suo piede che dopo appena parte quattro minuti parte un traversone delizioso, che nell’area piccola trova il tuffo di testa di Mandzukic e la prima rete stagionale del gigante croato.
Un’incornata tira l’altra, è il caso di dire: tempo di creare una nuova azione offensiva ed ecco che dal corner di Pjanic, nasce il secondo gol, questa volta firmato da Giorgio Chiellini, con uno stacco imperioso.
Al di là dell’uno-due che ovviamente indirizza subito la gara, la manovra della Juve è fluida e piacevole e anche quando si tratta di recuperare palla la concentrazione non cala, nonostante il doppio vantaggio. Una situazione che si verifica di rado per altro, perché il gioco è perennemente in mano ai bianconeri, che dimostrano di avere ben più soluzioni per arrivare dalle parti di Puggioni. Una di queste è il lancio in profondità di Bonucci: dalla sua sventagliata, nasce la combinazione tra Mandzukic e Higuain che porta l’argentino a colpire l’esterno della rete. Le due punte si cercano spesso e volentieri e attaccando la profondità, tengono in costante apprensione la difesa doriana.
La gara è insomma a senso unico, ma bisogna prestare attenzione a non commettere errori che possano permettere agli avversari di rifarsi sotto. In effetti la prima azione dei blucerchiati degna di nota nasce da un pallone perso da Dani Alves, che permette ad Alvares di arrivare sul fondo e di pescare l’inserimento di Budimir, il cui diagonale sfiora il palo.
Gli ospiti prendono coraggio e ci provano anche con Alvares, che impegna Neto con un rasoterra dal limite, ma la Juve torna subito in controllo del match.
A cinque minuti dalla fine del primo tempo si ferma Evra, costretto a lasciare il posto ad Alex Sandro, ma anche nella ripresa tatticamente non cambia nulla. Quello che cambia è l’atteggiamento dei bianconeri, ora un po’ troppo rilassato. Giocando a ritmi bassi e con eccessiva leggerezza, si finisce per commettere errori e d è quanto accade a Chiellini che, al 12′, nel tentativo di cambiare gioco e servire Dani Alves, sbaglia la misura del passaggio e serve involontariamente Praet. Il belga punta l’area, arriva sul fondo e tocca centralmente per Schick, che calcia in corsa e spedisce alle spalle di Neto.
Quella che sembrava una gara senza più molto da dire, si riapre improvvisamente e Giampaolo vedendo la rimonta possibile, cambia la coppia d’attacco, mandando in campo Muriel e l’ex Quagliarella. La Juve però si scuote e in due minuti confeziona due golose palle gol, entrambe con Khedira: nella prima occasione il tedesco chiama Puggioni alla respinta di piede con un rasoterra velenoso, nella seconda non riesce a chiudere nell’area piccola il triangolo con Mandzukic per l’intervento della difesa doriana.
È il preludio del terzo gol bianconero, firmato non senza fatica da Pjanic che, servito dalla sponda aerea di Cuadrado, indirizza in porta, ma trova l’affannosa respinta di Puggioni. Sul pallone si avventa Higuain, il cui tentativo, ribattuto da Silvestre, si trasforma in un nuovo assist per il bosniaco che questa volta spedisce in rete.
La partita è nuovamente in cassaforte, ma ha ancora qualcosa da raccontare. Intanto l’ovazione per Marchisio, che al 27′ lascia il posto a Lemina, dopo un’ottima prestazione. Quindi il tentativo di Higuain che, pescato in area con un lancio di 50 metri da Pjanic, arriva al tiro, ma trova la risposta di Puggioni. Poi il rientro di Asamoah, che prende il posto di Pjanic a dieci minuti dal termine. Infine il quarto gol, firmato ancora di testa, ancora da Chiellini, che arriva a deviare la punizione di Cuadrado per firmare la sua seconda doppietta in A e chiudere definitivamente i conti.
JUVENTUS-SAMPDORIA 4-1
RETI: Mandzukic 4′ pt, Chiellini 9′ pt, Schick 12′ st, Pjanic 20 ‘st, Chiellini 41’ st
JUVENTUS
Neto; Dani Alves, Bonucci, Chiellini, Evra (40′ pt Alex Sandro); Khedira, Marchisio (27′ st Lemina), Pjanic (37′ st Asamoah); Cuadrado, Higuain, Mandzukic
A disposizione: Audero, Loria, Benatia, Barzagli, Rugani, Lichtsteiner, Sturaro, Hernanes, Kean
Allenatore: Allegri
SAMPDORIA
Puggioni; Sala, Silvestre, Skriniar, Regini; Barreto (29′ st Djuricic), Cigarini, Praet; Alvarez; Budimir (16′ st Quagliarella), Schick (16′ st Muriel)
A disposizione: Tozzo, Amuzie, Krajnc, Pedro Pereira, Eramo, Linetty, Palombo, Fernandes, Torreira
Allenatore: Giampaolo
ARBITRO: Russo
ASSISTENTI: Preti, Marzaloni
QUARTO UFFICIALE: Dobosz
ARBITRI D’AREA: Doveri, Aureliano
AMMONITI: 42′ pt Silvestre, 17′ st Barreto, 43′ st Cigarini
A CALDISSIMO / Juve-Sampdoria 4-1: dolce risveglio al minimo trotto. Se poi ci pensa Chiellini…
Match potenzialmente più delicato del previsto dopo il passo falso di San Siro ed in attesa della sfida di sabato sera contro il Napoli: vietato sbagliare, e se possibile registrare una prestazione convincente per cercare di rialzare il morale.
La novità di formazione, per assurdo, sembra quasi una consuetudine di questo primo quarto di stagione: stavolta si parte subito con Dani Alves nella difesa a tre, finalmente Marchisio in mezzo a far vedere subito il salto di qualità che potrebbe avere la squadra con il Principino in regia, Cuadrado largo a destra, coppia pesante in avanti con Mandzukic più attivo e pericoloso di Higuain.
L’inizio è di quelli che tanto piacciono soprattutto per la reazione caratteriale e la forza mentale mostrata dalla squadra: subito alla prima occasione si passa in vantaggio con Cuadrado a scherzare con l’avversario di turno in fascia, e Mandzukic finalmente in gol sfruttando il troppo spazio lasciatogli dai difensori a lui più vicini. Giusto il tempo di sistemarsi in campo, e anche Chiellini decide che è arrivato il momento di timbrare il cartellino per la prima volta in stagione: corner di Pjanic, Giorgio salta più in alto di tutti, Mandzukic compreso, ed è raddoppio. Da qui in avanti è praticamente un allenamento, un cercare di capire misure e spazi da coprire nel triangolo Khedira – Marchisio – Pjanic, e qualche cambio di passo che Higuain non sfrutta nel migliore dei modi. Tegola di serata, però, un altro infortunio muscolare: stavolta tocca ad Evra fermarsi per un problema al polpaccio che lo costringe al forfait e dunque lasciare spazio ad Alex Sandro, inizialmente in panchina.
Al ritorno in campo non può che essere una leggerezza a rimettere in corsa gli ospiti, e così avviene: Chiellini si dimentica di essere Chiellini, e regala un contropiede a campo aperto ad un giocatore per tanto tempo accostato alla Juve in passato, tale Praet, che confeziona una palla da spingere in porta per Schick che sigla il 2-1. E’ la sveglia per la Vecchia Signora che ritorna a spingere, imprecisa con Khedira, poi cinica con Pjanic che corona una bella azione corale seppur con l’ausilio del portiere avversario. Proprio in chiusura, però, Chiellini si ricorda di essere Chiellini: sigillo su assist di Cuadrado, altro gol su palla ferma e titoli di coda che consegnano tre punti facili. Col senno di poi.
Missione compiuta, dunque, con una partita quasi mai in dubbio se non per meno di dieci minuti, quelli fra i gol del 2-1 e del 3-1: adesso si prepari al meglio la doppia sfida Napoli-Lione, due passi fondamentali per affrontare al meglio la fase centrale della stagione.
Il rientro in squadra di Claudio Marchisio (anche se non ne è mai uscito)
Dovessi spiegarvi, concretamente, cosa sia il “tempo di gioco” non saprei che termini usare per rendere al meglio l’idea. Del resto, è uno dei tanti concetti calcistici difficili da esporre ma facilissimi da comprendere, soprattutto quando te li ritrovi davanti. Per questo la miglior definizione possibile per “tempo di gioco” (o, sarebbe meglio dire, della giocata) è Claudio Marchisio.
Rientrava oggi, dopo un infortunio terribile, lo stesso che, purtroppo, sembra aver colpito Alessandro Florenzi (in bocca al lupo). Ma è come se da questa squadra, la “sua” squadra, non fosse mai uscito: palleggio, senso della posizione, la cosa giusta al momento giusto, sempre, per un’ora e spiccioli. E la sensazione di una manovra che fosse il mezzo invece che il fine (e la confusione tra i due concetti è stata causa della confusione in campo di questo primo mese e mezzo di stagione), non calcio champagne, ma pulito, ordinato, essenziale, con qualche nota alta. Proprio come il l’attore (tornato) protagonista.
Le differenze con il recentissimo passato sono state evidenti. E se le buone prove del tanto (troppo) vituperato Hernanes contro Dinamo Zagabria ed Empoli avevano lasciato intuire che è quello il ruolo chiave della Juventus 2016/2017, il rientro del plenipotenziario del centrocampo bianconero ha lasciato quella sensazione di “è tutta un’altra storia”: questione di esperienza, attitudine, di tempi di gioco (appunto) di comprensione di quel che accade sul campo a un livello superiore alla media, di read and react come amano dire gli americani. E te ne accorgi quando la palla viaggia da un lato all’altro del campo a una velocità cui non eravamo più abituati e con l’8 lì in mezzo a tenere le redini di una squadra che torna finalmente ad andare al ritmo del suo respiro e del suo passo.
Occhio ad illudersi, però: la partita del rientro fa storia a sé, soggetta com’è all’entusiasmo del ritorno e alla voglia di far bene. Verranno tempi (e avversari) ben più difficili e che faranno sentire tutto il peso dei mesi d’assenza e della condizione ottimale da ritrovare. Ma la Juventus ha di nuovo un cuore, che sembra aver ripreso a battere come al solito. E senza cuore, si sa, saremmo solo macchine.
Bentornato Claudio! Tu e il tuo tempo di gioco.
10a Serie A: Juventus-Sampdoria 4-1
di Andrea Lapegna
Dopo il passo falso contro il Milan, ed orfana di Paulo Dybala, la Juventus si riprende alla grande contro una Sampdoria spuntata. Mattatori della serata il rientrante Marchisio e uno scatenato Cuadrado.
Aiuto, mi si è infortunato Dybala! L’ansia dei tifosi si è ben presto convertita in schizofrenia giornalistica, quando dopo la poco brillante prestazione di Milano ci è ritrovati a fare i conti con la partita contro la Sampdoria. Con che modulo si schiererà la Juventus? I giornali hanno proposto e venduto di tutto, si va da un “molto europeo” (mah) 4-2-3-1, al 4-3-3 (senza Pjaca?), al 4-4-2 d’assalto con la coppia di panzer Higuaín e Mandžukić. Il tutto al netto del possibile ritorno in campo di Marchisio. Allegri è stato al gioco, tanto che in conferenza stampa pre-partita ha mischiato le carte dicendo di aver visto “bene Alex Sandro come attaccante in partitella”.
Con buona pace delle sovrastrutture mentali dei giornalisti nostrani, il tecnico livornese non abbandona la calda coperta del 3-5-2, almeno nominalmente. Evra e Cuadrado prendono i lati e Higuaín e Mandžukić sono la coppia d’attaccanti (prevedibile, dato che sono gli unici due disponibili). La mezza sorpresa semmai è Alves terzo di destra, con Allegri che pare convintosi che senza Khedira in condizioni superlative, l’anarchia del brasiliano rischia di compromettere il lato destro della squadra. La Sampdoria, dopo aver dato la caccia a praticamente tutti i trequartisti sul mercato estivo – Bruno Fernandes e Praet su tutti – si presenta allo Stadium con l’abituale 4-3-1-2, dove l’eganche a supporto di Schick e Budimir lo fa Álvarez, con Muriel sorprendentemente in panchina. Probabilmente Giampaolo sa che il suo colombiano soffre l’assenza di spazi; Praet, finora non proprio brillante, è la mezz’ala sinistra.
Non c’è neanche il tempo di studiarsi (i primi minuti sono un po’ spezzettati) che la Juventus passa in vantaggio. Il gol, nato da una giocata straordinaria di Cuadrado, delinea comunque già il canovaccio offensivo della Juventus. Costruzione bassa paziente, sovraccarico a destra, e ricerca della superiorità numerica tramite giocata personale o triangolo Cuadrado-Khedira-Dani Alves. Al massimo, cambio di gioco. Dani Alves, disimpegnatosi bene nel ruolo di vice-Barzagli (pur continuando a perdere qualche pallone troppo ingenuamente), può finalmente sfruttare i corridoi interni che tanto ama, anche in virtù dell’assenza di pressione da parte dei doriani che gli permette di prendere campo di fronte a sé. Cuadrado, largo, permette a Khedira di sfruttare la traccia interna, ricevendo spesso persino sulla corsa da Dani Alves o da Marchisio. Questa ritrovata spaziatura sulla corsia di destra sarà una delle chiavi della buona partita della Juventus.
Difesa schierata, avversario incollato, compagni lontani, cross dai venti metri. Cuadrado fa tutto alla perfezione, e ogni altra soluzione di qualità inferiore non avrebbe portato al gol. L’assist è una sentenza che Mandžukić deve solo esguire.
Il tempo di formulare nella mia testa questi pensieri, e la premiata ditta Pjanić-Chiellini aggiunge carne sul fuoco degli spunti che questa partita ha da offrire. La Samp sceglie di difendere i corner con un sistema a zona puro. Questo comporta una debolezza strutturale: la difficoltà a seguire gli inserimenti da dietro, tanto più se nella “zona” di competenza di un difendente c’è già un avversario (nella fattispecie Bonucci). Quando Pjanić comincia la sua rincorsa per battere l’angolo, Chiellini ha i piedi sulla linea del limite dell’area. Per la difesa è una questione di tempi da gestire, più che di spazi da coprire.
È chiaro che il doppio vantaggio permette ai bianconeri di gestire il match giocando con meno pensieri nella testa. E forse è proprio grazie all’improvvisa leggerezza che la Juventus riesce a limitare all’osso le iniziative dei doriani. Quando il pallone finisce tra i piedi dei blucerchiati infatti, la Juventus cerca con costanza – almeno nella prima frazione di gioco – il recupero palla in zona alta. Si tratta di una particolarità che avevamo visto raramente prima nella Juve, tanto meno nella Juve di Allegri. Pressing portato sul pallone, portatore accerchiato con più uomini senza curarsi di lasciare linee di passaggio libere: tanto non avrà il tempo di sfruttarle, perché la palla l’abbiamo già ripresa noi.
Se invece il primo tentativo di pressing non va a buon fine, si costringono comunque gli avversari ad uno scarico infruttuoso all’indietro. La Juventus può allora ricompattarsi e lasciare campo all’iniziativa – molto insipida – della Sampdoria. Quando i blucerchiati sono liberi di cercare la manovra ragionata, non trovano spazi. Oltretutto, come Allegri ci ha abituati dall’anno scorso, la Juventus affronta il possesso consolidato degli avversri schierata con un 4-4-2 ibrido, dove Evra scala terzino sinistro e Alves si allarga sulla propria destra. In questo modo la Juventus ha castrato ogni velleità d’attacco della Doria.
L’occupazione dello spazio da parte dei giocatori bianconeri. La Samp non si è nemmeno avvicinata all’area avversaria, che già non sa cosa fare del pallone. Peraltro la sapienza nei bianconeri è tale che qui non hanno nemmeno bisogno di scivolare a 4 dietro per tenere il campo.
La Juventus non è solita cercare il recupero alto, o quantomeno non ci ha abituati a questo sistema, dal momento che i giocatori in rosa sono molto più tecnici e quindi abili con il pallone tra i piedi, che dinamici e proni al recupero. Era un sistema che poteva fare il primo Conte, con gente come Vidal e Giaccherini. Che la differenza l’abbia fatta la superiore intelligenza calcistica di Marchisio, finalmente al suo posto nel cuore del centrocampo?
Recupero palla pulito, alto, e determinante. What else?
E qui salta avversario e linea di pressione con un singolo movimento del corpo. Il calciomercato finirà pure ad agosto, ma è il secondo anno di fila che la Juventus fa il suo acquisto migliore in ottobre.
Il gioco di Marchisio è vitale in entrambe le fasi. In fase negativa, è difficile trovare al mondo un giocatore che sappia piazzarsi meglio in campo. Con la sua sola presenza è in grado di chiudere più linee di passaggio al portatore che, se forza, finisce per regalare la palla al centrocampista azzurro. Se la squadra perde palla, lui non corre all’indietro, non si scompone: sente la posizione di compagni e avversari, ed aggiusta la sua di conseguenza. Finirà la partita con 9 palloni recuperati (migliore in campo assieme a Dani Alves e Cigarini). Rispetto ai colleghi però, le sue ball recoveries hanno il pregio si avere una distribuzione più eterogenea e soprattutto medimente più alta.
Quando imposta invece, pur non dotato della visione di gioco di un Pirlo o di un Modrić, gioca a uno o due tocchi in scioltezza, non ha paura di rischiare l’appoggio verticale (o diagonale) per una delle due mezz’ali o per un esterno. Il gioco diretto, il piede educato e il cervello raffinato non hanno bisogno di fermarsi e guardare i compagni, e cosÌ “mangiano” tempi di gioco all’organizzazione difensiva avversaria. Così la manovra assume più fluidità, la palla viaggia finalmente rapida, e Allegri può sorridere vedendo applicati i principi di gioco a lui cari.
Qui invece un recupero palla alto andato male. Pjanić, Marchisio, ed Evra accerchiano l’avversario, senza recuperare il pallone. È pacifico che si tratta di una strategia da affinare, ed altrettanto palese è che se non si riesce a coprire la profondità, l’azione diventa una transizione dell’avversario
Con Cuadrado a fare l’esterno piedi sulla linea del fallo laterale poi, anche la prestazione di Khedira ha brillato di nuovo. La posizione larga del colombiano ha consentito al tedesco di rimanere interno, senza dover tagliare diagonalmente verso l’esterno come costretto nel mtch di San Siro. Un movimento che non è nelle sue corde, e lo si era visto con Alves quinto di destra, che ama incrociare la propria posizione con quella del suo vicino per sfruttare nelle zone più interne del campo le sue superiori qualità tecniche.
Nel primo tempo è stato interessante anche vedere quale soluzione avesse adottato Allegri per far convivere Higuaín e Mandžukić, due attaccanti che in estate erano stati tacciati di incompatibilità. Nel primo tempo invece hanno mostrato un’ottima complementarietà, entrambi votati ad un minimo di sacrificio per il bene della squadra. Nei primi 25 minuti, Higuaín era solito staccarsi molto dal centro del campo, ed uscire sulla destra, cercando il duetto in zone profonde con Cuadrado. Il risultato è stato portarsi dietro un uomo (con Silvestre che all’inizio, indeciso sul da farsi, lo seguiva fino all’out) e creare spazio sia per Mandžukić che per le ricezioni avanzate di Khedira. Nella seconda parte della prima frazione invece, è stato il croato ad offrire lo stesso movimento (a specchio a sinistra). Soprattutto dopo l’ingresso di Alex Sandro per Evra (polpaccio), Mandžukić ha svariato moltissimo, soprattutto in orizzontale, lasciando all’argentino il centro del campo quando il lato sinistro della Juventus diventava il lato debole dell’azione d’attacco. La bravura delle due punte, a dispetto dello stile di gioco proprio ad entrambi, è stata quella di non dare riferimenti alla difesa avversaria (come ha fatto notare anche Allegri a fine partita). Qui sotto la loro heat map: per pixellizzazione, non si direbbe quella di due attaccanti.
Questo giochino a “doppio elastico” dei due attaccanti permette a Pjanić di cercare molto più spesso la verticalità, premiando così a turno una delle due punte o Khedira. E questa è un’altra situazione in cui il nuovo atteggiamento, fattibile grazie al ritrovato equilibrio, permette di tirar fuori il meglio dai nostri giocatori. Nel secondo tempo la Samp sembra voler provare a portare un po’ di pressione alla costruzione bassa della Juventus: ma è un pressing sporadico, incostante e solitario. I bianconeri dal canto loro si accontentano di una gestione del possesso palla, sicura ma sterile, ed aumentano le statistiche sul possesso palla (alla fine attorno al 61%).
José Mourinho è – o quanto meno era – solito dire “whoever has the ball is more likely to make a mistake”, chi tiene la palla ha più possibilità di commettere un errore. Ora, la citazione sarà anche un monumento al calcio reattivo, ma il concetto è impeccabile, e la Juventus cade suo malgrado pienamente nella casistica dell’esempio. Dopo la riconquista del pallone, Chiellini cerca un improbabile cambio di campo per Cuadrado, il quale è in una posizione troppo bassa per non richiedere una tecnica superiore nell’apertura. Il passaggio che esce dal piede del difensore è corto, Praet controlla di testa, auto-lanciandosi nello spazio. Neto non esce (avrebbe potuto), il pallone arriva a Schick per un comodo gol.
Film già visto? Non stasera. Marchisio si cala ancor più nella veste di creatore di gioco, chimando ai tagli profondi prima Mandžukić e poi Cuadrado. Da un nuovo inserimento del colombiano nasce l’azione che porta alla terza marcatura bianconera, favorita anche dalla confusione in area doriana e dal pasticcio di Puggioni. Ma è tutto l’impianto in zona avanata a funzionare: la palla scorre veloce, i giocatori si trovano negli spazi giusti, e la circolazione di palla è più veloce della riorganizzazione avversaria.
I cambi non stravolgono l’assetto tattico delle due squadre. Lemina concede un naturale break a Marchisio, inappellabilmente Most Valuable Player dell’incontro, mentre il rientro in campo di Asamoah è un cambio conservativo, preferendo il suo dinamismo alle geometrie di Pjanić. A otto minuti dal fischio finale, non ci possiamo lamentare. Tanto più che Chiellini mette a referto la propria doppietta personale, sul secondo assist di Cuadrado (solo da spingere dentro, come il primo).
La prova complessiva della squadra è incoraggiante, perché si mette alle spalle non solo la sconfitta di Milano, ma anche le scialbe prestazioni con Lione e Udinese. A voler fare i maligni, qualuno dirà che la chiave di questa vittoria è aver trovato una squadra – la Samp – che non ha fatto barricate. Ma per una volta, vale la pena attingere dai luoghi comuni delle narrazioni sportive e dire che la Juventus vince e convince. Altri potrebbero dire che ancora una volta la Juventus ha subito un gol pur senza concedere nulla, gol che la Samp forse non avrebbe nemmeno meritato per la pochezza della proposta offensiva. La certezza di ritrovare geometrie e posizioni con il rientro di Marchisio era in qualche modo pronosticabile, meno il fatto che potesse avere un impatto così determinante ed immediato dopo il brutto infortunio. Buone notizie anche dalla fascia destra: con Cuadrado e i giusti movimenti, brillano tutti.