Venerdì sera Simone Zaza giocherà per la prima volta allo Juventus Stadium con la casacca bianconera contro la squadra che l’ha lanciato in Serie A, quel Sassuolo che nella gara d’andata sembrava aver sancito la fine della seconda Juve di Allegri, ancor prima che una compagine con tanti nuovi elementi potesse far emergere il suo vero potenziale. Il timore reverenziale non fa per Zaza, come si evince dai suoi atteggiamenti in campo ma anche dai suoi gol: in due stagioni in Serie A il centravanti è andato a segno per due volte contro la Juve, sempre al Mapei Stadium, la prima volta nel maggio 2014 con l’aiuto di un frastornato Ogbonna, la seconda nell’ottobre dello stesso anno con un tocco da biliardo da dentro l’area di rigore. Lo Zaza che ritrova i suoi ex compagni è un giocatore ancora da sgrezzare, eccessivo e irruento nel bene e nel male, che in bianconero ha sviluppato una dote che in Emilia aveva solamente fatto intravedere: il killer instinct, la capacità di andare in gol frequentemente e in ogni modo.
Ma com’è cambiato il modo di stare in campo di Zaza nel passaggio dal 4-3-3 di Eusebio Di Francesco al 3-5-2 di Massimiliano Allegri? Proviamo a scoprirlo confrontando due gare campione (selezionate dopo aver confrontato diverse partite per ogni stagione): Sassuolo – Atalanta del novembre 2014, con Zaza punta centrale del tridente, e l’ultimo Bologna – Juventus, con Simone centravanti supportato da Morata.
In entrambe le occasioni l’attaccante della nazionale non ha offerto prestazioni memorabili, ma quello che ora ci interessa è la sua interpretazione nei due contesti. Indipendentemente dal numero di tocchi, più elevato nella gara casalinga contro l’Atalanta, è impossibile non notare una sostanziale differenza nelle posizioni occupate. Con Berardi e Sansone ai lati Zaza era giocoforza costretto a cercare spazio centralmente, anche se si può comunque intravedere la sua tendenza a spostarsi verso il centro-destra; nella Juventus, con Allegri predicatore della libertà totale degli interpreti dalla trequarti in avanti, Simone può svariare su tutto il fronte offensivo, mettendo a frutto la sua abilità nel pressing e nel recupero dei palloni, e cercando spazio sul lato destro del campo per calciare a giro col mancino. Meno prima punta e più attaccante a tutto campo, una variazione che ha portato Zaza a segnare i suoi primi gol da fuori in Serie A (tutti i 20 gol realizzati col Sassuolo sono arrivati da dentro l’area di rigore) e a raddoppiare le sue statistiche per quanto riguarda i palloni intercettati in fase di pressing, passati da 0,4 a 0,8.
Dal neroverde al bianconero, il grande ex della gara di venerdì ha incontrato una significativa metamorfosi: fiuto per il gol sempre più sviluppato, libertà nella posizione da occupare in campo, più palloni recuperati. Il tempo ci dirà quale sarà la prossima tappa del suo percorso di crescita, che magari lo porterà a smussare quei lati troppo spigolosi del suo carattere che possono avere ripercussioni negative sulle sue prestazioni e su tutta la squadra.