Patrik Schick ha raggiunto questa mattina il J|Medical di Torino: l’attaccante ceco classe ’96, impegnato in questi giorni con la propria Nazionale Under 21 all’Europeo in Polonia, sta sostenendo in questo momento le visite mediche presso la struttura sanitaria situata sul lato est dell’Allianz Stadium.
A chi somiglia Patrick Schick?
Ho passato gli ultimi due giorni a guardare video di Patrick Schick alla ricerca del dettaglio che mi conducesse al “già visto” o, per meglio dire, al calcisticamente arcinoto “X ricorda Y”: non che la cosa mi entusiasmi particolarmente (personalmente credo che il paragone a tutti i costi finisca con l’essere notevolmente sottostimante nella valutazione delle qualità di un giocatore) ma, in questo caso, si è trattato di un passaggio obbligato per provare ad inquadrare il nuovo acquisto della Juventus.
Sì, perché del 21enne ceco si conosce ancora poco, al netto di una stagione da 11 gol in 32 presenze.
Conosciamolo meglio, allora…
Detto che gli accostamenti con Van Basten rientrano nella categoria delle esagerazioni da calciomercato spinto, è comunque evidente che un giocatore di quelle dimensioni (1.87 per 73 chili, con una massa muscolare da potenziare notevolmente) con una simile cifra tecnica è un qualcosa che passa ogni tanto. Dalle parti di Vinovo, in particolare, era dai tempi di Ibrahimovic che non si poteva contare su qualcuno con il fisico della prima punta e i piedi della seconda, in grado di ricoprire potenzialmente tutti i ruoli del quadrilatero offensivo e con margini di crescita potenzialmente illimitati.
Do you remeber?
Attenzione, però: dire che Schick, in alcuni tratti, richiami Ibra (nella sua versione 1.0, quella del biennio 2004-2006), non significa che sia destinato a diventare un calciatore di quel livello. La maturazione di un giovane calciatore è influenzato da molteplici fattori, in particolare dal contesto tecnico e tattico con cui è chiamato a relazionarsi: e questa Juve è, ovviamente, diversa da quella Juve, per sistema di gioco, interpreti, ritmo, velocità d’esecuzione.
Fatta questa doverosa premessa è impossibile non notare alcune analogie con la parabola dello svedese: proprio come l’illustre predecessore (in particolare agli inizi di carriera), Schick predilige giocare in appoggio ad una prima punta piuttosto che fungere da principale riferimento offensivo, alternando la giocata tra le linee al classico interno/esterno sulle corsie laterali e assecondando il proprio istinto nella ricerca della posizione ideale a seconda del momento della partita, creando per sé e per gli altri (3 assist e 17 key passes nella sua prima stagione italiana). Eppure la sua esplosione è coincisa con il suo spostamento a centravanti di manovra a seguito dell’infortunio di Muriel (proprio come accaduto per Zlatan con Trezueguet nel 2004/2005): fino a quel momento, infatti, l’ex Sparta Praga veniva utilizzato da Giampaolo esclusivamente come arma da utilizzare a partita in corso (lo dimostrano i 1500 minuti, o poco più, disputati in stagione) contro avversari difensivamente chiusi e impegnati a fare densità nella propria trequarti. Come Ibra è bravo nel proteggere palla con il fisico (pur essendo meno pesante e smaliziato dello svedese nell’uso del corpo: la percentuale di duelli aerei vinti è sotto il 40%) ma è meno potente nell’appoggio e nell’allungo dopo aver saltato il diretto avversario (50% di dribbling riusciti in stagione), così come da migliorare è la pulizia nelle sponde e nel tocco di prima a favorire l’inserimento del compagno dal lato debole. In zona gol, invece, il nostro sembra avere una marcia in più rispetto all’Ibra degli inizi, spesso poco lucido in fase conclusiva (difetto ampiamente limato con il tempo): Schick prende quasi sempre la porta grazie ad un’ottima tecnica di calcio (dopo Bacca è il giocatore ad aver effettuato meno di 50 tiri con la shot accuracy più alta: circa il 60%), ha un tiro da fuori potente e preciso, è freddo e lucido a tu per tu con il portiere: da sgrezzare, invece, le skills in acrobazia e nello stacco aereo, magari insegnandogli a tagliare più spesso sul primo palo in anticipo sul centrale di riferimento.
Il tempo è dalla sua parte e la base su cui Allegri potrà iniziare a lavorare è già ottima. L’importante, paragoni e somiglianze a parte che lasciano sempre il tempo che trovano, sarà non avere fretta e non caricare di eccessive aspettative un talento ancora acerbo ma che ha tutto per affermarsi ad alti livelli. Con pazienza. E #halma, ovviamente.
Claudio Pellecchia