Zampari-ni

Zamparini è uomo che non suscita grossa simpatia, né però condanna definitiva. Non è uomo da si o no. E’ uomo del ni. Grande e grosso visto da vicino (fuori l’aula, al processo di Napoli), è tranchant quanto generoso. Aperto ai buoni consigli quanto chiuso periodicamente su se stesso. Il mio maestro mi disse, “quello, meno male che s’intende di supermercati sennò …”. Sennò forse, fosse dipeso solo dal calcio, chissà. Ni. Pare che intorno ai cambi di panchina al Palermo di quest’anno ci sia un movimento. Si vocifera cioè che la retrocessione sia pianificata. Realizzata con gran clamore attraverso esoneri e riassunzioni multiple, il tutto ad arte per destabilizzare la direzione tecnica della squadra e mandare il campionato a pallini. Il discorso è pericoloso quanto avvincente. Ma ampiamente ribaltabile. Il Palermo conviene tirarlo giù in B tanto tra vendite big, riduzione stipendi e salvagente economico per le retrocesse si chiude in bellezza facendoci un affare. Però è anche vero che se resti in A hai l’oro delle televisioni. E nessuno t’incendia lo stadio. Il presidente ovviamente fa la sua parte narcisa e autolesionista di sempre sposando a chiacchiere la parte peggiore della commedia. Quella dell’affondamento che tutto sommato si può non dice fare. Quantomeno accettare. Colpevole, innocente ? Ni. Zamparini da buon minchione in senso buono, più re nudo che spavaldo padrone del mondo, spara tutto allegramente come se non ci fosse un domani inducendo con le sue parole in libertà a pensare al peggio. Le sue dichiarazioni alimentano involontariamente ma naturalmente il sospetto. Il calcio purtroppo è azienda sociale, rispetto alla quale il consenso ambientale è condizione di vita. E di morte. Il calcio come la politica non te ne esci con un vaffanculo. I tuoi affari non sono affari tuoi. La vita aziendale del calcio azienda in sintesi è come una centrale elettrica. Dà energia a tutto e a nessuno viene in mente di guardarci dentro. Finché poi non va via la luce. Quando va via la luce, si sa cosa avviene. Tutti ma proprio tutti aprono gli occhi.

Vincenzo Ricchiuti.