ZERO – tiri in porta dei 4 attaccanti. Cuadrado e Mandzukic a motori spenti. Il colombiano a ZERO dribbling assieme al sostituto Pjaca (fatto epocale). Higuain vivo solo per due scambi, Dybala incisivo solo nella punizione a rientrare sul gol di Bonucci. La Juve è umana: alla 5° di fila tra weekend e mercoledì arriva una prestazione scialba per intensità psico-fisica ancorché tecnicamente. Nel nuovo modulo molto è delegato alle individualità dei 4, se calano di intensità a risentirne è anche Pjanic, isolato e ingabbiato.
UNO – il gol subito in un 1° tempo bolso, come in Coppa col Napoli. Lì si accusò il modulo, a Udine invece la Juve parte svagata, sicura di poterla spuntare passeggiando. Dietro a 4 sono più frequenti gli uno vs uno e l’opacità mentale porta Bonucci a titubare su Zapata nel gol subito, con l’uomo in più, senza l’aiuto dell’esterno avanzato (Alves) e dell’altro centrale. Se scendi in campo a marce basse è difficile aumentarle in corsa. A meno che tu non sia Alex Sandro
DUE – è il secondo passaggio a vuoto dal cambio di modulo, dopo il primo tempo col Napoli, quando il 4231 aveva poi messo le ali nella ripresa. Due campanelli d’allarme attenuati dal doppio tonfo Roma (coppa e campionato). Non va minimizzato perché se il gap resta ampio va detto che le trasferte con Samp e Napoli (di fila) così come il trittico Bergamo-Derby-Roma sono trappole che affrontate con la flemma di Udine possono farti male. Il timore non è farsi sfuggire il sesto scudetto (vista la Roma in flessione) ma arrivare a giocarsi la fase calda di Champions con una preoccupazione in più.
TRE – gare prima della sosta, ancora venerdì-mercoledì-domenica. Milan e Porto in casa, clienti scomodi e in forma, da regolare senza appello e poi una Samp che in casa ha già battuto la Roma e appare squadra non in vacanza, ma vogliosa di concedersi risultati di lusso. Calendario più tosto di Roma (Palermo e Sassuolo) e Napoli (Crotone ed Empoli) che avranno gli scontri europei con Real e (doppio) Lione. L’obiettivo è assicurarsi i quarti di CL e tenere il +8 alla sosta, per prepararsi alla doppia trasferta di Napoli con la calma dei forti e la consapevolezza del vantaggio da difendere.
QUATTRO – episodi dubbi in area Udinese, anzi non dubbi per i moviolisti (rigore per gomitata di Samir su Alves, ancora rigore per Samir che ha braccia troppo larghe anche dopo il rimpallo, oltre alla spinta su Dybala nella stessa azione e un’altra su Pjaca alla fine). Eppure, zero polemiche, zero lamentele, zero scandali, zero vergogna, zero indignazione, zero giornalisti faziosi che twittano e zero sindaci che difendono la città. Zero veleni oggi (e nei prossimi 10 giorni) sui giornali. Anzi, a dire il vero c’è Delneri che si lamenta, ma non si sa bene di cosa e il solito codazzo di siti e sitarelli antiJuve che titolano “La Juve pareggia grazie a Damato“. Ooook.
CINQUE – al pacchetto offensivo. Incastrato, ingabbiato, per nulla incisivo e riluttante a dare una mano al centrocampo e rintuzzare le ripartenze Udinese. Cuadrado non salta mai l’uomo, quando non lo buttano a terra prima di ricevere palla, Mandzukic termina con la peggiore prestazione un ciclo in calo, Dybala cerca vanamente la posizione tra centro-sinistra e destra sparando male da una posizione dalla quale di solito incantava, Higuain non supera la coppia dei -modesti- centrali friuliani. Resettiamo tutto, se no ci sarebbe da preoccuparsi.
SEI – ad Alex Sandro, l’unico che riesce a cambiare passo nella ripresa, dopo un 1° tempo abulico e svagato. Si porta sulle spalle il peso della fascia e dell’iniziativa dalla sinistra, con un Mandzukic non pervenuto e, negli ultimi minuti, un Pjaca tutto fumo. Mette dentro qualche cross in più e compie un paio di recuperi prodigiosi su transizioni rivali che rischiano di affettare una Juve mai così poco compatta.
SETTE- a Dani Alves, il meno arrendevole e il più convinto. Sospinge la manovra sulla destra molto di più di quanto non accada sulla sinistra. Non è un caso se proprio lui e Alex Sandro sono gli unici degli 11 ad aver riposato in Coppa col Napoli. Catalizza l’impostazione bianconera e arriva un paio di volte in area (unico dei nostri) creando presupposti di pericolosità (cross sprecati dagli avanti), la punizione del pareggio e prodromi di rigori che non sarebbero certo stati “scandalosi”…
OTTO – punti di vantaggio. Equivalgono a 2 bonus da poter regalare nelle residue 11 gare. Chiuderla già al 5 marzo sarebbe stato eccessivo, così la Juve spreca il match point che a +10 significava poter regalare 3 sconfitte. A +8 qualsiasi Bayern o PSG avrebbero già archiviato Bundes o Ligue1 ma in questa serie A, con quelle trasferte (Samp, Napoli, Atalanta, Roma), con la Champions che speriamo continui, con arbitri sempre traumatizzati dagli “scandali mediatici”, toccherà sudare ancora un po’. Non come ieri.
NOVE – al centravantone Duvan Zapata che da discreto marcantonio con qualche guizzo, diventa sponda sicura e immarcabile, lotta e difende palla su ogni azione offensiva smistando su Fofana e sul partner d’attacco Perica, poi parte in solitaria bruciando Bonucci e difendendo il vantaggio con spalle a braccia per freddare Buffon. 442 scolastico, intenso e tosto che basta a fermare la Juve.
DIECI – alla reazione di Allegri e Bonucci quando in TV gli mostrano gli episodi in area friulana. Il mister glissa sorridendo a chi vorrebbe farlo polemizzare, il centrale è così incazzato per la prestazione che manco presta attenzione agli episodi. Che bello se tutti i post-gara fossero così, che spettacolo! Soprattutto, queste reazioni sono l’ovvia garanzia di una squadra che comprende i propri errori, la reale motivazione di una battuta d’arresto e continua a lavorare per evitare altri cali di tensione.
Sandro Scarpa.
E SE… 2017/18 – Maurizio Sarri
4 giugno 2017. Il giorno dopo Cardiff. Allegri incontra Marotta e Agnelli. Nessun annuncio ufficiale, ma da entrambe le parti sembra trasparire il desiderio di cambiare. Il mister è a caccia di nuovi stimoli, che una nuova stagione sulla panchina bianconera potrebbe non garantirgli, dal canto suo la dirigenza vorrebbe puntare su un volto nuovo, che possa motivare un gruppo probabilmente appagato. Nei giorni seguenti rumours continui: gli stimolanti Klopp e Tuchel, gli autarchici Giampaolo e Di Francesco, le suggestioni Zizou, Didì e Carrera. Finché il 15 giugno, in un pomeriggio abbacinante di sole Beppe Marotta annuncia: “L’allenatore della Juventus per la stagione 2017-2018 è….”
Juventuta
“…Maurizio Sarri. La società ha attivato la clausola da 8 milioni di euro per liberarlo dalla SSC Napoli”. La città partenopea è in subbuglio. Cassonetti in fiamme e striscioni violentissimi davanti alla sede del club. De Laurentiis se ne lava le mani dando la colpa al sistema: “Quando combatti contro chi ha molte più risorse, il minimo che puoi fare è tutelarti. Sarri è nato con noi, il suo tradimento è da cafoni“. Scattano sit-in di protesta sotto la FIGC, con tifosi azzurri inviperiti e e gruppi di solidarietà dai colori variopinti, uniti contro la causa comune. “La competizione non è equa. E’ un regime!”
Mentre le polemiche scaldano la torrida estate, Sarri debutta in sala stampa allo Juventus Stadium, sfoggiando un’elegante tuta Adidas nera, three stripes e sfavillante logo nuovo di zecca in bella vista. “Il presidente Agnelli mi ha dato libertà assoluta riguardo l’abbigliamento” sorride, “lo stile Juventus non è la cravatta o il mocassino, lo stile Juventus è vincere. E poi il nuovo logo sta bene su tutto, più elegante di un abito.” E la marchetta è fatta.
Impazza la #SarriMania. Bonucci è sbalordito dai droni nella rigidissima preparazione: “Mi sembra di essere nel futuro“. Buffon ghigna: “Pensavo di averle viste tutte alla mia età...”. Nella tournée americana si aggregano i nuovi acquisti: Tolisso, Berardi e Thiago Alcantara (via per Verratti in Baviera) al posto di Lemina, Sturaro, Khedira e Mandzukic. “Qui ci sono giovani fenomeni e le basi per dominare altri dieci anni. Come adatterò Tolisso e Thiago a Pjanic? Non lo so, non posso dirlo prima di averli allenati. Il mercato lo lascio alla società, io penso al campo“.
La A parte con un doppio impegno consecutivo allo Stadium. Dopo un annaspato pareggio contro la Samp, utilizzando il 4231 Allegriano (“non siamo ancora pronti“), iniziano i primi mugugni. Dopo una settimana è la volta beffarda del Napoli di Gasperini. Sarri insiste con lo stesso modulo, ma Milik fa crollare l’imbattibilità interna. I social sono un inferno. Il tecnico toscano cerca allora rifugio nel suo amato 4312. L’asse centrale Marchisio-Pjanic, a innescare l’HD, con Tolisso e Thiago interni. La montagna partorisce il proverbiale topolino e la Juve racimola un altro pareggio brodino a Marassi, con gol subìto allo scadere dall’ex Mandragora, tornato alla base. 2 punti in 3 gare.
Lo spogliatoio pare smarrito, ma Chiellini, con cui Sarri ha stretto un rapporto quasi viscerale, è perentorio: “Crediamo ciecamente nel lavoro del mister, però non dobbiamo dimenticarci cosa conta davvero in serie A“. L’ennesimo pareggio subito in rimonta a Firenze costa quasi la panchina a Sarri, espulso per insulti a Tagliavento. “Le strisce?” risponde ad una domanda velenosa in TV “si vede che oggi eravamo con la seconda maglia a tinta unita“. Marotta, dopo uno shampoo al mister in privato, ci mette la faccia: “Chiediamo ai tifosi tempo per Sarri e rispetto per una squadra che è stata leggendaria in questi anni“.
Negli umidi campi di Vinovo la nebbia preautunnale si carica di scetticismo. Sarri non è soddisfatto della capacità di risalire il campo partendo dalla difesa. “Siamo troppo lenti, gli avversari si posizionano“. Anche due-tre ore al giorno solo e soltanto a capire le posizioni, ripassare schemi, circolazione palla. “Non dobbiamo correre noi, deve correre la palla: occorre posizionarsi nel miglior punto di ricezione con due tempi di anticipo, per agevolare le giocate di prima intenzione“.
I senatori stanno al gioco, si ritorna agli schemi da basket alla Conte. Alcantara dialoga con Sarri di Guardiola e Ancelotti, Higuain si fa fotografare col tecnico in un post su Instagram mentre scherzando gli porge un caffè. Perfino Nedved si presenta simbolicamente agli allenamenti in tuta. Gioco e lavoro, sacrificio e volontà. La Juve di Sarri si ricementa durante la sosta per le nazionali.
La Champions League inizia con la terribile trasferta al Camp Nou, col Barca di Koeman che ha esordito a suon di goleade. Dybala si strappa alla vigilia. Il mister, come dopo il crac di Milik al Napoli, sfida ancora la sorte improvvisando un azzardata rivoluzione: 433, Alves Benatia Bonucci Sandro – Tolisso Pjanic Thiago – Berardi Higuain Pjaca.
Pronti via. Palla battuta e 120mila tifosi blaugrana in delirio. Higuain fa risalire Bonucci, palla in fascia ad Alves che si accentra, su Pjanic che fa avanzare Thiago, ancora Higuain, protegge e smista su Berardi, cross e Pjaca in tuffo di testa a 20 centimetri da terra sul secondo palo: 0-1 dopo 27 secondi. Stadio ammutolito. Piccinini è fomentatissimo ma sui social gli haters di Sarri ironizzano -durerà poco, come Insigne al Bernabeu-. Invece è supremazia bianconera: la grande qualità di palleggio in mediana associata al geometrico scaglionamento sarriano propiziano feroci transizioni offensive, devastanti per la difesa alta catalana. La gara si conclude con uno vittoria epocale (1-4) che sancisce l’inizio di una Nuova Era: Sarrismo, Juve y Rivolucion. Buffon in TV ha quasi le lacrime agli occhi. Solo Marchisio, in panchina, è immusonito.
Conferenza post-partita: “Mister, la gara perfetta, storica!” “Lo dite voi, possiamo fare molto meglio, alcuni schemi non sono stati applicati correttamente”, “Ma questo cambio di rotta? Troverà posto Dybala?” “Dybala è un patrimonio della Juve e del calcio, se non puntassi su di lui sarei un cazzon…uno sciocco..”. Cosa pensa della reazione di Marchisio, che non ha esultato coi compagni? Questo modulo ha futuro? Insomma, e adesso?”. Il tecnico toscano inarca le labbra in diagonale verso destra, sputa la gomma in un fazzoletto e, guardando l’inviato Gazzetta negli occhi attraverso le appannate lenti, risponde pacato e sornione: “Adesso? Adesso sci diverthiamo…”